Mi affaccio a curiosare ad un incontro pre-congressuale per
costituire in un circolo PD l'associazione per Renzi (Adesso
QuestoPosto). Ospite un parlamentare molto visto in TV, molto vicino
a Renzi.
E' diretto, assertivo: “Dobbiamo
uscire da questa situazione bloccata. Il partito deve dettare la sua
agenda, non subire i ricatti del PDL. Renzi può farlo.” Così
cadrà Letta? “No, se saprà fare, sulla spinta del partito, il
bene del Paese. Finché lo farà, il PD di Renzi lo appoggerà.”
Un militante di lungo corso, molto critico sul PD attuale, interroga: “Il Parlamento è
diviso in tre. E lo sarebbe anche dopo eventuali elezioni. Vuol dire
che il PD di Renzi, per attuare la sua agenda, andrebbe a cercare i
voti in Parlamento e se non avesse l'appoggio del PDL lo chiederebbe all'altra parte?”
La risposta del parlamentare, lunga e
articolata, ruota attorno al concetto che le elezioni si possono vincere.
La voce dalla platea insiste: “Ma se non si vota? E se non
avremo la maggioranza assoluta nelle due Camere?”. Il
Parlamentare si scusa di dover abbandonare la riunione per tornare ai
suoi doveri, la seduta si scioglie.
Non vuol dire niente, obietterà
qualcuno. Per me vuol dire molto.
Se il Congresso non dà questo tipo di
risposte ai militanti, come potrà fugare i dubbi, le diffidenze, le
disaffezioni dei cittadini, che saranno (prima o poi) chiamati a
votare?
Facciamo qualche esempio: rimodulazione
dell'IMU (anziché abolizione anche per le alte rendite). Aliquote
più alte per i più ricchi e tasse più leggere per i redditi da
lavoro e per quelli più bassi. Salario di cittadinanza per chi cerca
lavoro (non solo per chi lo ha perso). Taglio delle spese militari
(F35). Legge elettorale (doppio turno di collegio, o almeno
Mattarellum). Taglio dei costi della politica, abolizione delle
Province. Riduzione della forbice degli stipendi... E' difficile
fermarsi, è un lungo elenco di proposte che si trovano nei documenti
del PD e, a lume di naso, godono del favore della maggioranza degli
elettori. Ideali, per un'agenda di governo! Invece sono escluse dal
programma delle larghe intese perché non condivise dal PDL. E' di
questa agenda che parliamo? Sennò, di che parliamo?
Ma se parliamo di questo, la domanda
rivolta al dirigente vicino a Renzi (“renziano” non si può più
dire) è la domanda a cui per primo deve rispondere, non solo Renzi
ma chiunque si candidi a guidare il PD. Dovrà dire se cercherà o no
l'accordo con la parte del Parlamento che su quella agenda può
convergere (gli ex alleati di SEL e i 5S). Con o senza elezioni.
Dovrà condannare chi ha scelto in base a una logica di schieramento
(moderato?!) anziché in base a un'agenda e così facendo ha tradito gli elettori.
E dovrà essere credibile.
Quanto a Renzi, ho la netta impressione
che voglia sfuggire alla domanda proprio come ha fatto il suo amico
nel circolo PD.
Temo che la domanda possa imbarazzarlo
per almeno due motivi: 1) perché dovrà avere la forza di spiegare
perché si è lasciato tentare dall'idea (che, come sanno anche le
pietre, non è stata bocciata da Berlusconi ma da Napolitano) che a
guidare le larghe intese fosse lui anziché Letta; 2) perché dovrà
scrollarsi di dosso il peso ingombrante dell'appoggio di alcuni dei
principali protagonisti della notte dei 101 e della supplica a
Napolitano, quindi delle larghe intese. Potrà far finta di non
conoscerli ma quelli non sono tipi da amore platonico, mirano al sodo
e vogliono “consumare”.
Quanto a Cuperlo, la domanda non gli
viene posta neppure: questioni che non lo riguardano, l'importante è
che il partito torni ad avere un profilo culturale più alto, a
governare ci pensi chi ha lo stomaco per farlo. Ce ne sono, tra i
suoi sponsor: niente di meno che D'Alema e Bersani, uniti da amore
fraterno.
Sarò pronto a ricredermi nel
momento in cui le risposte arriveranno. Fino a quel momento
continuerò a non avere alcun dubbio nell'appoggiare il solo che le
risposte a queste domande le ha messe al centro della sua azione
politica. Per chi non lo sapesse, Giuseppe (Pippo) Civati.