Le elezioni sono vicine ma le prospettive, anziché
chiarirsi, si fanno sempre più confuse.
Dopo il “fine corsa” del Governo Monti, si era detto, dovremo
tornare al “normale” funzionamento delle istituzioni. Non più “strane”
maggioranze, ma ritorno alla politica, coalizioni in concorrenza per governare il
Paese.
Ma c’è grande confusione e un solo punto fermo emerge con
chiarezza: che niente sarà più come prima. Il quadro politico che abbiamo
conosciuto fino all’anno scorso è morto e sepolto e non si intravede uno scenario alternativo, a poche settimane dall’avvio
della campagna elettorale.
Dei tre poli, iL centro sembrava quello con meno dubbi: dopo
Monti non c’è che Monti. Invece è ormai abbastanza chiaro che, per quante
alchimie possano inventare per la legge elettorale così da rendere incerto il
responso delle urne, Monti ha ben poche probabilità di tornare ad essere premier.
Anche perché il centro non ha sfondato, né nelle prove elettorali né nei
sondaggi, e si è invece ridimensionato e sfarinato. API da una parte, FLI dall’altra,
il gran daffare dei cattolici si è impantanato, resta solo una UDC ben lontana
dal 10%. Ricordate Casini? “Non terzo
polo ma primo”. In effetti non è più un polo, né primo né terzo, e deve
scommettere, più modestamente, sul ruolo classico di ago della bilancia.
D’altra parte, fin qui non è riuscito a far capire al
paese su quali idee forza chiamava le altre formazioni a una mediazione. Invocare
una “fase costituente” per superare l’emergenza, puntare sul compromesso per il
compromesso significa lavorare non per la salvezza del Paese ma per affossarlo.
Perché un futuro politico all’insegna
dell’instabilità, in equilibrio precario su mediazioni forzate anziché basato su
una sana dialettica democratica, è uno dei possibili scenari che per i mercati
giustificano un “rischio Paese” e fanno schizzare gli spread.
Se non si è depositari di una proposta autonoma e
convincente si deve scegliere da che parte stare. Non farlo ora ma dopo, senza
compromettersi in anticipo, sarebbe un’ennesima manifestazione di degenerazione
della politica. Ma se i centristi non vorranno portare una simile
responsabilità (che gli elettori hanno dimostrato di saper punire) e faranno la
loro scelta da prima, come democrazia vorrebbe, il potere di interdizione andrà
a farsi benedire.
Dilemma scomodo, che in una ipotesi di grande coalizione non
si porrebbe. Ma non si può continuare a accarezzare questa ipotesi per il dopo
Monti a dispetto dell’evidenza.
E i due poli maggiori? Quello di centro-destra, che ha governato l’Italia per nove degli ultimi undici
anni, è andato in frantumi. Senza Berlusconi, con la Lega per conto suo, il
PdL ha perso del tutto la capacità di unificare l’elettorato di riferimento. Se
per una parte “Monti sta portando avanti egregiamente il nostro programma”, la
stampa militante, dando voce alla pancia di una larga fetta di elettorato, sostiene
invece che ha instaurato uno “stato di polizia”, il “regno del terrore”
(fiscale), su un diktat degli odiati tedeschi. E Berlusconi appoggia a giorni
alterni l’una o l’altra tesi.
In questa situazione il centro-destra vorrebbe disperatamente tornare ai fasti del passato … ma senza
Berlusconi come candidato leader. Per attestarsi, insieme alla Lega, su una
prospettiva di opposizione? No, quella pancia, sempre affamata, non è più
disposta a “traversate del deserto”, ha assaporato il gusto della ricchezza
attraverso il potere e non si rassegna a rinunciarvi. Finiranno per scegliere
un abbraccio con Casini, una destra moderata, con il cappello PPE?
E’ una prospettiva che spaventa assai la cosiddetta
“sinistra di governo”. Quella che non intende lasciare Monti alla destra. Ma è realizzabile?
La destra in versione pulita non ha
mai avuto la maggioranza in questo paese. Senza divagare troppo con un excursus
storico, basta ricordare che anche la DC dei tempi d’oro per mantenersi nei
confini della destra liberale pagava un prezzo alla destra eversiva e alla
criminalità mafiosa e a aveva bisogno di “aiutini” (leggi “lavoro sporco”) dagli
alleati occidentali nella guerra fredda. Poi, caduta la DC, Berlusconi ha sdoganato
l’eversione anticostituzionale della destra radicale.
Questo scenario presuppone dunque che la parte
“presentabile”, chiuso il capitolo Monti, trovi il modo di pagare i prezzi
necessari per ricompattare l’elettorato che ha sorretto per qualche lustro
l’avventura berlusconiana. Altro che agenda Monti: corruzione, evasione
fiscale, anti-istituzionalismo (mascherato da anti-statalismo).
Non sembra facilmente realizzabile. Si deve anche considerare
che questa prospettiva non spaventa solo la sinistra ma il “mondo libero” (sia
pure con eccezioni rilevanti: ma intanto Romney ha perso) e soprattutto i
mercati. Lo zoccolo duro dello spread oltre i due-tre anni dipende, a detta di
tutti gli analisti, dal semplice fatto che questo
scenario, tragico per il paese, è ancora considerato possibile, per quanto improbabile.
Le parole di Monti, quando ripete che mandando a casa Berlusconi non si è
scongiurato solo il rischio default del nostro Paese ma la dissoluzione
dell’intera Eurozona, potranno anche apparire una forzatura, ai limiti del
terrorismo verbale, ma è facile ritenere che rispecchino fedelmente un timore,
se non una convinzione consolidata, delle cancellerie europee, di destra e di
sinistra (oltre che di Washington).
