martedì 4 giugno 2013

Le elezioni amministrative in Molise e i travagli della sinistra

Anche in Molise dalla primavera del 2011 (quella di Milano, Napoli, Cagliari e poi dei Beni Comuni) il vento del cambiamento si è fatto sentire. Un fenomeno politico che sta conquistando la scena politica. Non solo in Italia. Non solo in Molise. Ma il percorso avviato è ancora ben lontano dal traguardo. C'è un congresso PD da celebrare e anche in Molise si deve creare un solido agglomerato, che assicuri persistenza e resistenza. Benché unire sia spesso più complicato che dividere e isolare.

Come ho fatto nel post precedente per il voto del 25 febbraio, anche per il voto amministrativo del 26-27 maggio in Molise credo si possa proporre una lettura inquadrata nel contesto nazionale. Con una differenza non secondaria: se il voto politico nazionale poteva aiutare a interpretare quanto avvenuto su scale locale, per quello amministrativo sono gli avvenimenti locali che aiutano a decifrare meglio le dinamiche nazionali.

Con quello che era successo in Italia, nel voto precedente e soprattutto dopo il voto, era lecito attendersi da questa tornata qualche segnale e qualche insegnamento. Tanto più dove a febbraio si era votato anche per la Regione: un voto, per le sue caratteristiche, meglio confrontabile con quello amministrativo.
In Molise, inoltre, se la quota di abitanti coinvolti, poco meno di un quinto del totale, era in linea con quella nazionale, si votava però in uno dei due capoluoghi di provincia, Isernia, in uno dei tre centri oltre i 10.000 abitanti, Venafro, e in due degli altri sei con oltre 5.000, Larino e Guglionesi. Il test era dunque di un certo peso relativo.


Potremmo limitarci a rilevare che solo uno dei sindaci eletti nei centri principali è collocabile nel centrodestra, versione molisana (UDC). Si rientrerebbe quindi nell'ordinario rispetto al quadro nazionale, senza significative particolarità. Analizzando meglio si possono però trarre, come ho anticipato, elementi di giudizio utili per un discorso generale. In particolare, attorno al dibattito che si è aperto nel campo della sinistra in seguito al voto amministrativo, concentrato, detto in sintesi, sulla frase della Serracchiani “abbiamo vinto nonostante il PD”.
Da una parte vi è chi (molti degli attuali dirigenti del PD) si è ribellato a questa interpretazione, considerata offensiva e perfino irriconoscente, vantando il grande impegno del PD a sostegno dei candidati vincenti, con particolare riguardo a Marino.
Dall'altra vi sono coloro che, pur non ritenendo, ovviamente, che il PD abbia agito per ostacolare la vittoria dei candidati espressi dalle coalizioni di cui era parte integrante, vogliono però affermare che, ciò nondimeno, il voto abbia premiato soprattutto quei candidati che esprimono una forte critica alle scelte compiute dal PD dopo il voto politico. Quelli che si sono impegnati a percorrere una via alternativa, radicalmente alternativa, a quella che il PD sta percorrendo in Parlamento e a rappresentare le aspirazioni, i valori e, perché no, gli interessi di quei settori della società che quella via alternativa reclamano.
Per quello che riguarda il voto a Roma mi sono già espresso in altra sede per questa seconda tesi. Il voto molisano - un campione più ristretto - mi offre l'opportunità, ritenendo di conoscere in modo più ravvicinato persone e dinamiche in atto, di portare argomenti ulteriori.
Considero a parte il voto di Isernia, che pure è quello numericamente più importante. Non intendo sminuirne l'importanza: segna il crollo della roccaforte dell'insediamento della coalizione di destra che ha “imperato” in Molise negli ultimi dodici anni (se non, fatta salva la parentesi “interrotta” di Veneziale, negli ultimi quattro-cinque lustri, una generazione). Il candidato vincente, Brasiello, ha inoltre ai miei occhi il merito (che lo accomuna per questo a Frattura) di aver guidato la sede di raccordo dei soggetti economici territoriali, la Camera di Commercio. Potrei far valere anche per lui l'argomento che non è un candidato del PD, né può essere assimilato a quella area politica e che dunque anche a Isernia, pur annoverando personaggi di sicuro prestigio, il PD ha ritenuto di far ricorso a risorse esterne. Ritengo pur tuttavia che Isernia faccia caso a sé perché sono convinto che il voto abbia inteso soprattutto punire lo schieramento avversario.


