Ora che il Molise non è più l’Ohio d’Italia si può provare a parlare seriamente del risultato delle elezioni.
Sia chiaro: il Molise non è mai stato davvero l’Ohio
d’Italia. Semmai è proprio l’antitesi, le sue dinamiche politiche seguono
logiche anomale rispetto alle tendenze nazionali, con specificità solo in parte
assimilabili a quelle del Mezzogiorno. Ciò non toglie che possano fornire
elementi di comprensione delle dinamiche nazionali, a patto di tenere conto delle
particolarità.
Un dato tra tutti appare senz’altro coerente con il quadro
nazionale ed è quello riguardante il PD. Che non è mai stato il primo partito
alle elezioni politiche, pur avendo prevalso il centro-sinistra sia nel 2008 (sopravanzato
però, nella coalizione, dall’IdV) che nel 2013 (lista più votata i
Cinquestelle). Il picco percentuale lo ha raggiunto al Senato nel 2013 con il
23,. Nelle regionali che si sono svolte in contemporanea il centrosinistra ha
superato il centrodestra di 20 punti e la sua lista è stata la più votata ma la
percentuale si è fermata al 14,8%. Questo perché una delle maggiori particolarità
della politica molisana, quando resta nel chiuso della regione, è proprio … il
particolarismo, che si traduce in una polverizzazione dell’offerta politica in
una miriade di liste attorno a singoli personaggi o gruppi di interesse.
Grazie a questa particolarità viene esaltato il peso delle
coalizioni e quindi della capacità dei partiti principali di attrarre e
aggregare attorno a sé. Il responso delle elezioni regionali del 22/4 per il PD
da questo punto di vista è illuminante ed è disastroso. Non crolla solo la sua
lista ma è l’intera coalizione a collassare appresso al PD. Peraltro il
Movimento 5 stelle, che per la sua caratteristica di rifiutare qualunque
coalizione paga un prezzo quando si vota a livello locale, nel passaggio tra il
2013 al 2018 pur scendendo di nuovo rispetto al voto politico riduce
notevolmente il calo percentuale, con tutto che nel 2013 si votava nello stesso
giorno (la scelta della maggioranza di allontanare il voto regionale da quello
politico nasceva proprio dalla speranza di accentuare il disaccoppiamento).
Qui di seguito il confronto tra i voti di lista di PD e
Cinquestelle.
Camera 2013
|
Regione
2013
|
Camera 2018
|
Regione
2018
|
|||
P. DEMOCRATICO
|
42.499
|
24.892
|
26.499
|
13.122
|
||
LISTA M5S
|
52.059
|
20.437
|
78.093
|
45.885
|
||
TOT. VOTI
ESPRESSI
|
188.027
|
192.107
|
174.329
|
167.631
|
||
E qui di seguito il confronto tra le coalizioni
Camera 2013
|
Regione
2013
|
Camera 2018
|
Regione
2018
|
|||
PD +
COALIZIONE
|
54.191
|
85.881
|
31.629
|
28.820
|
||
CANDIDATO
M5S
|
52.059
|
32.200
|
78.093
|
64.875
|
||
DESTRA
|
53.469
|
49.567
|
51.981
|
73.229
|
||
DX +
RIALZATI MOLISE
|
63.849
|
|||||
TOT. VOTI
ESPRESSI
|
188.027
|
192.107
|
174.329
|
167.631
|
||
In quest’ultima tabella è evidenziata un’altra tra le
particolarità del Molise, l’estrema aleatorietà dei confini tra gli
schieramenti politici. Nelle regionali del 2013 il gruppo di interessi (e di
legami familiari) attorno all’imprenditore venafrano (costruzioni e sanità
privata) eurodeputato di Forza Italia, Aldo Patriciello, aveva dato vita a una
lista che si era posizionata all’interno della coalizione di centro-sinistra
senza per questo rinnegare in alcun modo l’appartenenza politica alla destra.
Lo stesso gruppo, con gli stessi candidati, si è presentato ora alle regionali
con la coalizione di centro-destra, portandosi appresso (per così dire) grosso
modo gli stessi voti.
Lette in questa luce, le attese che hanno accompagnato
queste elezioni regionali rispetto al voto nazionale rivelano tutta la loro
inconsistenza. Il solo confronto tra il voto politico e quello regionale,
pressoché contemporanei ma così diversi, unito al confronto tra la tabella
riferita alle liste e quella sulle coalizioni, ci dice che era completamente
privo di senso aspettarsi lumi sulle tendenze post-voto in Italia dal risultato
molisano. E così è stato, con grande regolarità nella sregolatezza.
Il rapporto tra Lega e Forza Italia? Il povero Salvini
immaginava di farsi largo negli intrichi inestricabili degli interessi di
gruppo, clan, campanile, palesi o occulti, dicibili o indicibili. La tabella
seguente colloca nelle giuste dimensioni le sue ambizioni.
