sabato 10 novembre 2012

DOPO MONTI: DIETRO L’ANGOLO, IL BUIO?


Le elezioni sono vicine ma le prospettive, anziché chiarirsi, si fanno sempre più confuse.
Dopo il “fine corsa” del Governo Monti, si era detto, dovremo tornare al “normale” funzionamento delle istituzioni. Non più “strane” maggioranze, ma ritorno alla politica, coalizioni in concorrenza per governare il Paese.
Ma c’è grande confusione e un solo punto fermo emerge con chiarezza: che niente sarà più come prima. Il quadro politico che abbiamo conosciuto fino all’anno scorso è morto e sepolto e non si intravede uno scenario alternativo, a poche settimane dall’avvio della campagna elettorale.

Dei tre poli, iL centro sembrava quello con meno dubbi: dopo Monti non c’è che Monti. Invece è ormai abbastanza chiaro che, per quante alchimie possano inventare per la legge elettorale così da rendere incerto il responso delle urne, Monti ha ben poche probabilità di tornare ad essere premier. Anche perché il centro non ha sfondato, né nelle prove elettorali né nei sondaggi, e si è invece ridimensionato e sfarinato. API da una parte, FLI dall’altra, il gran daffare dei cattolici si è impantanato, resta solo una UDC ben lontana dal 10%. Ricordate Casini? “Non  terzo polo ma primo”. In effetti non è più un polo, né primo né terzo, e deve scommettere, più modestamente, sul ruolo classico di ago della bilancia.
D’altra parte, fin qui non è riuscito a far capire al paese su quali idee forza chiamava le altre formazioni a una mediazione. Invocare una “fase costituente” per superare l’emergenza, puntare sul compromesso per il compromesso significa lavorare non per la salvezza del Paese ma per affossarlo. Perché un futuro politico all’insegna dell’instabilità, in equilibrio precario su mediazioni forzate anziché basato su una sana dialettica democratica, è uno dei possibili scenari che per i mercati giustificano un “rischio Paese” e fanno schizzare gli spread.
Se non si è depositari di una proposta autonoma e convincente si deve scegliere da che parte stare. Non farlo ora ma dopo, senza compromettersi in anticipo, sarebbe un’ennesima manifestazione di degenerazione della politica. Ma se i centristi non vorranno portare una simile responsabilità (che gli elettori hanno dimostrato di saper punire) e faranno la loro scelta da prima, come democrazia vorrebbe, il potere di interdizione andrà a farsi benedire.
Dilemma scomodo, che in una ipotesi di grande coalizione non si porrebbe. Ma non si può continuare a accarezzare questa ipotesi per il dopo Monti a dispetto dell’evidenza.

                 

E i due poli maggiori? Quello di centro-destra, che ha governato l’Italia per nove degli ultimi undici anni, è andato in frantumi. Senza Berlusconi, con la Lega per conto suo, il PdL ha perso del tutto la capacità di unificare l’elettorato di riferimento. Se per una parte “Monti sta portando avanti egregiamente il nostro programma”, la stampa militante, dando voce alla pancia di una larga fetta di elettorato, sostiene invece che ha instaurato uno “stato di polizia”, il “regno del terrore” (fiscale), su un diktat degli odiati tedeschi. E Berlusconi appoggia a giorni alterni l’una o l’altra tesi.
In questa situazione il centro-destra vorrebbe disperatamente tornare ai fasti del passato … ma senza Berlusconi come candidato leader. Per attestarsi, insieme alla Lega, su una prospettiva di opposizione? No, quella pancia, sempre affamata, non è più disposta a “traversate del deserto”, ha assaporato il gusto della ricchezza attraverso il potere e non si rassegna a rinunciarvi. Finiranno per scegliere un abbraccio con Casini, una destra moderata, con il cappello PPE?
E’ una prospettiva che spaventa assai la cosiddetta “sinistra di governo”. Quella che non intende lasciare Monti alla destra. Ma è realizzabile? La destra in versione pulita non ha mai avuto la maggioranza in questo paese. Senza divagare troppo con un excursus storico, basta ricordare che anche la DC dei tempi d’oro per mantenersi nei confini della destra liberale pagava un prezzo alla destra eversiva e alla criminalità mafiosa e a aveva bisogno di “aiutini” (leggi “lavoro sporco”) dagli alleati occidentali nella guerra fredda. Poi, caduta la DC, Berlusconi ha sdoganato l’eversione anticostituzionale della destra radicale.
Questo scenario presuppone dunque che la parte “presentabile”, chiuso il capitolo Monti, trovi il modo di pagare i prezzi necessari per ricompattare l’elettorato che ha sorretto per qualche lustro l’avventura berlusconiana. Altro che agenda Monti: corruzione, evasione fiscale, anti-istituzionalismo (mascherato da anti-statalismo).
Non sembra facilmente realizzabile. Si deve anche considerare che questa prospettiva non spaventa solo la sinistra ma il “mondo libero” (sia pure con eccezioni rilevanti: ma intanto Romney ha perso) e soprattutto i mercati. Lo zoccolo duro dello spread oltre i due-tre anni dipende, a detta di tutti gli analisti, dal semplice fatto che questo scenario, tragico per il paese, è ancora considerato possibile, per quanto improbabile. Le parole di Monti, quando ripete che mandando a casa Berlusconi non si è scongiurato solo il rischio default del nostro Paese ma la dissoluzione dell’intera Eurozona, potranno anche apparire una forzatura, ai limiti del terrorismo verbale, ma è facile ritenere che rispecchino fedelmente un timore, se non una convinzione consolidata, delle cancellerie europee, di destra e di sinistra (oltre che di Washington).