Lo si è detto anche per Roma (e non sminuisce la vittoria di Marino), ma a Isernia comunque non si tratta della sconfessione di un sindaco che ha fatto un flop clamoroso. L'avversario, D'Apollonio, godeva di notevole stima e non può essere accusato di portare responsabilità di disastri amministrativi, il più eclatante di tutti essendo, credo di poterlo dire anche per l'eco nazionale che ha avuto, l'Auditorium come mega monumento allo spreco. Il voto esprimeva però la liberazione dal giogo clientelare dello iorismo e l'aspirazione a voltare pagina rispetto a tutto un sistema di potere che con la scelta del rappresentante sperava di compiere un lifting convincente, senza tuttavia riuscirci minimamente. Il gioco era troppo scoperto, i personaggi troppo conosciuti.

Di tutt'altro genere invece la partita che si è giocata negli altri comuni principali. E di tutt'altro genere i candidati vincenti. Parlo di Antonio Sorbo, a Venafro, di Vincenzo Notarangelo a Larino, di Luigi Valente a Vinchiaturo.
Nessuno di loro può essere tacciato di ostilità nei confronti della sinistra; nessuno di loro può essere annoverato tra gli esponenti della sinistra massimalista o ideologica, che in Molise non manca di far sentire la sua voce e la sua presenza. E però nessuno di loro è del PD.
Nel caso di Venafro, Antonio Sorbo si è anzi trovato il PD a contrastarlo. Ha messo in piedi una coalizione trasversale, a fronte di una coalizione altrettanto trasversale dall'altra parte. Il suo avversario, Pietracupa, ha avuto un ruolo importante, se non determinante, nella vittoria di Frattura alle regionali avendo lasciato clamorosamente Iorio, dopo esser stato Presidente del Consiglio, fondando una nuova formazione politica. Non si era candidato alla Regione, pur sicuro di essere eletto, per una scelta rispettabile di “sobrietà”. Del resto non aveva ritenuto di compiere alcun “passaggio di campo” sul piano politico generale, lasciando anzi che il suo movimento, con singolare disinvoltura, si accreditasse come “ispirato” dall'eurodeputato PdL del posto, Patriciello.
Questo gioco di trasversalità incrociate poteva creare qualche confusione. I due contendenti erano accomunati dall'appoggio al nuovo Presidente della Regione ma separati dalla visione del “bene” locale e, in definitiva, dalla storia personale e dal curriculum. Non mi esprimo sulla scelta del PD regionale a favore di Pietracupa: hanno però scelto gli elettori a favore di Antonio Sorbo la cui storia è saldamente a sinistra.


A Larino Notarangelo, giovane avvocato di SEL (un passato nel PD), ha dovuto sudare sette camice per essere candidato utilizzando come argomento principale la richiesta (minaccia?) di passare per le primarie. Qualcuno al termine delle estenuanti trattative, nel cedere, ha lasciato trapelare la convinzione che sarebbe “andato a sfracellarsi”. Ha vinto largamente.
A Vinchiaturo poi la giunta era stata eletta solo due anni fa e Valente era stato sconfitto per 8 voti. E' seguita una diaspora dalla maggioranza che ha portato allo scioglimento del comune. Nel voto, ripetuto a breve distanza contro il medesimo candidato, Luigi Valente si è imposto con un notevole distacco (15 punti).


