Archiviate le primarie del Centrosinistra.
Ha vinto il PD, hanno detto in molti. E’ vero. Come è vero
che è una vittoria che fa bene al Paese.
Ha vinto Bersani, che ha promesso di cambiare il PD senza
cambiare la sua missione statutaria. Renzi voleva invece cambiarla, partendo
dal cambiare gli uomini e le donne del PD, ma ha perso. Quasi 4 elettori su 10
hanno però detto che non si accontentano di cambiare persone, modalità, usi e
costumi. Vogliono andare oltre, anche accettando il rischio di una nuova
missione che non ha ancora preso corpo.
Non ho votato Renzi perché non credo si possa correre quel
rischio.
Avrebbe però potuto tentarmi, se fosse stato più
comprensibile il nuovo “luogo” politico che il PD secondo lui dovrebbe occupare.
Perché effettivamente l’incontro tra la cultura socialdemocratica e quella del
cattolicesimo progressista sembra proprio aver fatto il suo tempo. Ma su questo
ritornerò, se a qualcuno può interessare.
Verso le secondarie
E Bersani? Le promesse su cui ha costruito la sua vittoria
sono impegnative. La campagna per le primarie è molto diversa da quella per le
secondarie. Non ammette promesse da marinaio, perché devono essere esigibili
PRIMA delle secondarie, e ne determinano l’esito. Chi ha detto la verità nelle
primarie e ha mantenuto le promesse, in genere ha vinto le elezioni. Veltroni
ha perso nel 2008 perché, dopo aver vinto le primarie con la promessa di
riassumere nel PD la proposta di tutto il centrosinistra nelle sue varie
articolazioni, ha poi presentato all’elettorato un’immagine (candidati,
proposte, linguaggi) espressione di una parte, neanche quella più gradevole,
del PD. Aveva di fronte la potenza di fuoco del Cavaliere, certo, ma il suo
esercito aveva perso per strada ogni carica propulsiva.
Oggi Bersani promette di cambiare davvero. Promette le
primarie di collegio. Promette una squadra di governo nuova, capace di
reinterpretare in modo convincente la missione del PD, per dare agli elettori
una speranza di uscita dalla crisi che emancipi la politica dalla sottomissione
alla finanza sregolata e sproporzionata.
Non può tradire le attese. Sono intimamente convinto che non
lo farà.
La prima prova si avrà nel Lazio. In Lombardia e in Molise
si potrebbe votare prima delle politiche, nonostante i ricatti di Berlusconi,
ma al momento non so se ciò avverrà. Quale che sia l’abbinamento, il Molise,
piccola regione in confronto ai due colossi, ha davanti a se due strade.
Nascondersi, restare nell’ombra e cercare di farla franca. Nel senso che, se la
novità non ci sarà o non sarà radicale, potrà tuttavia far finta di niente. La
gente si interesserà ad altro. Oppure farsi forte delle sue dimensioni ridotte
per proporsi come esempio, laboratorio di novità possibili, percorribili.
Dimostrare che su scala locale si possono percorrere strade
nuove su cui non si paga pedaggio alla finanza: si può fare e può aiutare anche
chi guarda da fuori.
Misurata sulla dimensione del dibattito politico che prevale
in queste settimane in Molise, questa ambizione appare del tutto sproporzionata
e infondata. Ma, chissà, uno scatto di reni.
Perché se si sceglie la prima strada, si va incontro a un
rischio quasi impossibile da evitare: quello di condannare i cittadini molisani
a un disastro economico e sociale che non ha precedenti e che ricaccerebbe la
Regione là dove era confinata fino a 50 anni fa. Ultima tra le Regioni
dell’area più derelitta. Un tempo, rispetto al resto dell’Italia, oggi, sempre
più, rispetto al resto d’Europa.
E’ qui che si balla, non altrove. Non si scappa. Osare si
deve, non per spirito di avventura ma per istinto di sopravvivenza. Se ancora
ce n’è.
Archiviate anche le primarie del centro-destra.
Cancellate
dal ritorno di Berlusconi. “Perché abbiamo cercato un nuovo Berlusconi del ’94
ma non l’abbiamo trovato” ha detto serafico nella cornice di Milanello. Ma che razza di formazione
politica ha messo in piedi, che leader è mai stato, se non sono stati in grado
di trovare un successore che non fosse un segretario particolare, un portaborse, o
qualche arnese riciclato, o improbabili guitti della periferia imprenditoriale?
Allora aveva ragione chi diceva, già qualche lustro fa, che l’unica successione
che Berlusconi avrebbe accettato sarebbe stata quella di Piersilvio o di
Marina!
Si usa dire che il collasso di uno schieramento politico ha
ripercussioni, in genere negative, sul sistema nel suo complesso. Probabile sia
vero anche stavolta, ma come dimenticare quale collasso al sistema sia stato
provocato fin qui da quella coalizione nel fulgore del suo potere!
Archiviate le "parlamentarie"
Nella versione “strana” delle primarie
denominata “parlamentarie” si sono contati novantamila voti per milleseicento candidati a un
migliaio di posti in lizza. Erano consentiti tre voti per ciascun militante del
Movimento 5 Stelle, c’è da ritenere che abbiano votato più o meno 50.000
persone.
Se vi viene da ridere, meglio trattenersi. Potrebbero
agguantare più seggi del centro-destra. Personaggi che sembrano provenire dagli
sketch delle candid camera? Attenzione! Sono convinto che una buona parte di
quei candidati siano animati da genuina passione politica e da una radicata
volontà di cambiamento, del tutto giustificata. Gli opportunisti che hanno
fiutato l’occasione della vita, agguantare una fortuna meglio di un Gratta e
Vinci con molto meno sforzo, ci sono senz’altro ma non possono essere presi a
pretesto per banalizzare. La diarchia che detiene il copyright, il guru e il
comico, può essere accusata di irritante protervia così come di comicità surreale,
ma quel movimento non è il Partito dell’Amore di Cicciolina, né la macchina del
potere costruita sullo scheletro Fininvest da Forza Italia. Va preso sul serio.
Anche se è possibile che faccia danni seri. Soprattutto se ingabbierà e
sottrarrà alla politica vera quei giovani appassionati che dovrebbero essere
senz’altro annoverati tra le speranze del Paese.
Quei giovani hanno un moto di ribellione quando li si accusa
di restare sul mero terreno della protesta. Ambiscono a molto di più e agiscono
in modo molto più fattivo e positivo. Il guaio è che non hanno ancora ben
sistematizzato un dato di fatto che dovrebbe farli riflettere: se 50.000
persone in tutto si sono impegnate attivamente per una tornata elettorale in
cui è possibile che raccolgano un numero di voti cento volte tanto, la realtà ci
dice, impietosamente, che per quanto possano rifiutare l’etichetta di
protestatari, gli elettori li sceglieranno proprio in quanto li considerano
tali. A torto? E sia. Ma dovrebbero comunque pensarci su, perché se anche così
fosse, in definitiva non è rilevante. Tanto più se l’intera strategia
comunicativa è sottratta al loro controllo e tutta orientata a veicolare
esattamente quel messaggio: “vaffa”, senza se e senza ma, e chi si sporca le
mani è un traditore. Bannazione!