Domandiamoci allora: se il primo scenario (“grosse
koalition”, grande inciucio) piace al centro ma molto meno a centro-destra e
centro-sinistra; se quello dell’accordo destra-centro (ritorno del figliol
prodigo Casini) assomiglia molto a un berlusconismo senza Berlusconi che
potrebbe far rimpiangere il bunga-bunga e spaventa i mercati, c’è uno scenario realistico
che possa vedere la sinistra in un ruolo di governo, determinante?
Su questo versante, nell’anno trascorso con Monti al
governo si sono dissolte sia la “foto di Vasto” che l’intesa con Casini. Si è
dunque ulteriormente indebolito lo schieramento progressista? “Aiuto, mi si
sono ristrette le alleanze”?
Chiariamo: nonostante quello che alcuni fanno finta di
credere, quello schieramento non sarebbe stato autosufficiente. Ma neanche
quello PD-centro. E la somma delle due non-sufficienze, ammesso che si fossero
superate le reciproche incompatibilità, non avrebbe fatto un totale sufficiente.
A maggior ragione non lo farebbe ora che è esploso il fenomeno “5 stelle”, che
pesca un po’ dappertutto nel vasto scontento, erodendo quindi anche il bacino
potenziale del centro-sinistra.
La questione che si pone NON riguarda dunque la scelta
delle alleanze, tra apertura al centro e recupero della diaspora a sinistra, ma
la capacità di elaborare una proposta convincente e credibile per gli elettori.
In primo luogo quelli di sinistra, a partire dal suo bacino tradizionale ma non
solo. Tale da attrarre in misura rilevante anche un centro “ago della bilancia”
(se parliamo di schieramenti politici) ovvero un elettorato centrista, moderato
ma aperto verso le proposte della sinistra.
La condizione perché ciò accada è che la sinistra ABBIA
una proposta. E’ tautologico ma non scontato. Poi, che trasmetta la percezione
della convinzione di potercela fare: è difficile convincere la maggioranza
degli elettori se per primi non si è convinti.
Qui sorgono però i guai. Inutile negare che vi sia stata (e
serpeggi ancora) una tentazione, che allontanerebbe ogni sforzo propositivo: arrivare
al governo, uscito di scena di Berlusconi, dopo la parentesi Monti, senza
grandi sforzi di elaborazione ma, anzi, scendendo il meno possibile nel
concreto delle scelte, spesso scomode. Puntando, non alla maggioranza
dell’elettorato, ma a una maggioranza parlamentare. Alla Camera, si intende (col
Porcellum) per accordarsi col centro al Senato.
Ora, al di là del disgusto che merita il Porcellum, è
chiaro che l’accordo durerebbe fintanto che l’alleato decide di farlo durare. Una
soluzione costruita ex post, senza un retroterra programmatico, porterebbe l’alleato,
per condizionare la sinistra, a caratterizzarsi, anziché sui temi su cui è più
facile un accordo, su quelli che darebbero maggiore visibilità, più identitari
per una sensibilità moderata, perfino “confessionali”. Film già visto (Prodi 2), senza lieto fine.
Purtroppo, anche le primarie continuano a far parlare di
sé più per il confronto tra gli apparati che per la dialettica delle idee e
delle proposte. Quando una sinistra con l'ambizione
di governare deve invece sforzarsi di presentare agli elettori qualche ipotesi
di soluzione, che si misuri con la concretezza dei problemi.
Le idee ci sono. Partecipo a incontri di vario
genere, nelle sedi più diverse, ricchi di stimoli e di spunti. Riescono a fare
proposta politica?
Gli elettori apprezzano che si voglia riequilibrare il carico fiscale. Chiedono però di capire come si
intende manovrare su aliquote e detrazioni; se con una patrimoniale, ordinaria
o straordinaria; con quali strumenti contro elusione e evasione.
Apprezzano che si voglia combattere la precarietà, ma chiedono se si pensa di dare spazio ai
lavoratori nella gestione delle imprese, di premiare quelle che valorizzano il
lavoro, di aiutare a fare impresa giovani, donne, stranieri (che trovano chiuse
le porte del mercato del lavoro).
Apprezzano che si intenda tornare a un “pacchetto” di diritti e vincoli nelle relazioni di lavoro,
ma chiedono cosa in concreto si pensa sia irrinunciabile perché la libertà di
impresa non vada a ledere la dignità dei lavoratori.
Apprezzano il ritorno
allo stato di diritto, all’etica pubblica e alla solidarietà, ma chiedono
se saranno recisi, combattendoli senza tregua e con efficacia, i legami tra
politica e criminalità organizzata, se sarà usato il pugno di ferro contro la
corruzione e risanata la burocrazia permeabile o corriva, tagliati gli sprechi.
Apprezzano il richiamo alla sostenibilità, in tema di energia e di ambiente, di economia verde e blu, ma chiedono quali investimenti
saranno favoriti e quali vincoli saranno imposti per assicurare la coerenza tra
fini perseguiti e mezzi adottati.
Mi fermo per non rischiare di omettere temi importanti. E’
importante però aggiungere in conclusione che, su temi come quelli che ho
elencato, nessuno poteva aspettarsi risposte dalla “parentesi Monti”. Ma senza
risposte su questi temi, come si potrà davvero salvare l'Italia?
P.S. Devo scusarmi nell’eventualità che qualche lettore particolarmente
affezionato ai miei scritti (se mai ce ne siano) mi abbia trovato un po’ ripetitivo.
Effettivamente ho ripreso, con minimi adattamenti richiesti dai mesi trascorsi,
un pezzo di inizio anno su “Eguaglianza e Libertà” (http://www.eguaglianzaeliberta.it/articolo.asp?id=1477).
Purtroppo, lo dico con qualche tristezza, non mi è sembrato di dover cambiare
granché.