giovedì 26 settembre 2013

NON C'E' VITA SU MARTE ...

ma chissà, forse nel PD...

Niente da fare. La NASA ha alzato le braccia. La ricerca di tracce di forme di vita su Marte è stata un fallimento. Le tracce di metano erano un inganno. Forse l'avevamo rilasciato noi terrestri nelle nostre esplorazioni, forse era un prodotto di reazioni chimico fisiche che non avevano origine organica. Insomma, se eravate insoddisfatti della vita sulla Terra e speravate che di poterne immaginare una migliore sul pianeta rosso, rassegnatevi. Se mai c'è stata, oggi è estinta.


Le conclusioni dell'assemblea del PD hanno dato a molti l'idea che anche lì ogni forma di vita fosse estinta. Forse chi considerava quel partito una presenza aliena ha tirato un sospiro di sollievo. E
in effetti in quella sala c'erano davvero pulsioni di morte: “il morto che mangia il vivo”, così Marx descrive la creazione di plusvalore nel sistema capitalistico. E davvero qualcuno ha giocato al “muoia Sansone”. Invece, nonostante tutto, c'è vita nel PD: chi ne ha celebrato il funerale solenne potrebbe essere costretto a ricredersi.
Non che il peggio non sia sempre in agguato. La direzione che dovrà sciogliere i nodi irrisolti potrebbe riservare brutte sorprese, con sommo scorno per il segretario che va ostentando sicurezza (“la data è certa, lo spettacolo umiliante non si ripeterà”). Ma l'assemblea ha messo qualche punto fermo da cui sarà difficile tornare indietro.
1) Ci sono in campo quattro candidati. Si sono presentati al mondo con discorsi fatti per definire profilo culturale (e personale / caratteriale) e impianto programmatico. Avendo dietro di sé, più o meno convinto, più o meno saldo, tutto il partito nelle sue diverse anime, espressioni. Cerchie e potentati, passioni e convinzioni, si vanno incanalando. Ci sono, sì, dead men walking intenti a ingranare la retromarcia e far calare le tenebre, ma non riesco a immaginare che possano farcela.
2) Si sono proposti tutti e quattro come artefici del cambiamento. E' un po' consumata come parola chiave, è un tag un po' inflazionato. A Bersani non ha portato fortuna. Ma questo chiede il popolo di sinistra, deluso, per scongiurare la fine.

Il cambiamento lo declinano diversamente. Per la grande stampa (e per l'apparato) due sono i favoriti. Cuperlo lo vorrebbe senza rotture. I disastri del passato? Riproviamoci. L'importante è avere un profilo culturale alto. Renzi lo proclama da tempo, ma senza aggettivi. La prospettiva? Si vedrà. Il passato? Se ci fossi stato io nessun disastro. L'importante è che non vi facciate troppe domande.
Ce n'è però un altro che il cambiamento pensa implichi una rottura con il passato e che serva per realizzare una prospettiva chiara, che è poi quella in cui i nostri elettori avevano creduto e per la quale sono ancora disposti a lavorare. L'importante è che cresca la partecipazione e in tanti facciano sentire la loro voce. Checchè ne dicano apparati e grandi media, nei luoghi di aggregazione, con persone in carne e ossa o sul web, è lui che se la batte testa a testa con il “front runner”. E' Civati e, se mai interessasse, io sto con lui, .
E non dimentico Pittella, che vuole il cambiamento a partire dall'alto, dall'Europa, perché il mondo lo vede da lì. Forse non si fa troppe illusioni ma vuole esserci, da protagonista e non da comprimario. Ha anche lui qualcosa da dire.


Si farà, il Congresso si farà.
Non lo impediranno i bizantinismi.
Né lo impedirà una banda di disperati raccolti attorno a un Mackie Messer ottuagenario. Non ha in mano un coltello ma un temperino, che agita come un forsennato. Ma il nostro stato è impegnato in missioni di peacekeeping in giro per il mondo e intende munirsi di sofisticatissime macchine da guerra come gli F 35, non si fa certo spaventare da un temperino. Intendo dire che il pericolo non va sottovalutato, ma più che altro perché qualcuno potrebbe tentare di sfruttare l'occasione.
Massima attenzione, dunque, ma tranquilli. Tranquilli che si farà.

