Breve storia del Molise dal 17/10/11 ai giorni nostri.
Tanti modi per non accorgersi di quello che è successo.
La “coazione a ripetere” del politicante miracolato.
E le (poche) eccezioni.
L’informazione “non ci coglie”. Ma è il momento giusto per emanciparsi.
Il 16 e 17 ottobre dell’anno scorso il
Molise ha vissuto una piccola rivoluzione politica.
Piccola come è piccola la Regione. Ma
importante perché si collocava nel solco delle novità della precedente
primavera (amministrative e referendum) e anticipava quelle cui avremmo
assistito dopo qualche mese.
Non è una notizia, direte. Non dopo
tanto tempo.
Vero. La notizia è un’altra. Che in
Molise, dopo tutto questo tempo, non se n’è ancora accorto quasi nessuno dei
(cosiddetti) politici che vi operano.
Dobbiamo dunque cominciare col capirci
sulla novità: di che si è trattato?
Un candidato di centro-sinistra “non
allineato” vince le primarie su parole d’ordine (che dovrebbero essere) tipiche
della sinistra, essendo però contestato da una parte della sinistra per la sua
storia politica (“non limpidamente di sinistra” dice una personalità autorevole
come la Bindi, che però non lo conosce neanche un po’). Sta qui la novità? Non
direi, film visto fin troppo.
Contrariamente alle previsioni, arriva
ad un passo dalla vittoria. Secondo gli scrutatori (anche del centro destra) fa
perfino quel passo ma i verbali gli danno torto. Neanche questa è una novità:
succede che i sondaggi non captino i mutamenti quando avvengono negli umori
profondi.
Di Laura Frattura fa il pieno del voto
disgiunto (da destra). Il primo segnale di novità mi sembra dunque questo: che
vince (o si avvicina alla vittoria, se preferite) su un voto NON di appartenenza ma di “svincolo”.
Non è l’unico segnale di novità. Con
lui raccolgono un successo imprevisto (ma non insperato) i “5 stelle”. Anche
loro raccolgono tanto voto disgiunto, in particolare tra gli elettori di
centro-sinistra scontenti del loro candidato, poco convinti di una sua vittoria
o poco interessati a una sconfitta del governatore uscente. Anche in questo
caso, dunque, voti che si liberano dal
vincolo di appartenenza, da destra e da sinistra.
I due fenomeni presentano forti
somiglianze. Il candidato di centro-sinistra convince una larga parte
dell’elettorato di essere seriamente intenzionato a suonare un’altra musica,
attento alla sostanza dei problemi, impegnato a tirar fuori la Regione dalle
sabbie mobili di una crisi radicale, ben peggiore di quella che fa soffrire il
Paese nel suo insieme. Promette così di riscattarla dal servaggio imposto da
una politica basata sul ricatto clientelare.
I “5 stelle” aprono una breccia dimostrando
anche loro di avere idee e proposte concrete in testa e convincendo gli
elettori di essere disposti ad andare fino in fondo per attuarle, promettendo
di muoversi a stretto contatto con coloro che, votando, li hanno delegati a
rappresentarli in sede politica.
Ma i due indizi non vengono letti come
una prova di quello che sta cambiando. Anzi. Le litanie delle prefiche che
piangono la sventura della sconfitta annunciata si sommano ai canti dei
salmodianti che salutano lo scampato pericolo. Tutti a guardare indietro e a
nascondersi il futuro.
Invece è finita un’era.
Pende un ricorso elettorale, che in
primo grado ha portato all’annullamento delle elezioni. Comunque vada il
giudizio definitivo, l’era politica dello iorismo, versione locale ed appendice
del berlusconismo, è morta e sepolta. Comincia un’altra era politica.
Poiché non concepisco la politica come
un gioco d’azzardo non mi sento di sentenziare che sarà migliore. Sono però
titanicamente certo che, se non si fosse voltata pagina, una stagione migliore
non sarebbe stata nemmeno pensabile. Ora si può. Non solo pensarla.
