Questa storia è dedicata agli amici
molisani, ma parla a chiunque sia interessato alle sorti del PD.
Racconta di fantasmi. E di voti e
tessere alle primarie del PD.
Sappiamo che durante le primarie si
sono verificati episodi di malcostume (forse è il caso di chiamarli
imbrogli). Se ne sono occupati i giornali. Gli stessi vertici PD
hanno gridato, giustamente, allo scandalo.
In un primo tempo, durante l'elezione
dei segretari provinciali, hanno riguardato personaggi locali che,
gonfiando le tessere, tentavano l'assalto alle federazioni del PD,
considerate evidentemente un buon trampolino per scalate al potere
(di vario genere).
Nella fase successiva, del voto degli
iscritti per il segretario nazionale, avrebbero chiamato in causa
direttamente i candidati: per non correre questo rischio la Direzione
del PD ha preferito chiudere il tesseramento prima che partissero le
elezioni nei circoli. I casi sono diminuiti ma non scomparsi del
tutto. Tant'è che si sono sospesi i risultati di alcune province:
Salerno, dove Renzi (appoggiato dal sindaco De Luca) ha raccolto una
valanga di voti apparsa eccessiva; Vibo Valentia, per gravi
irregolarità denunciate in metà dei congressi di circolo;
Catanzaro, dove non si era raggiunto un giudizio concorde sui ricorsi
presentati.
C'era poi il caso di Isernia. Il fatto
denunciato, insieme a numerose irregolarità procedurali, era un po'
più grave, se non clamoroso (ne aveva parlato anche Civati sul suo blog): il numero dei votanti era di gran lunga superiore al numero
degli iscritti.
Su questo fatto è stato presentato un
ricorso dal comitato Civati (nazionale e regionale), che anch'io ho
sottoscritto come suo rappresentante in Commissione Nazionale
Congresso. I dirigenti del PD locale hanno reagito sdegnati: dal
deputato del collegio di Isernia, Danilo Leva, al neo Presidente di
Fin-Molise (che c'entra? me lo domando anch'io), dalla segreteria
della federazione alla Commissione provinciale per il Congresso, si
sono precipitati a smentire in coro: “non è vero. gli iscritti
erano di più, molti di più, il doppio di quelli che risultano
all'ufficio organizzazione nazionale, e tutto era dunque regolare.”
E' stato coinvolto anche D'Alema, presente a Isernia il giorno dopo
le votazioni: “Civati è male informato”.
E' davvero un peccato, però, che
nessuno degli sdegnati abbia saputo portare il benché minimo dato o
elemento concreto per conoscere l'identità, o anche più
semplicemente il numero di quegli iscritti in più. O, magari, per
spiegare come mai non risultassero da nessuna parte. Fantasmi. Alle
primarie di Isernia si sono verificati fenomeni paranormali. Hanno
votato entità aliene. Una folla di alieni.
Eppure, lo spettro che si aggirava per Isernia poteva ben prendere corpo. Dovrebbero tutti avere un nome e cognome, dovrebbero perfino aver fornito un recapito telefonico e firmato un modulo per autorizzare l'utilizzo dei dati, per la privacy. Non doveva essere difficile smentire le accuse portando uno straccio di prova. Niente di tutto questo. Eppure, in tanti da quelle parti conoscono la storia e conoscono quei fantasmi.
In uno dei circoli della provincia (uno
solo, si badi), quello della seconda città, Venafro, sarebbero stati
conteggiati per il congresso quasi 600 (in lettere: seicento) voti.
In un circolo che aveva fin lì appena una cinquantina di iscritti.
Se non si fosse trattato solo di voti
ma, come affermano gli sdegnati, di persone, di iscritti, si sarebbe
trattato di un clamoroso successo del PD, no? Di cui menare vanto, a
Roma e nel mondo. Pensate che quel comune ha alle spalle una lunga
storia di egemonia della destra, interrotta solo quest'anno
dall'elezione di un sindaco, finalmente, di sinistra, votato da una
maggioranza (trasversale) di cittadini contro il candidato del
centro-destra. Che il PD appoggiava. E, pensate, gli iscritti
esplodono, si moltiplicano per dieci. Che evento!
