domenica 6 gennaio 2013

L'"IDEOLOGIA TEDESCA" DEL PROF E LA SINISTRA


Innumerevoli commentatori hanno inquadrato sotto vari profili l’ingresso in politica di Monti: dalla matrice ideale, autoritaria e anti-democratica, alle intrinseche contraddizioni nelle concrete scelte politiche. Nulla da aggiungere.

E pensare che dopo tutta la retorica contro l’anti-politica, l’ex premier ce ne dà un esempio tra i più chiari: da manuale, per un corso universitario di dottrina politica, si dovrebbe dire, inquadrabile nel quadrante ideologico della destra più reazionaria. Che cosa c'è di più anti-politico dell’idea di una politica ottimale, giusta in sé, rispetto alla quale sia da tacciare di eresia (o da “silenziare”) chiunque se ne discosti.?Per chi dissente, non resta che (cito uno dei concetti classici della politologia) l’”exit” (lasciare il campo, ovvero astenersi) o la “voice” (la protesta, sfogo sterile senza efficacia).
Sorprende, tuttavia, che molti sembrino colti di sorpresa: ma era questa la visione del mondo del prof? Era questa l’ideologia che si nascondeva sotto il loden, ben poco distante da quella di Berlusconi (che lo aveva nominato commissario europeo): è chiaro il nesso profondo tra populismo e autoritarismo! Tutto un inganno, il governo tecnico, Napolitano regista “super partes”, la strana maggioranza?
Eppure non si dovrebbe far finta di scoprire solo ora come stavano le cose.


La maggioranza era quella uscita dalle urne nel 2008: di centro-destra, selezionata accuratamente dall’apparato berlusconiano grazie al porcellum.
Il prof era una delle poche figure (forse perfino l’unica) che, gradita a Berlusconi e alla sua maggioranza, poteva assicurare una parvenza di serietà e autorevolezza alle cancellerie nel mondo, ma anche lealtà istituzionale alle forze fin lì all’opposizione. Per alleggerire la presa sempre più ferrea e minacciosa degli speculatori al ribasso sul default del nostro debito sovrano.
Dunque avrebbe dovuto garantire una tregua, una camera di decompressione: questo e nient’altro che questo. Non certo un indirizzo politico alternativo.
Qualcuno la vedeva diversamente? Qualcuno nutriva illusioni?

Agli attacchi contro Monti provenienti dal lato sinistro dello schieramento (per quelli leghisti e per i mal di pancia interni al pdl il discorso è tutto un altro) nessuno ha mai obiettato, dall’interno del pd, con una difesa della sua collocazione politica. C’è stato, sì, una sorta di eccesso di zelo nel lodarne la serietà, l’autorevolezza nelle relazioni internazionali, la competenza tecnica, quasi che questi aspetti personali o caratteriali delineassero anche un profilo politico diverso da quello, di destra conservatrice, che gli era proprio. Ma niente più di questo.





Ora però l’ingresso di Monti in politica ha riaperto, in modo acuto, il tema di fondo del dibattito a sinistra dal novembre 2011 in poi, il dilemma irrisolto: le tensioni interne al centro-destra, che avevano reso fragile la maggioranza parlamentare e aperto così la strada a una possibile crisi di governo, dovevano essere l’occasione per un immediato ricorso alle urne, che avrebbe visto vittoriosa la coalizione di centro sinistra, per arrivare in breve a un governo alternativo e stabile?
La risposta la darà la storia. A tempo debito, il 25 febbraio, con numeri inoppugnabili si saprà se il centrosinistra potrà governare con una maggioranza stabile, nei due rami del Parlamento. Pur con questo il verdetto sarà confutabile, ma in quel caso il PD, la sua dirigenza, Bersani, potranno almeno rivendicare che il tempo ha reso possibile o comunque non ha impedito una vittoria. Che quattordici mesi di governo Monti hanno comunque consentito di recuperare sei o sette punti per il pd (tornando pressappoco al risultato del 2008) mentre il pdl dimezzava i suoi consensi. Davvero in due – tre mesi di campagna elettorale si sarebbe potuto fare altrettanto (sia pure non perdendo per strada un partito come l’Idv)?
Insomma, se Bersani salirà a Palazzo Chigi con la maggioranza nei due rami, il prezzo pagato in questi mesi sarà valso la posta in gioco.
Altrimenti saranno dolori … e penitenza.
Poniamoci però la stessa domanda anche per l’opposizione di sinistra a Monti.
Il pd non ha mai nascosto, in tutto questo tempo, le difficoltà e la fatica, fisica, della mediazione. L’opposizione non ha mai mostrato invece la minima incrinatura nel condannare senza appello le posizioni del pd, nel distinguersi nel voto parlamentare, nel crocifiggere e perfino sbeffeggiare il ruolo di Napolitano. Ebbene, potrebbe affermare serenamente che un voto a febbraio marzo del 2012 le avrebbe di nuovo aperto le porte di Montecitorio, che dal 2008 erano rimaste sbarrate? Oggi la coalizione arancione dà a vedere di sentirsi sicura di un risultato a prova di quorum: se non sarà così, dolori e penitenza anche per loro (a maggior ragione…). Se invece avranno ragione, non sarà per caso che avranno lucrato una rendita netta, cioè non gravata dell’onere che ha pesato tutto sulle spalle del pd, di aver dovuto limitare i danni e fare da argine giorno per giorno?

Le risposte non tarderanno a venire, la ferita che si è aperta non si rimarginerà però né tanto presto né tanto facilmente. Nel frattempo il pd, per andare al governo, dovrà far capire con chiarezza agli elettori in che cosa la sua agenda si distingue da quella di Monti, tranquillizzando al tempo stesso gli investitori non solo a proposito della tenuta dei conti pubblici ma anche, se non soprattutto, sulla capacità di innestare una ripresa economica compatibile con i vincoli di bilancio.
Pensioni, ammortizzatori sociali, giustizia, costi della politica, efficienza dell’apparato pubblico: cosa andrà toccato e corretto? E che si farà, con quali priorità, tra le tante cose che Monti avrebbe dovuto (e forse anche potuto) fare e non ha fatto (riequilibrio del carico fiscale, lotta all’evasione, alla criminalità organizzata e all’evasione, alle pratiche economiche “unfair”, ecc. ecc.)?
Di questo non si parla abbastanza. Napolitano ha voluto dire la sua con il messaggio di fine anno, una sorta di endorsement per l’agenda Bersani che è servito anche per farla venire alla luce un po’ più di quanto sia avvenuto sino ad ora. Dicendo che la sua agenda sarà … quella Monti ma “a modo suo”, Bersani non ha soddisfatto granché il palato degli elettori. Due mesi per farsi ascoltare e per farsi capire non sono molti. Ma su questo sarà meglio tornare.