mercoledì 30 maggio 2012

C'è un futuro per lo Zuccherificio. Quale?




Le elezioni sono di nuovo alle porte. La campagna elettorale non sarà la stessa dello scorso anno. Servirà a presentare i provvedimenti in cantiere per risolvere i grandi problemi, le emergenze di una regione che deve ripartire.
Torniamo sul tema dello Zuccherificio. Per un aggiornamento ma anche per esaminare più da vicino, oltre agli errori e alle difficoltà, le possibili vie di uscita, la strada da seguire.

Torno a parlare di elezioni in Molise.
Il tempo stringe.
Perché è probabile che si voti in autunno.
Perché in questa situazione la Giunta, che aveva già brillato per inerzia, insensibile alla gravità dei problemi, abbasserà del tutto la saracinesca. Almeno, non potrà lasciare il classico avviso “Torno subito”. Non torneranno.


La campagna elettorale sarà molto diversa da quella del 2011.
Gli eletti non dovranno accreditarsi, sono stati visti all’opera e misurati. Starà ai nuovi farsi conoscere e agli sconfitti aggiustare il tiro per la rivincita.
Il centro-sinistra non dovrà farsi apprezzare per il programma. Non può essere cambiato (almeno nelle linee fondamentali e nelle priorità) in pochi mesi.
Piuttosto, a partire dal candidato presidente Di Laura Frattura, dovrà dimostrare di essere andato oltre il programma e di avere utilizzato questi mesi per affrontare i problemi ed esaminare i dossier, partendo dai più urgenti e spinosi, per tracciare le linee dei provvedimenti da varare nell’immediato dopo-elezioni. Insomma, meno affermazioni di principio, molta concretezza. Questo chiedono i cittadini molisani.

Con “spirito di servizio”, come si dice in questi casi, per portare anch’io il mio sassolino, riprendo un tema, di quelli scottanti e urgenti, cui ho dedicato un pezzo alcune settimane fa. Il “disastro” dello Zuccherificio del Molise.

Senza spacciarmi per esperto di economia aziendale, senza avere specifiche conoscenze sul settore bieticolo-saccarifero, in base a quel tanto di nozioni di economia applicata che ho appreso negli anni, a qualche esperienza di “tavoli” di salvataggio industriale e, soprattutto, pretendendo di saper fare di conto, vorrei fornire al lettore interessato qualche aggiornamento sul tema già affrontato (http://molise11.blogspot.it/2012/02/zuccherificio-una-storia-da-raccontare.html) con un approfondimento relativo al da farsi. Anche stavolta chiederò che si armi di santa pazienza (una calcolatrice non guasterà).

Per cominciare, credo si debba biasimare, senza mezzi termini, la supponenza e l’insensibilità dei governanti (fin qui) della Regione in una materia di questa delicatezza e di questa drammaticità.
Incombono istanze di fallimento, i conti sono in profondo rosso, a spese dei contribuenti molisani, le prospettive produttive quanto mai incerte, i pagamenti bloccati. Ma Michele Iorio ritiene di poter dichiarare (il 2/3/2012) che “il gruppo di lavoro sulla continuità aziendale (costituito a seguito della mozione PD nel Consiglio che si era tenuto un mese prima sull’argomento) raggiungerà nella prossima settimana conclusioni … che consentiranno la rapida attuazione delle decisioni attinenti la ricapitalizzazione e il rilancio produttivo dello Zuccherificio”. Effettivamente per la ricapitalizzazione è bastata una riunione di Giunta, avvenuta due settimane dopo per attuare quanto deliberato dal Consiglio. Ma il rilancio produttivo?
Appena qualche giorno dopo (6/3/2012), risponde così a un’interrogazione di Francesco Totaro: “non c'è, da parte nostra, nessun ritardo colpevole, anzi c'è l'attenzione necessaria per salvaguardare questa struttura. Esprimo personale ottimismo sulla soluzione finale della questione“ Tralascio di commentare l'autodifesa sul “ritardo colpevole” alla luce di quello che la Giunta Iorio doveva fare e non ha fatto (e di quello che non doveva fare e ha fatto) negli ultimi cinque anni. Quanto all’’ottimismo. non credo fosse motivato da altro che dall’esito dell’incontro di due settimane prima tra gli assessori molisani competenti () e il Ministro Catania, che aveva garantito lo sblocco dei fondi CIPE (annualità 2009) per il bieticolo-saccarifero, lungamente e vanamente sollecitati in precedenza al Ministro Galan, per 35 milioni (cui se ne devono aggiungere 30 per il 2010). Mentre, in contemporanea, dall’AGEA arrivava la “positiva notizia” del “pronto utilizzo” dei 19 milioni dovuti.