Domandiamoci allora: se il primo scenario (“grosse koalition”, grande inciucio) piace al centro ma molto meno a centro-destra e centro-sinistra; se quello dell’accordo destra-centro (ritorno del figliol prodigo Casini) assomiglia molto a un berlusconismo senza Berlusconi che potrebbe far rimpiangere il bunga-bunga e spaventa i mercati, c’è uno scenario realistico che possa vedere la sinistra in un ruolo di governo, determinante?
Su questo versante, nell’anno trascorso con Monti al governo si sono dissolte sia la “foto di Vasto” che l’intesa con Casini. Si è dunque ulteriormente indebolito lo schieramento progressista? “Aiuto, mi si sono ristrette le alleanze”?
Chiariamo: nonostante quello che alcuni fanno finta di credere, quello schieramento non sarebbe stato autosufficiente. Ma neanche quello PD-centro. E la somma delle due non-sufficienze, ammesso che si fossero superate le reciproche incompatibilità, non avrebbe fatto un totale sufficiente. A maggior ragione non lo farebbe ora che è esploso il fenomeno “5 stelle”, che pesca un po’ dappertutto nel vasto scontento, erodendo quindi anche il bacino potenziale del centro-sinistra.
La questione che si pone NON riguarda dunque la scelta delle alleanze, tra apertura al centro e recupero della diaspora a sinistra, ma la capacità di elaborare una proposta convincente e credibile per gli elettori. In primo luogo quelli di sinistra, a partire dal suo bacino tradizionale ma non solo. Tale da attrarre in misura rilevante anche un centro “ago della bilancia” (se parliamo di schieramenti politici) ovvero un elettorato centrista, moderato ma aperto verso le proposte della sinistra.
La condizione perché ciò accada è che la sinistra ABBIA una proposta. E’ tautologico ma non scontato. Poi, che trasmetta la percezione della convinzione di potercela fare: è difficile convincere la maggioranza degli elettori se per primi non si è convinti.
Qui sorgono però i guai. Inutile negare che vi sia stata (e serpeggi ancora) una tentazione, che allontanerebbe ogni sforzo propositivo: arrivare al governo, uscito di scena di Berlusconi, dopo la parentesi Monti, senza grandi sforzi di elaborazione ma, anzi, scendendo il meno possibile nel concreto delle scelte, spesso scomode. Puntando, non alla maggioranza dell’elettorato, ma a una maggioranza parlamentare. Alla Camera, si intende (col Porcellum) per accordarsi col centro al Senato.
Ora, al di là del disgusto che merita il Porcellum, è chiaro che l’accordo durerebbe fintanto che l’alleato decide di farlo durare. Una soluzione costruita ex post, senza un retroterra programmatico, porterebbe l’alleato, per condizionare la sinistra, a caratterizzarsi, anziché sui temi su cui è più facile un accordo, su quelli che darebbero maggiore visibilità, più identitari per una sensibilità moderata, perfino “confessionali”. Film già visto (Prodi 2), senza lieto fine.
Purtroppo, anche le primarie continuano a far parlare di sé più per il confronto tra gli apparati che per la dialettica delle idee e delle proposte. Quando una sinistra con l'ambizione di governare deve invece sforzarsi di presentare agli elettori qualche ipotesi di soluzione, che si misuri con la concretezza dei problemi.


Le idee ci sono. Partecipo a incontri di vario genere, nelle sedi più diverse, ricchi di stimoli e di spunti. Riescono a fare proposta politica?
Gli elettori apprezzano che si voglia riequilibrare il carico fiscale. Chiedono però di capire come si intende manovrare su aliquote e detrazioni; se con una patrimoniale, ordinaria o straordinaria; con quali strumenti contro elusione e evasione.
Apprezzano che si voglia combattere la precarietà, ma chiedono se si pensa di dare spazio ai lavoratori nella gestione delle imprese, di premiare quelle che valorizzano il lavoro, di aiutare a fare impresa giovani, donne, stranieri (che trovano chiuse le porte del mercato del lavoro).
Apprezzano che si intenda tornare a un “pacchetto” di diritti e vincoli nelle relazioni di lavoro, ma chiedono cosa in concreto si pensa sia irrinunciabile perché la libertà di impresa non vada a ledere la dignità dei lavoratori.
Apprezzano il ritorno allo stato di diritto, all’etica pubblica e alla solidarietà, ma chiedono se saranno recisi, combattendoli senza tregua e con efficacia, i legami tra politica e criminalità organizzata, se sarà usato il pugno di ferro contro la corruzione e risanata la burocrazia permeabile o corriva, tagliati gli sprechi.
Apprezzano il richiamo alla sostenibilità, in tema di energia e di ambiente, di economia verde e blu, ma chiedono quali investimenti saranno favoriti e quali vincoli saranno imposti per assicurare la coerenza tra fini perseguiti e mezzi adottati.
Mi fermo per non rischiare di omettere temi importanti. E’ importante però aggiungere in conclusione che, su temi come quelli che ho elencato, nessuno poteva aspettarsi risposte dalla “parentesi Monti”. Ma senza risposte su questi temi, come si potrà davvero salvare l'Italia?

P.S. Devo scusarmi nell’eventualità che qualche lettore particolarmente affezionato ai miei scritti (se mai ce ne siano) mi abbia trovato un po’ ripetitivo. Effettivamente ho ripreso, con minimi adattamenti richiesti dai mesi trascorsi, un pezzo di inizio anno su “Eguaglianza e Libertà” (http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1477). Purtroppo, lo dico con qualche tristezza, non mi è sembrato di dover cambiare granché.