Camera 2013
|
Regione
2013
|
Camera 2018
|
Regione
2018
|
|||
LEGA
|
343
|
0
|
15.129
|
11.956
|
||
PDL-FI
|
39.588
|
17.310
|
28.079
|
13.627
|
||
RIALZATI/ORGOGLIO
M.
|
14.282
|
12.122
|
||||
TOTALE VOTI
ESPRESSI
|
188.027
|
192.107
|
174.329
|
167.631
|
||
Non che la Lega non si sia creato uno spazio. Ma la qualità
della sua rappresentanza è esattamente la stessa delle altre componenti dello
schieramento di centro-destra. Nel quale non hanno fatto passi avanti i partiti
nazionali, ma si sono piuttosto aggregate attorno al candidato presidente, di
destra, ben sette liste (una perfino attorno al nome di Michele Iorio,
presidente dal 2001, sconfitto nel 2013 dal centrosinistra e ora incandidabile
perché condannato in via definitiva, emulo in tutto e per tutto del suo leader
Berlusconi).
Salvini ha, sì, “lavorato bene”, circondandosi di dignitari
e “referenti” locali con una qualche presa elettorale, ma non è riuscito ancora
ad eguagliare il risultato di una lista come “Orgoglio Molise” (il nuovo nome
della “lista Patriciello”).
La tenuta dei Cinquestelle? Per il loro candidato aver
riportato più o meno la stessa percentuale che aveva premiato la lista alle
politiche (guidata dal consigliere regionale uscente), passando dal 41% al 38%,
quando nel 2013 la perdita era stata di 11 punti su 27, non è certo un risultato
da disprezzare. Si conferma abbondantemente il primo partito e dimostra una
tenuta che il Movimento 5S delle origini non si sognava. Un’altra aria tirerà
in Friuli, c’è da giurarci, ma questo è un altro discorso e altre saranno le
chiavi di lettura da adottare per quel voto.
Un’ultima considerazione la merita la sinistra. La sua
parabola è riassunta qui di seguito:
Camera 2013
|
Regione
2013
|
Camera 2018
|
Regione
2018
|
|||
P. DEMOCRATICO
|
42.499
|
24.892
|
26.499
|
13.122
|
||
SX IN
COALIZ. CON PD
|
10.428
|
13.676
|
0
|
11.476
|
||
SINISTRA
|
6.436
|
3.272
|
6.483
|
0
|
||
TOT. VOTI
ESPRESSI
|
188.027
|
192.107
|
174.329
|
167.631
|
||
Per spiegare meglio l’accaduto, serve sapere che il Presidente
uscente, contestato da sinistra e in vistoso calo di consensi a destra (come il
voto ha poi confermato) all’ultimo momento ha deciso saggiamente di farsi da
parte. Il partito è però rimasto saldamente nelle mani del gruppo (“renziano”
secondo la geografia nazionale) che aveva gestito con lui la giunta e il partito
stesso in questi cinque anni. Il risultato in termini di preferenze ci dice che
il simbolo è ancora di loro “proprietà”, dell’assessore più influente e della segretaria
regionale.
Con la rinuncia del Presidente uscente per il gruppo
dirigente si è aperta la prospettiva di coalizzarsi a sinistra. Un po’ perché
la destra era tornata nei ranghi, un po’ perché la sinistra (LeU e PaP) era
uscita malconcia dal voto politico, il grande abbraccio a sinistra è sembrato
la soluzione meno rischiosa, perfino per chi aveva visto in Renzi il traino per
un radioso futuro e aveva giocato le sue carte sulla campagna referendaria per
il SI. Campagna sul cui ricordo la sinistra che si era spesa per il NO,
ottenendo un risultato perfino superiore (di un soffio) alla media nazionale,
aveva preferito soprassedere. In nome del ritorno al passato contro la destra
del passato. E contro i Cinquestelle.
Che dal passato hanno invece preso le distanze guadagnandosi
una solida credibilità in questo senso. Hanno mancato la prova del governo in
quella che sarebbe stata la prima regione a loro affidata e dunque la loro
storia è ancora da scrivere e le loro contraddizioni e ambiguità sono ancora da
sciogliere. Ma si ritrovano ormai ad aver quasi monopolizzato la speranza di
cambiamento che sale dai giovani e da chi sta pagando più pesantemente il
prezzo della crisi.
Il ritorno al passato non ha pagato a sinistra: non ha reso l’avventura
renziana più credibile (o più digeribile) e non ha certo risollevato, ma
ulteriormente depresso, rispetto alle regionali 2013, il consenso per la
sinistra riscopertasi “unitaria”. Non che mancassero gli elementi di
rinnovamento da valorizzare, nelle amministrazioni locali così come nelle
campagne civili (in primis nel referendum e nella difesa del lavoro e
dell’ambiente). Ma il Molise è una regione invecchiata, è sempre meno una terra
per giovani e i giovani, tra la terra e il futuro, scelgono sempre più il
futuro, fuori dalla loro terra, che diventa così sempre più povera.
La regione
ha bisogno di loro ma ancora non se ne rende conto. Proprio come la sinistra.