Ora, potrei dire che la disponibilità di fondi non è di per sé una buona notizia se i destinatari non sanno utilizzarli che per tappare le falle da loro stessi create e per dilapidarne altri, in nome della logica che li ha sempre guidati, la ricerca del consenso immediato, senza futuro, fine a se stesso. Ma per non inasprire i toni polemici mi limito a riportare un comunicato emesso, tre mesi dopo l’incontro (23/5/2012), dai sindacati nazionali dell’agro-alimentare che congiuntamente, prendendo a cuore le sorti di Termoli, lamentano il fatto che tutti gli operatori bieticolo – saccariferi attendono ancora l’erogazione degli aiuti riferiti alle campagne 2009 e 2010 in attuazione degli impegni a suo tempo assunti e più volte confermati dal Governo”. Ottimismo?
E, guardando alla parte opposta dello schieramento politico, davvero Paolo Di Laura Frattura è un visionario, o un “gufo della sinistra”, come si auto-definisce ironicamente, quando parla (8/4/2012) di una “ennesima pagina buia” e di “triste cronaca di una morte annunciata per crisi" a proposito delle notizie di stampa sul fatto che “la produzione potrebbe saltare per la mancanza di materia prima”?

Veniamo allora ai fatti e alle cifre che possono dare al lettore un’idea più precisa della consistenza dei problemi. Potremo così ragionare sulle strade che si dovranno percorrere, se alla guida finalmente ci sarà un governo animato dalla volontà di operare per il bene dei cittadini, a partire dai più deboli.
Partiamo proprio dalle notizie di stampa a cui si riferisce Frattura. La fonte non è l’ultimo arrivato. E’ Alberto Alfieri, il nuovo manager chiamato in soccorso dalla Giunta per tentare di porre rimedio al disastro, che dichiara di non aver mai visto un'azienda in condizioni così disastrate … uno stabilimento trasandato, con macchinari vecchi, in una situazione niente affatto compatibile con gli ingenti investimenti - circa 60 milioni di euro, tra versamenti di capitale e finanziamenti - effettuati negli ultimi due anni dalla Regione".

E’ difficile immaginare che sia prevenuto, o ostile verso chi gli ha conferito tanto incarico. Ma per maggiore tranquillità, in ossequio a un rigoroso principio di obiettività, farò parlare l’Assessore Scasserra citando le cifre che fornisce in occasione della discussione della mozione Totaro a cui abbiamo già fatto riferimento. Ecco quanto dichiara, stando alla trascrizione ufficiale, riportata testualmente: “Oggi c'è l'emergenza dettata dalla necessità di addivenire ad un numero consistente di ettari a semina primaverile, perlomeno speriamo altri 4 mila. Se dovessimo raggiungere i 4 mila più i 5 mila che sono stati già seminati, ciò consentirebbe di fare una campagna dignitosa, ma non ottimale.