E allora potrà venire il bello, perché il bello ci sarà. Saranno bei momenti, se si guarda bene lo si vede già ora. Dài, che il PD non è Marte.

giovedì 19 settembre 2013

Verso il congresso PD. Un incontro istruttivo

Mi affaccio a curiosare ad un incontro pre-congressuale per costituire in un circolo PD l'associazione per Renzi (Adesso QuestoPosto). Ospite un parlamentare molto visto in TV, molto vicino a Renzi.
E' diretto, assertivo: “Dobbiamo uscire da questa situazione bloccata. Il partito deve dettare la sua agenda, non subire i ricatti del PDL. Renzi può farlo.” Così cadrà Letta? “No, se saprà fare, sulla spinta del partito, il bene del Paese. Finché lo farà, il PD di Renzi lo appoggerà.

Un militante di lungo corso, molto critico sul PD attuale, interroga: “Il Parlamento è diviso in tre. E lo sarebbe anche dopo eventuali elezioni. Vuol dire che il PD di Renzi, per attuare la sua agenda, andrebbe a cercare i voti in Parlamento e se non avesse l'appoggio del PDL lo chiederebbe all'altra parte?
La risposta del parlamentare, lunga e articolata, ruota attorno al concetto che le elezioni si possono vincere. La voce dalla platea insiste: “Ma se non si vota? E se non avremo la maggioranza assoluta nelle due Camere?”. Il Parlamentare si scusa di dover abbandonare la riunione per tornare ai suoi doveri, la seduta si scioglie.

Non vuol dire niente, obietterà qualcuno. Per me vuol dire molto.
Se il Congresso non dà questo tipo di risposte ai militanti, come potrà fugare i dubbi, le diffidenze, le disaffezioni dei cittadini, che saranno (prima o poi) chiamati a votare?
Facciamo qualche esempio: rimodulazione dell'IMU (anziché abolizione anche per le alte rendite). Aliquote più alte per i più ricchi e tasse più leggere per i redditi da lavoro e per quelli più bassi. Salario di cittadinanza per chi cerca lavoro (non solo per chi lo ha perso). Taglio delle spese militari (F35). Legge elettorale (doppio turno di collegio, o almeno Mattarellum). Taglio dei costi della politica, abolizione delle Province. Riduzione della forbice degli stipendi... E' difficile fermarsi, è un lungo elenco di proposte che si trovano nei documenti del PD e, a lume di naso, godono del favore della maggioranza degli elettori. Ideali, per un'agenda di governo! Invece sono escluse dal programma delle larghe intese perché non condivise dal PDL. E' di questa agenda che parliamo? Sennò, di che parliamo?


Ma se parliamo di questo, la domanda rivolta al dirigente vicino a Renzi (“renziano” non si può più dire) è la domanda a cui per primo deve rispondere, non solo Renzi ma chiunque si candidi a guidare il PD. Dovrà dire se cercherà o no l'accordo con la parte del Parlamento che su quella agenda può convergere (gli ex alleati di SEL e i 5S). Con o senza elezioni. Dovrà condannare chi ha scelto in base a una logica di schieramento (moderato?!) anziché in base a un'agenda e così facendo ha tradito gli elettori.
E dovrà essere credibile.

Quanto a Renzi, ho la netta impressione che voglia sfuggire alla domanda proprio come ha fatto il suo amico nel circolo PD.

Temo che la domanda possa imbarazzarlo per almeno due motivi: 1) perché dovrà avere la forza di spiegare perché si è lasciato tentare dall'idea (che, come sanno anche le pietre, non è stata bocciata da Berlusconi ma da Napolitano) che a guidare le larghe intese fosse lui anziché Letta; 2) perché dovrà scrollarsi di dosso il peso ingombrante dell'appoggio di alcuni dei principali protagonisti della notte dei 101 e della supplica a Napolitano, quindi delle larghe intese. Potrà far finta di non conoscerli ma quelli non sono tipi da amore platonico, mirano al sodo e vogliono “consumare”.

Quanto a Cuperlo, la domanda non gli viene posta neppure: questioni che non lo riguardano, l'importante è che il partito torni ad avere un profilo culturale più alto, a governare ci pensi chi ha lo stomaco per farlo. Ce ne sono, tra i suoi sponsor: niente di meno che D'Alema e Bersani, uniti da amore fraterno.