Ma in pochi se ne sono accorti. Perché
in Molise la Politica (quella “als Beruf” di cui parla Max Weber, che tradotto
significa “come professione”) non è in auge. Politicanti, spesso miracolati, baciati
dalla fortuna, quelli sì, tanti …
Berlusconi invece se n’è accorto. Non
gli è bastato far finta di non ricordare di essere un deputato eletto in un
collegio del Molise. Né ha funzionato il sommo sacrificio a cui si è sottoposto
rinunciando a tornare, per vantare miracoli, “là dove tutto è cominciato”
(secondo la felice espressione di Antonello Caporale), a San Giuliano di
Puglia. Là dove è stato messo a punto, collaudato e lanciato in orbita il primo
colossale meccanismo di spolpamento delle finanze pubbliche a beneficio di una
ristretta cricca di affaristi di corte, lasciando amministrare le briciole (per
comprare consenso) al valvassore locale. Sulla pelle dei bimbi e delle maestre
sepolte dal terremoto e di quelli che avevano subito davvero la disgrazia di
veder rovinare la propria casa.
C’era stata perfino la gara a non
ricordare. Un miliardo e duecento milioni di euro buttati nel pozzo della
macchina affaristica di Bertolaso & Co.? Dimenticati. Anzi, tutti pronti a
rivendicare il restante, quello che manca per la ricostruzione, quella vera, a
dieci anni di distanza. Berlusconi è apparso, in qualche momento, la controparte
di Iorio, che ne era invece la controfigura.
Ma sarebbe stato ben pronto,
Berlusconi, a mettersi in tasca la vittoria sonante di Iorio, che tutti
prevedevano, ed a farne motivo per uno squillo di tromba e per una risposta
sprezzante all’Europa: “non me ne vado, il popolo è con me” sperava di poter
dire, sulle rovine del Molise. Invece, vittoria risicata o sconfitta, poco
cambiava, il popolo lo stava abbandonando insieme con il suo mandatario. E
Berlusconi ne ha avuto chiara cognizione.
Così come se ne è accorto il Viceré. Si
può essere critici feroci di Michele Iorio, e non faccio mistero di esserlo, ma
non si può certo disconoscere la sua stoffa politica. Non si resta al vertice
per diciotto anni (meno manciate di mesi qua e là) senza essere professionisti
della politica di notevole levatura. Ne ha data prova ulteriore con la
rappresentazione finale messa in scena qualche giorno fa alla Piana dei Mulini.
A molti è apparsa alquanto patetica, ma
ha usato il linguaggio e i modi della politica che oggi i cittadini domandano:
“vi ascolterò … vi starò vicino… decideremo insieme”. Ha dimostrato quindi di
averli compresi.
Sprezzo del ridicolo? Certo. Far finta
di poter ricominciare da domani (“è un altro giorno, si vedrà” avrebbe detto
Rossella O’Hara) su uno spartito tutto nuovo, è sembrato a molti un vero e
proprio oltraggio. E lo è stato in effetti. Ma forse non si è ben capito a chi
era rivolto. Se quattro comprimari (che si erano nutriti fino al giorno prima
delle uova d’oro che il gallo del pollaio distribuiva generosamente) potevano
permettersi il lusso di recitare la parte di “quelli che non c’erano”, Iorio ha
dimostrato di poterli stracciare anche in quella parte. Con molta più impudenza
di loro. Perché un primattore è un primattore anche quando la commedia non fa
più un soldo al botteghino, mentre delle comparse, dal giorno dopo, non si
ricorda più nessuno.
E per completare l’opera sono bastate
poche ore. Si è chiamato tre baldi accompagnatori (i tre pretendenti regicidi,
Vitagliano, Fusco Perrella e Scasserra) e se li è portati, senza manco bisogno
di prenderli per le orecchie, a firmare un accordo con i sindacati nazionali
che smentiva in un sol colpo le due aperture di credito concesse
dall’opposizione sullo Zuccherificio. Un accordo che condannava al
licenziamento (mobilità da esodati) un terzo dei dipendenti (primo dito
nell’occhio) senza che si vedesse neppure l’ombra di un piano industriale
(secondo dito nell’occhio) che potesse far presagire una qualche strategia per
salvare lo Zuccherificio dal fallimento. Tanto per dire che nulla era cambiato,
che lui era lui e gli altri non erano niente.