Invece quel clamoroso successo è stato
tenuto nascosto e, ancora il giorno della convenzione nazionale a
Roma, il numero, se non l'identità, di quegli iscritti non è uscito
fuori.
Tranquilli. Non uscirà mai fuori.
Perché quei nomi, se mai persone in carne ed ossa hanno votato, non
possono essere resi noti. Perché quelle tessere, se mai sono state
pagate da qualcuno, non possono essere esibite. Figuratevi se in un
paese, appena un po' grandicello, dove un po' tutti si conoscono, si
possono spacciare, con nome e cognome, cinquecento persone,
all'improvviso, come iscritti al PD. A molti verrebbe da ridere. E se
invece venissero fatti dei nomi, potrebbe esserci poco da scherzare.
Indovinate perché tutto questo. E
provate, già che ci siete, a domandarvi come mai quelli che nei
circoli della provincia hanno fatto del loro meglio per celebrare il
congresso hanno lasciato che il loro impegno fosse sporcato e confuso
con quello che era successo in un circolo soltanto. Come mai, anziché
ribellarsi, hanno coperto la vicenda con un silenzio di tomba.
Una storia molisana? Arrivati fin qui
potreste pensare che riguardi solo loro e che starà a loro dare un
volto (o due, in concorrenza tra loro) a questa storia. Che parla di
fantasmi, che non sono però orfani di padre.
Invece, non è una storia molisana,
purtroppo, ma una storia del PD. Purtroppo.
Perché ciò che è più grave non è
che in un circolo ci si misuri a suon di tessere fasulle. E'
successo. Può succedere. Fa un po' schifo, ma si può isolare e fare
pulizia. Fa anche un po' rabbia che il partito provinciale abbia
scelto l'omertà, ma i condizionamenti locali, si sa, possono essere
– e sono stati – molto, molto potenti.
Il guaio, quello che fa di questa
storia una ferita nel corpo del partito nazionale è che, nonostante
tutto, quel congresso è stato convalidato. Potete controllare il
dato ufficiale sul sito del PD.
Adesso, da una parte ci sono tutti quei
molisani che conoscono la storia e sanno perché non era possibile
dimostrare che avevano votato tutti quegli iscritti. Ma dall'altra ci
sono quei dirigenti nazionali che avevano tuttavia ben chiari i motivi per cui
quel congresso non doveva essere annullato. Quei motivi che avete
senz'altro indovinato.
Per quel che mi riguarda, mi ha
amareggiato constatare che un candidato nazionale come Gianni
Cuperlo, proprio colui che per primo si è stracciato le vesti
davanti agli scandali e ha proposto di bloccare il tesseramento per
impedirli, non abbia preso le distanze. Che, anzi, i suoi
rappresentanti in Commissione (che sono dodici su ventitre, contro
l'unico di Civati) abbiano tutti votato, mettendolo nero su bianco,
per confermare quel congresso. E che Matteo Renzi, il candidato
favorito, abbia taciuto, e i suoi rappresentanti abbiano (quasi
tutti) guardato da un'altra parte, solo perché in quell'episodio era
coinvolto, sia pure da perdente, anche il referente di quella
mozione, più o meno allo stesso modo.
E' grave. Perché nessun medico o
biologo sogna di eliminare i virus. La prevenzione ne riduce
l'impatto sull'organismo ma per difenderci non ci sono che i nostri
anticorpi. E la metafora si applica perfettamente al corpo di un
partito, come di qualunque associazione di individui.
Se il male oscuro che si sta insinuando
nel PD è (anche) quello di una vita di partito ridotta a conta delle
tessere, senza partecipazione, senza coinvolgimento nelle decisioni,
senza circolazione delle idee, all'origine c'è in gran parte
l'indebolimento progressivo delle difese immunitarie, che sono le
difese etiche e, prima ancora, direi, culturali.
Anche di questo si tratterà, nella
scelta del nuovo segretario nazionale.
In nessuno dei casi segnalati, o
contestati, in nessun circolo tra le migliaia del PD, è stato
coinvolto un solo sostenitore di Pippo Civati. Che non a caso è
l'unico dei tre candidati che può dire, senza il timore di essere
mai smentito, di non avere l'appoggio di nessuno, ma proprio nessuno,
di quelli (un po' più di 101) che hanno votato contro Prodi.