Sarò pronto a ricredermi nel momento in cui le risposte arriveranno. Fino a quel momento continuerò a non avere alcun dubbio nell'appoggiare il solo che le risposte a queste domande le ha messe al centro della sua azione politica. Per chi non lo sapesse, Giuseppe (Pippo) Civati.



mercoledì 4 settembre 2013

Che farà Matteo Renzi?

Non vorrei apparire il classico Pierino Guastafeste, ma Matteo Renzi non lo vedo affatto bene. Rischia di vincere il congresso ma di perdere il PD.

“Non sarò la vostra foglia di fico. Con voi dietro, mi fate perdere” aveva detto appena una settimana prima. Ma a Genova, davanti alla folla (in effetti, 5 volte quella di Letta e di Epifani) si è fatto prendere dall'entusiasmo: “Basta con le correnti. Sarò il segretario di un PD unito!”. Senza però chiarire se aveva in mente l'unità dei capicorrente o quella del popolo di sinistra che intende riprendersi un partito davvero democratico, aperto, dinamico, che non tradisca gli elettori rinunciando a battersi per le proposte su cui aveva chiesto il voto.
Lasciando questa ambiguità irrisolta, ha consentito ai capicorrente più “agili” di scegliere rapidamente l'interpretazione per loro più conveniente: “saremo uniti dietro di te”. E ora che farà?

Si farà convincere dai più baldanzosi che lo esortano ad accettare la sfida perché danno per scontato che avrà gioco facile nello smarcarsi, relegando ai margini i sostenitori più “imbarazzanti”? O darà ascolto agli umori di quelli che intravedono in queste mosse di avvicinamento i segnali di un ritorno di Matteo Renzi nei ranghi? Della rinuncia a qualunque idea di ricambio radicale del gruppo dirigente (e della cultura del compromesso che lo caratterizza)?
Certo, quegli umori potrebbero restare comunque nell'alveo se fossero incanalati verso l'opposizione che Pippo Civati rappresenterà in congresso (quanto a Gianni Cuperlo, ci tiene molto a smarcarsi da Renzi ma non sembra imbarazzato più di tanto dall'appoggio degli altri capicorrenti orientati a dare vita a una sorta di squadra B, all'interno dello stesso schema di gioco). Ma è evidente che gli argomenti con cui Civati controbatte a chi lo accusa di ingenuità, perché non intende rinunciare a condurre la sua battaglia dentro il PD, perderebbero molto della loro forza.

E non dimentichiamo che all'orizzonte si profila l'insidia di un Super-porcellum, in via di concepimento ad opera del duo Violante – Quagliariello, con la previsione di una sfida finale tra le due migliori coalizioni “non vincenti”. Coalizioni di partiti. Con un PD che ha gettato alle ortiche quel tanto di coalizione a cui aveva dato vita con “Italia Bene Comune”. Davvero potrebbe farcela, da solo, il front-man Renzi, con la sua capacità comunicativa, a rigenerare l'immagine del PD partito o non sarebbe reale il rischio di rimanere fuori dai play off?
Davvero un groviglio in cui non è facile districarsi. E non è tutto.
Le convulsioni del PdL, ossessionato dall'idea di rimanere orfano di Berlusconi e stressato dalle convulsioni ancora più violente di un Berlusconi a fine carriera, potrebbero riservarci una crisi di governo a breve. Che porterebbero l'attuale leadership del PD, ci si può giurare, a dare per scontato il rinvio del congresso. Il canto delle sirene potrebbe suonare soave alle orecchie di Matteo Renzi: “se non sai uscire dal groviglio, rinvia, rinvia, rinvia...” Dove sta scritto che un pisano sia più furbo di un fiorentino nella tattica del rinvio?

Ulisse si fece tappare le orecchie per resistere al canto delle sirene. A Matteo Renzi nemmeno basterebbe tapparsi le orecchie. Dovrebbe anche trovare una soluzione alternativa. Cioè, battersi contro il rinvio del congresso. E dare un dispiacere mortale ai suoi sponsor imbarazzanti. E scoprire forse, alla fine della fiera, che fare opposizione può essere molto difficile ma, se la si sa fare, anche esaltante.

martedì 3 settembre 2013

Di ritorno a Campobasso ...