E’ la storiella dello scorpione:
trascina con se la ranocchia del centro-destra ad affogare nei gorghi ma non
viene meno alla sua natura e alla sua storia. E fra qualche settimana si
presenterà a chiedere ancora qualche decina di milioni al Consiglio per lo
Zuccherificio. E’ sempre lui, insomma, il Governatore Iorio. Non ha cambiato e
non potrà mai cambiare politica. Ma dimostra di aver capito quello che sta
succedendo.
Gli altri brontolano, filosofeggiano,
tramano, viaggiano a Roma. Non hanno capito niente.
E a sinistra? Non credo di essere
annebbiato da partigianeria se dico che il quadro è migliore. Anche se quelli
che non hanno capito, pur poco numerosi, sono però abbastanza rumorosi.
Tra quelli che hanno capito per primi,
qualunque osservatore obiettivo deve ammetterlo, c’è Roberto Ruta. Devo dargli
atto di aver dimostrato stoffa politica e lungimiranza, benché raramente in
precedenza mi sia capitato di condividere le sue mosse (se può interessare a
qualcuno). Sin dal ’97-’98, quando si è prestato al ribaltone pro-Iorio, lusingato,
appena trentenne, dall’offerta della Presidenza del Consiglio (ma le colpe
maggiori ricadono sugli strateghi, che non erano altrettanto giovani).
Stavolta ha fiutato l’aria nuova che si
cominciava a respirare, già nel 2010, nelle associazioni di rappresentanza, attorno
alla Camera di Commercio. Si è proposto per un’attenzione ai contenuti (il
Forum di Alternativa, mossa “furba” quanto si vuole ma anticipatrice). Poi ha
dato vita a una lista parallela alle provinciali di CB e alle Regionali, tra
anatemi e scomuniche, per vederla adesso assunta come linea nazionale dal PD.
Infine, rientrato nei ranghi del partito in servizio effettivo, ha portato per
mano il segretario, da sempre sua sponda convinta e affidabile, a operare un
rinnovamento degli organigrammi su cui non avrebbe scommesso nessuno (al più
una mano di “romanella” alle pareti, pensavano tutti). Modello Renzi, tutto
proteso a “acchiappare” a destra? Nessuno si scandalizzi se dico che ha
dimostrato di essere più avanti, meno rozzo e più equilibrato del più noto
sindaco di Firenze, al di là dei giudizi che si possono dare sui suoi “acquisti”
singolarmente presi.
Dato a Ruta quel che, credo, si meriti,
va comunque detto che in prima linea in Consiglio Regionale, fortunatamente, c’è
un solido manipolo di consiglieri che hanno costruito progressivamente una
squadra intorno a Di Laura Frattura, che sta crescendo di giorno in giorno.
Appartengono a PD, IdV e Federazione della Sinistra, a dimostrare quanto
stucchevoli possano essere le diatribe sulle geometrie su cui si dovrebbero
costruire le fortune del centro-sinistra prossimo venturo a livello nazionale.
Anche qui, prima delle appartenenze conta il merito delle questioni,
l’orientamento al risultato, per preparare adeguatamente una stagione di
governo che, se mai dovesse cominciare, farà tremare le vene ai polsi.
Senza il PSI, o senza SEL, allora?
Neanche per idea, i partiti sono attraversati da linee di faglia in movimento,
è presto per tracciare confini definitivi, si deve lasciare tempo anche a chi
oggi si ostina a non capire (o a far finta).
C’è dunque chi ha capito, soprattutto a
sinistra. Ma chi conosce lo stato dell’informazione in Molise e la cappa di
piombo che grava su chi ha intrapreso questa nobilissima professione, non sarà
certo sorpreso nel constatare che al parlar d’altro dei politici di destra
corrisponda il più totale disorientamento (non parlo di disinformazione perché
voglio escludere il dolo) degli organi di informazione.
Di che si parla? Sembra continuamente
di stare su “Scherzi a parte”.
