mercoledì 11 luglio 2012

Ma di che parliamo?


Breve storia del Molise dal 17/10/11 ai giorni nostri.
Tanti modi per non accorgersi di quello che è successo.
La “coazione a ripetere” del politicante miracolato.
E le (poche) eccezioni.
L’informazione “non ci coglie”. Ma è il momento giusto per emanciparsi.


Il 16 e 17 ottobre dell’anno scorso il Molise ha vissuto una piccola rivoluzione politica.
Piccola come è piccola la Regione. Ma importante perché si collocava nel solco delle novità della precedente primavera (amministrative e referendum) e anticipava quelle cui avremmo assistito dopo qualche mese.

Non è una notizia, direte. Non dopo tanto tempo.
Vero. La notizia è un’altra. Che in Molise, dopo tutto questo tempo, non se n’è ancora accorto quasi nessuno dei (cosiddetti) politici che vi operano.

Dobbiamo dunque cominciare col capirci sulla novità: di che si è trattato?
Un candidato di centro-sinistra “non allineato” vince le primarie su parole d’ordine (che dovrebbero essere) tipiche della sinistra, essendo però contestato da una parte della sinistra per la sua storia politica (“non limpidamente di sinistra” dice una personalità autorevole come la Bindi, che però non lo conosce neanche un po’). Sta qui la novità? Non direi, film visto fin troppo.
Contrariamente alle previsioni, arriva ad un passo dalla vittoria. Secondo gli scrutatori (anche del centro destra) fa perfino quel passo ma i verbali gli danno torto. Neanche questa è una novità: succede che i sondaggi non captino i mutamenti quando avvengono negli umori profondi.

Di Laura Frattura fa il pieno del voto disgiunto (da destra). Il primo segnale di novità mi sembra dunque questo: che vince (o si avvicina alla vittoria, se preferite) su un voto NON di appartenenza ma di “svincolo”.
Non è l’unico segnale di novità. Con lui raccolgono un successo imprevisto (ma non insperato) i “5 stelle”. Anche loro raccolgono tanto voto disgiunto, in particolare tra gli elettori di centro-sinistra scontenti del loro candidato, poco convinti di una sua vittoria o poco interessati a una sconfitta del governatore uscente. Anche in questo caso, dunque, voti che si liberano dal vincolo di appartenenza, da destra e da sinistra.

I due fenomeni presentano forti somiglianze. Il candidato di centro-sinistra convince una larga parte dell’elettorato di essere seriamente intenzionato a suonare un’altra musica, attento alla sostanza dei problemi, impegnato a tirar fuori la Regione dalle sabbie mobili di una crisi radicale, ben peggiore di quella che fa soffrire il Paese nel suo insieme. Promette così di riscattarla dal servaggio imposto da una politica basata sul ricatto clientelare.
I “5 stelle” aprono una breccia dimostrando anche loro di avere idee e proposte concrete in testa e convincendo gli elettori di essere disposti ad andare fino in fondo per attuarle, promettendo di muoversi a stretto contatto con coloro che, votando, li hanno delegati a rappresentarli in sede politica.
Ma i due indizi non vengono letti come una prova di quello che sta cambiando. Anzi. Le litanie delle prefiche che piangono la sventura della sconfitta annunciata si sommano ai canti dei salmodianti che salutano lo scampato pericolo. Tutti a guardare indietro e a nascondersi il futuro.

Invece è finita un’era.
Pende un ricorso elettorale, che in primo grado ha portato all’annullamento delle elezioni. Comunque vada il giudizio definitivo, l’era politica dello iorismo, versione locale ed appendice del berlusconismo, è morta e sepolta. Comincia un’altra era politica.
Poiché non concepisco la politica come un gioco d’azzardo non mi sento di sentenziare che sarà migliore. Sono però titanicamente certo che, se non si fosse voltata pagina, una stagione migliore non sarebbe stata nemmeno pensabile. Ora si può. Non solo pensarla.