Aggiungiamo qualcosa anche sugli altri due comuni di un certo peso, Guglionesi e Colletorto.
Il candidato PD (ce n'era uno in lizza, dunque!) ha perso al comune di Guglionesi: una persona, Bellocchio, con un passato politico di rilievo alle spalle, già sindaco, conosciuto ed apprezzato. Ha pagato, mi sentirei di dire, proprio il suo percorso, rispettabile ma “interno” all'apparato di partito. Non ha fatto presa. E sì che il comune era stato commissariato per il passaggio all'opposizione di quattro consiglieri della maggioranza che appoggiava il sindaco uscente, ora rieletto. Esponente UDC, ascrivibile a Iorio. C'erano tutte le premesse come a Vinchiaturo, dunque. Ma non sempre basta. Da notare le felicitazioni del M5S locale al vincente: “per non tradire la fiducia di tutti coloro che si aspettano importanti cambiamenti” (dalla riconferma!!!).
Colletorto, infine. Il sindaco uscente, Tosto, UDEUR, era appoggiato dal PD e da Frattura. E' stato sconfitto da un giovane esponente di una lista civica, collocato a sinistra, appoggiato dalla sinistra. Ha condotto una campagna all'insegna della partecipazione, della condivisione dei programmi, ha utilizzato il web, ha composto una lista giovane. Vi dice niente?


Verrei, a questo punto, alle conclusioni di questo excursus, già abbastanza lungo.
La prima è che ormai è incontestabile il fatto che in Molise dalla primavera del 2011 (quella di Milano e Napoli e poi dei Beni Comuni) il vento del cambiamento si è fatto sentire. Prima la mezza vittoria di Frattura, poi la definitiva messa a riposo di Iorio, poi, sempre più chiaro, sempre più netto, un segnale in direzione di un'altra politica, che premia la sinistra. Non una sinistra indefinita. Non il centro-sinistra (il trattino è ironico). Non la sinistra ideologica parolaia e conservatrice. Una sinistra che ha una fisionomia sempre più chiara, che convince gli elettori, che fa appello a valori forti, ben radicati nella cultura progressista di questo paese. E' una sinistra elitaria? No, vince le elezioni. E' parolaia? No, le vince su proposte molto concrete. E' rissosa e individualista? No, vive di partecipazione, condivisione, spirito di servizio. Abbiate pazienza, descrivo in termini banali un fenomeno che meriterebbe approfondimenti ben più rigorosi. Ma avverto l'esigenza di descrivere, di farmi capire anche da chi è riluttante a dare un contorno definito e comprensibile al fenomeno politico che, piaccia o no, sta conquistando la scena politica. Non solo in Italia. Non solo in Molise.

La seconda è che il percorso è avviato ma è ben lontano ancora dal traguardo. Parlo dell'Italia. C'è un congresso PD da celebrare, si deve andare alla verifica dei numeri, alla misurazione del consenso, nel partito e tra gli elettori. Si devono dare le investiture necessarie ai rappresentanti, leader o portavoce che li si voglia definire. Parlo però anche del Molise. Perché si deve creare un solido agglomerato, una struttura, a rete, che assicuri persistenza e resistenza. Con snodi aperti ma resistenti e funzionanti. E in Molise, per tante ragioni dalle origini lontane, unire è molto più complicato che dividere e isolare.

E' un messaggio che vorrei rivolgere anche all'amico Frattura. Annoverava sostenitori tra chi ha vinto e tra chi ha perso. In un caso, a Venafro, li aveva da entrambe le parti. Sappia distinguere chi ha vinto da chi ha perso e ne tragga la forza necessaria per scegliere, rompendo gli indugi. Non lo danneggerà. L'ho sempre considerato, per cultura e per indole, persona adatta a interpretare e rappresentare i valori, le aspirazioni e, perché no, gli interessi (mi sto ripetendo, se non ve ne siete accorti) del popolo che sta costruendo una nuova sinistra, all'altezza delle sfide del tempo. Lo aspetto alla prova, anche se non sarà facile (come sta constatando).