Le elezioni sono state annullate (in
primo grado) perché sono state accertate (sin da prima delle elezioni, ma
questo fanno finta tutti di non averlo letto o di non averlo capito) gravi
irregolarità. Dunque è molto probabile (quanto meno) che si torni a votare. Nel
frattempo la Regione è paralizzata da una Giunta che dovrebbe fare (almeno)
l’ordinaria amministrazione ma che, non essendo riuscita a fare degnamente
neanche quella negli ultimi dieci anni, sta accumulando ulteriori disastri su
disastri in tutti i campi.
Niente di tutto questo. “La vicenda dei
ricorsi si tinge di giallo”. “13 luglio data fatidica”. Perché si decide la
data della sentenza di merito, e di conseguenza la data delle nuove elezioni?
Questo, sì, avrebbe qualche importanza ma viene trascurato. Data fatidica
perché si decide sulla sospensiva. E sapete perché è importante? Perché, se
viene concessa, la Giunta Iorio può di nuovo proporre leggi, e il Consiglio discuterle
e approvarle: come se quello fosse il problema!!!
Un altro esempio eclatante. Gli
assessori competenti, tutti insieme appassionatamente, accompagnano Iorio, ho
già avuto modo di accennarlo, a firmare atti (la costituzione di una Newco, un
accordo sindacale che licenzia un terzo dei dipendenti) che vengono presentati
al pubblico come premessa per scongiurare il fallimento. In realtà, renderanno
più improbabile l’autorizzazione al concordato preventivo da parte del giudice (ne
ho parlato nel
post precedente) e sono solo la premessa per costringere il Consiglio ad
approvare la sottoscrizione di una nuova immissione di liquidità (per svariati
milioni di euro) nelle casse dello Zuccherificio, per tacitare i creditori. Non
troverete nulla di tutto questo sulla stampa. Piuttosto, ampie elucubrazioni
sul posizionamento dei tre assessori rispetto a Iorio nel prossimo futuro;
sulla sigla che sarà scelta da Iorio per presentarsi alle elezioni (se mai si
dovesse votare, ma sulla stampa si susseguono scongiuri su scongiuri); sulle
divisioni del centro-sinistra; sul conflitto di interessi di Frattura (perché
in passato si è interessato di energie “green” e perfino di biomasse, uno scoop
degno del Pulitzer!).
A questo riguardo, faccio fatica ad
ammetterlo, il quadro non appare roseo nemmeno nell’informazione indipendente
(o che tale si sforza di essere). Tranne pochissime eccezioni (individui, più
che testate) si segue l’andazzo. Perché nell’informazione funziona così, la
maggioranza orienta i gusti del pubblico e condiziona anche la minoranza?
Vorrei proporre una ipotesi alternativa, e una parola di speranza. Il pubblico
è sempre meno orientabile sulla lunghezza d’onda dettata dalla maggioranza.
Mediaset è crollata in Borsa. Prima che cadesse Berlusconi, non confondiamo
causa ed effetto! Quel crollo segnalava il distacco crescente dal “modello Biscione”
e preannunciava la caduta degli dei.
Non si tratta di adottare un altro “modello
guida”, un carro alternativo su cui saltare o un altro mentore cui offrirsi
come agnelli al sacrificio. E’ più banalmente una questione di deontologia
professionale, di ritorno alla passione per la notizia, per lo scavare nei
fatti, per la descrizione di ciò che resta in ombra quando potrebbe fare luce,
nel rigoroso rispetto della verità (documentale e testimoniale), nel controllo
delle fonti. Quegli arnesi del mestiere che non sono soltanto regole formali ma
sono la base del potere che l’informazione può – e deve – esercitare. Di
controllo, di bilanciamento, di libertà, infine, di chi scrive e di chi legge! E’
la stampa ragazzi, siate fieri di questo mestiere e non offendetelo!
Sarebbe la premessa migliore per aprire
la strada (FINALMENTE!!!) a una legge sull’informazione degna di questo nome
anche in Molise. E’ tra le priorità dei primi 100 giorni di Frattura, se sarà
di nuovo in lizza. Su questo, sì, vale la pena di incalzarlo senza fare il
minimo sconto.