Ma in pochi se ne sono accorti. Perché in Molise la Politica (quella “als Beruf” di cui parla Max Weber, che tradotto significa “come professione”) non è in auge. Politicanti, spesso miracolati, baciati dalla fortuna, quelli sì, tanti …

Berlusconi invece se n’è accorto. Non gli è bastato far finta di non ricordare di essere un deputato eletto in un collegio del Molise. Né ha funzionato il sommo sacrificio a cui si è sottoposto rinunciando a tornare, per vantare miracoli, “là dove tutto è cominciato” (secondo la felice espressione di Antonello Caporale), a San Giuliano di Puglia. Là dove è stato messo a punto, collaudato e lanciato in orbita il primo colossale meccanismo di spolpamento delle finanze pubbliche a beneficio di una ristretta cricca di affaristi di corte, lasciando amministrare le briciole (per comprare consenso) al valvassore locale. Sulla pelle dei bimbi e delle maestre sepolte dal terremoto e di quelli che avevano subito davvero la disgrazia di veder rovinare la propria casa.
C’era stata perfino la gara a non ricordare. Un miliardo e duecento milioni di euro buttati nel pozzo della macchina affaristica di Bertolaso & Co.? Dimenticati. Anzi, tutti pronti a rivendicare il restante, quello che manca per la ricostruzione, quella vera, a dieci anni di distanza. Berlusconi è apparso, in qualche momento, la controparte di Iorio, che ne era invece la controfigura.
Ma sarebbe stato ben pronto, Berlusconi, a mettersi in tasca la vittoria sonante di Iorio, che tutti prevedevano, ed a farne motivo per uno squillo di tromba e per una risposta sprezzante all’Europa: “non me ne vado, il popolo è con me” sperava di poter dire, sulle rovine del Molise. Invece, vittoria risicata o sconfitta, poco cambiava, il popolo lo stava abbandonando insieme con il suo mandatario. E Berlusconi ne ha avuto chiara cognizione.

Così come se ne è accorto il Viceré. Si può essere critici feroci di Michele Iorio, e non faccio mistero di esserlo, ma non si può certo disconoscere la sua stoffa politica. Non si resta al vertice per diciotto anni (meno manciate di mesi qua e là) senza essere professionisti della politica di notevole levatura. Ne ha data prova ulteriore con la rappresentazione finale messa in scena qualche giorno fa alla Piana dei Mulini.
A molti è apparsa alquanto patetica, ma ha usato il linguaggio e i modi della politica che oggi i cittadini domandano: “vi ascolterò … vi starò vicino… decideremo insieme”. Ha dimostrato quindi di averli compresi.
Sprezzo del ridicolo? Certo. Far finta di poter ricominciare da domani (“è un altro giorno, si vedrà” avrebbe detto Rossella O’Hara) su uno spartito tutto nuovo, è sembrato a molti un vero e proprio oltraggio. E lo è stato in effetti. Ma forse non si è ben capito a chi era rivolto. Se quattro comprimari (che si erano nutriti fino al giorno prima delle uova d’oro che il gallo del pollaio distribuiva generosamente) potevano permettersi il lusso di recitare la parte di “quelli che non c’erano”, Iorio ha dimostrato di poterli stracciare anche in quella parte. Con molta più impudenza di loro. Perché un primattore è un primattore anche quando la commedia non fa più un soldo al botteghino, mentre delle comparse, dal giorno dopo, non si ricorda più nessuno.
E per completare l’opera sono bastate poche ore. Si è chiamato tre baldi accompagnatori (i tre pretendenti regicidi, Vitagliano, Fusco Perrella e Scasserra) e se li è portati, senza manco bisogno di prenderli per le orecchie, a firmare un accordo con i sindacati nazionali che smentiva in un sol colpo le due aperture di credito concesse dall’opposizione sullo Zuccherificio. Un accordo che condannava al licenziamento (mobilità da esodati) un terzo dei dipendenti (primo dito nell’occhio) senza che si vedesse neppure l’ombra di un piano industriale (secondo dito nell’occhio) che potesse far presagire una qualche strategia per salvare lo Zuccherificio dal fallimento. Tanto per dire che nulla era cambiato, che lui era lui e gli altri non erano niente.
E’ la storiella dello scorpione: trascina con se la ranocchia del centro-destra ad affogare nei gorghi ma non viene meno alla sua natura e alla sua storia. E fra qualche settimana si presenterà a chiedere ancora qualche decina di milioni al Consiglio per lo Zuccherificio. E’ sempre lui, insomma, il Governatore Iorio. Non ha cambiato e non potrà mai cambiare politica. Ma dimostra di aver capito quello che sta succedendo.