Di ritorno a Campobasso, a sei mesi dalle elezioni. In una sala affollata per Pippo Civati.

Ho ritrovato gran parte del gruppo che nel 2011 aveva sostenuto Paolo di Laura Frattura portandolo a un risultato che le previsioni della vigilia consideravano impossibile. Ma l'aria è cambiata, assai. In sala lo si avvertiva.
Molti degli animatori del gruppo di Civati vengono da quella esperienza e dal gruppo Facebook “Unire il centro-sinistra”. Erano poi in sala, in buon numero, i sostenitori di Renzi raccolti in Big Bang Molise, un gruppo con una provenienza non molto diversa: la campagna per le provinciali di Campobasso, prova generale (attraverso una sconfitta le cui responsabilità sono state troppo velocemente rimosse) della successiva tornata regionale. I due gruppi del resto si sono accordati per organizzare insieme una serie di iniziative a tema e l'intesa potrebbe sfociare in una candidatura comune per il congresso regionale (se non si divaricheranno troppo le strade nazionali man mano che gli apparati, che Civati sta sfidando, si affolleranno sul carro di Renzi).


Attorno alla pattuglia dei civatiani e ai “graditi ospiti” renziani, un pubblico incuriosito, che Civati ha prima sottoposto a un'incalzante requisitoria sui mali odierni del PD e poi spronato all'impegno.
Foto: #DIRETTACIVATI DA CAMPOBASSO
Giuseppe Civati all'Hotel San Giorgio di Campobasso. Sala stracolma! E come sempre, nessuno dietro, moltissimi davanti a Pippo. Grazie Paolo Della Ventura PdvI passaggi salienti della requisitoria sono stati sottolineati da applausi. Ma l'appello a non stare alla finestra non ha avuto una risposta altrettanto calorosa. E' incoraggiante che a fine riunione si siano registrate un centinaio di nuove adesioni al gruppo molisano. Ma un conto è condividere, guardare con simpatia. Tutt'altra cosa, la scintilla dell'entusiasmo che ti fa partecipare in prima fila, spendere energie, correre rischi.
Se n'è accorto Pippo Civati, che la storia politica recente del Molise conosce piuttosto bene, sia pure da lontano. Che sa come sia stato usato l'espediente dell'apertura al centro per costruire larghe intese che non avevano neppure la scusante (diciamo così) dello stato di necessità invocato per il nazionale. Se n'è accorto, e ha misurato la profondità della ferita prodotta da chi con i suoi disegni ha stravolto il senso della dialettica politica per ridurla a trame di potere e di affari.
Se la formazione del governo nazionale ha smentito le alleanze e i progetti della campagna elettorale, il governo molisano è nato da una campagna elettorale che già smentiva le alleanze e i progetti di quella di un anno prima. Uno stravolgimento che ha lasciato il segno soprattutto tra chi più di altri aveva creduto nella rigenerazione della sinistra molisana e per quella si era speso.
Qualcuno dei presenti mi ha detto: qui non è cambiato niente, uguale a Iorio. Qualcuno mi ha detto: tanto vale votare Ruta segretario. Qualcuno mi ha domandato se Frattura è complice o vittima. Qualcuno mi ha chiesto che ci facciamo ancora nel PD.
Non è un bel momento per la sinistra in Italia. Per sinistra non intendo quella che non ama confondersi con altre sinistre ma quella nei cui valori e aspirazioni si riconosce un grande popolo. Aperto, diversificato al suo interno ma identificabile. E' questo popolo che si sente tradito e confuso. In Italia.
In Molise è peggio.
Bersani aveva chiuso la campagna elettorale del 2011 gridando che una vittoria in Molise avrebbe aiutato l'Italia. Ce l'avevamo quasi fatta. Ma poi l'Italia ha voltato le spalle al Molise, il Molise ha voltato le spalle alla sinistra, il popolo di sinistra, smarrito, ha voltato le spalle al PD.

Ora, non ci si può perdere per strada. Per quanto possa essere impervia. E la sinistra non può ritrovarsi senza nemmeno provare a riprendersi il PD.