Gli altri brontolano, filosofeggiano, tramano, viaggiano a Roma. Non hanno capito niente.

E a sinistra? Non credo di essere annebbiato da partigianeria se dico che il quadro è migliore. Anche se quelli che non hanno capito, pur poco numerosi, sono però abbastanza rumorosi.

Tra quelli che hanno capito per primi, qualunque osservatore obiettivo deve ammetterlo, c’è Roberto Ruta. Devo dargli atto di aver dimostrato stoffa politica e lungimiranza, benché raramente in precedenza mi sia capitato di condividere le sue mosse (se può interessare a qualcuno). Sin dal ’97-’98, quando si è prestato al ribaltone pro-Iorio, lusingato, appena trentenne, dall’offerta della Presidenza del Consiglio (ma le colpe maggiori ricadono sugli strateghi, che non erano altrettanto giovani).
Stavolta ha fiutato l’aria nuova che si cominciava a respirare, già nel 2010, nelle associazioni di rappresentanza, attorno alla Camera di Commercio. Si è proposto per un’attenzione ai contenuti (il Forum di Alternativa, mossa “furba” quanto si vuole ma anticipatrice). Poi ha dato vita a una lista parallela alle provinciali di CB e alle Regionali, tra anatemi e scomuniche, per vederla adesso assunta come linea nazionale dal PD. Infine, rientrato nei ranghi del partito in servizio effettivo, ha portato per mano il segretario, da sempre sua sponda convinta e affidabile, a operare un rinnovamento degli organigrammi su cui non avrebbe scommesso nessuno (al più una mano di “romanella” alle pareti, pensavano tutti). Modello Renzi, tutto proteso a “acchiappare” a destra? Nessuno si scandalizzi se dico che ha dimostrato di essere più avanti, meno rozzo e più equilibrato del più noto sindaco di Firenze, al di là dei giudizi che si possono dare sui suoi “acquisti” singolarmente presi.
Dato a Ruta quel che, credo, si meriti, va comunque detto che in prima linea in Consiglio Regionale, fortunatamente, c’è un solido manipolo di consiglieri che hanno costruito progressivamente una squadra intorno a Di Laura Frattura, che sta crescendo di giorno in giorno. Appartengono a PD, IdV e Federazione della Sinistra, a dimostrare quanto stucchevoli possano essere le diatribe sulle geometrie su cui si dovrebbero costruire le fortune del centro-sinistra prossimo venturo a livello nazionale. Anche qui, prima delle appartenenze conta il merito delle questioni, l’orientamento al risultato, per preparare adeguatamente una stagione di governo che, se mai dovesse cominciare, farà tremare le vene ai polsi.
Senza il PSI, o senza SEL, allora? Neanche per idea, i partiti sono attraversati da linee di faglia in movimento, è presto per tracciare confini definitivi, si deve lasciare tempo anche a chi oggi si ostina a non capire (o a far finta).

C’è dunque chi ha capito, soprattutto a sinistra. Ma chi conosce lo stato dell’informazione in Molise e la cappa di piombo che grava su chi ha intrapreso questa nobilissima professione, non sarà certo sorpreso nel constatare che al parlar d’altro dei politici di destra corrisponda il più totale disorientamento (non parlo di disinformazione perché voglio escludere il dolo) degli organi di informazione.
Di che si parla? Sembra continuamente di stare su “Scherzi a parte”.
Le elezioni sono state annullate (in primo grado) perché sono state accertate (sin da prima delle elezioni, ma questo fanno finta tutti di non averlo letto o di non averlo capito) gravi irregolarità. Dunque è molto probabile (quanto meno) che si torni a votare. Nel frattempo la Regione è paralizzata da una Giunta che dovrebbe fare (almeno) l’ordinaria amministrazione ma che, non essendo riuscita a fare degnamente neanche quella negli ultimi dieci anni, sta accumulando ulteriori disastri su disastri in tutti i campi.

Niente di tutto questo. “La vicenda dei ricorsi si tinge di giallo”. “13 luglio data fatidica”. Perché si decide la data della sentenza di merito, e di conseguenza la data delle nuove elezioni? Questo, sì, avrebbe qualche importanza ma viene trascurato. Data fatidica perché si decide sulla sospensiva. E sapete perché è importante? Perché, se viene concessa, la Giunta Iorio può di nuovo proporre leggi, e il Consiglio discuterle e approvarle: come se quello fosse il problema!!!

Un altro esempio eclatante. Gli assessori competenti, tutti insieme appassionatamente, accompagnano Iorio, ho già avuto modo di accennarlo, a firmare atti (la costituzione di una Newco, un accordo sindacale che licenzia un terzo dei dipendenti) che vengono presentati al pubblico come premessa per scongiurare il fallimento. In realtà, renderanno più improbabile l’autorizzazione al concordato preventivo da parte del giudice (ne ho parlato nel post precedente) e sono solo la premessa per costringere il Consiglio ad approvare la sottoscrizione di una nuova immissione di liquidità (per svariati milioni di euro) nelle casse dello Zuccherificio, per tacitare i creditori. Non troverete nulla di tutto questo sulla stampa. Piuttosto, ampie elucubrazioni sul posizionamento dei tre assessori rispetto a Iorio nel prossimo futuro; sulla sigla che sarà scelta da Iorio per presentarsi alle elezioni (se mai si dovesse votare, ma sulla stampa si susseguono scongiuri su scongiuri); sulle divisioni del centro-sinistra; sul conflitto di interessi di Frattura (perché in passato si è interessato di energie “green” e perfino di biomasse, uno scoop degno del Pulitzer!).
A questo riguardo, faccio fatica ad ammetterlo, il quadro non appare roseo nemmeno nell’informazione indipendente (o che tale si sforza di essere). Tranne pochissime eccezioni (individui, più che testate) si segue l’andazzo. Perché nell’informazione funziona così, la maggioranza orienta i gusti del pubblico e condiziona anche la minoranza? Vorrei proporre una ipotesi alternativa, e una parola di speranza. Il pubblico è sempre meno orientabile sulla lunghezza d’onda dettata dalla maggioranza. Mediaset è crollata in Borsa. Prima che cadesse Berlusconi, non confondiamo causa ed effetto! Quel crollo segnalava il distacco crescente dal “modello Biscione” e preannunciava la caduta degli dei.
Non si tratta di adottare un altro “modello guida”, un carro alternativo su cui saltare o un altro mentore cui offrirsi come agnelli al sacrificio. E’ più banalmente una questione di deontologia professionale, di ritorno alla passione per la notizia, per lo scavare nei fatti, per la descrizione di ciò che resta in ombra quando potrebbe fare luce, nel rigoroso rispetto della verità (documentale e testimoniale), nel controllo delle fonti. Quegli arnesi del mestiere che non sono soltanto regole formali ma sono la base del potere che l’informazione può – e deve – esercitare. Di controllo, di bilanciamento, di libertà, infine, di chi scrive e di chi legge! E’ la stampa ragazzi, siate fieri di questo mestiere e non offendetelo!
Sarebbe la premessa migliore per aprire la strada (FINALMENTE!!!) a una legge sull’informazione degna di questo nome anche in Molise. E’ tra le priorità dei primi 100 giorni di Frattura, se sarà di nuovo in lizza. Su questo, sì, vale la pena di incalzarlo senza fare il minimo sconto.