La prosa trascritta non rende giustizia all’eloquio di Scasserra ma le cifre sono chiare. Facciamo dunque qualche conto prendendo per buona l’ipotesi “speriamo che me la cavo” di 9mila ettari messi a coltura.
A questa ipotesi dovrebbe corrispondere, stando al resoconto di stampa del consiglio di amministrazione e dell'assemblea dei soci che si sono tenute l’11/5/2012, una quota produttiva, posta come obiettivo da raggiungere nel 2012, di trentamila tonnellate, per assicurare un conto in pareggio. Questi sono infatti i conti esposti in quella occasione dall'assessore Vitagliano, solitario componente dell’assemblea dei soci, ridotta a “organo monocratico della Regione”, che ha voluto anche far sapere di aver “conferito mandato pieno ad Alfieri sia per avviare la campagna bieticola 2012, sia per cominciare il percorso di ristrutturazione dell'azienda, di cui a breve dovrà portare a conoscenza tutti sul nuovo piano industriale.
Perdoniamo anche in questo caso la trascrizione e passiamo a fare qualche conto. Nella campagna 2010 (l’ultima che possiamo definire “normale) gli ettari coltivati erano stati 13.500 (l’obiettivo 2012 si ferma dunque esattamente a due terzi) e la resa era stata di 128,3 kg. di zucchero per ettaro. Mettendo insieme le dichiarazioni dei due assessori scopriamo dunque che, se la resa attesa è la stessa del 2010, ci si aspetta che la campagna non superi i 5.300 ettari, con buona pace della speranza espressa da Scasserra che se ne aggiungessero 4.000. Perché se invece fossero coltivati 9.000 ettari avremmo un calo della resa impressionante: ancora peggio!

Eppure Gianfranco Vitagliano nello scomodo ruolo solitario di “dominus” dello Zuccherificio ci dice che i conti saranno in pareggio.
I conti non sono stati in pareggio con ben più del doppio di ettari coltivati: si sono anzi accumulate perdite assai significative. Oggi poi lo stabilimento è perfino più “trasandato” di allora. Se non altro per il susseguirsi di furti (cavi, recinzioni, per cifre a sei zeri). Non può pretendere di essere creduto.

Ma non finisce qui. Andiamo avanti con i conti perché dobbiamo prendere in considerazione anche il prezzo. Era stato stabilito, nell’agosto del 2010, per il triennio 2011-2013, con grande soddisfazione dei bieticoltori, in 45,5 €/t. La tabella per la stagione in corso - che, si badi bene, era stata contrattata nell'agosto del 2011 partendo dall’ipotesi di una superficie effettiva coltivata di 14.000 ettari, per una produzione di 100.000 tonnellate di saccarosio, che non ci si sogna più di raggiungere – arrivava e prevedere un costo a carico della società, quindi al netto dei contributi europei (art. 68 reg. CE) destinati ai produttori (per € 7,5/t) di 47,5 €/t riservato ai produttori delle province di Campobasso, di Foggia e della valle dell’Ofanto (un po’ meno per quelli più distanti, considerando il costo aggiuntivo del trasporto). Il ricavo per il produttore, con l’aiuto previsto dal Regolamento comunitario, sale a 55 €/t.


Ora, al lettore potrebbe interessare qualche confronto. Sapere, ad esempio, che lo Zuccherificio Eridania di S. Quirico (PR) e quello Co.Pro.B. di Pontelongo (PD), che rappresentano oltre i 4/5 della lavorazione di barbabietole da zucchero in Italia, sopportano un onere (in base al prezzo concordato in sede di accordo interprofessionale) di 29,29 €/t.
Eppure si parte per tutti dal prezzo base fissato a livello europeo di 26,29 €/t.

Da dove proviene una simile differenza di prezzo? Possono stare in piedi i conti di uno stabilimento che paga la materia il 50% (abbondante) in più dei concorrenti? Dove intervenire, dove correggere?

Il lettore di buon senso, quello che non si nutre di anti-politica e mantiene una salda fiducia nelle istituzioni e nei rappresentanti eletti, sarà convinto che queste domande se le stiano ponendo i componenti del tavolo tecnico, che stanno “stressando” (che belli gli anglicismi che sostituiscono il latinorum per gettare fumo negli occhi!!) il piano industriale (quale versione? di quale annata?). Penserà che siano l'assillo costante delle notti degli assessori competenti (). Avrei voluto esserne convinto anch’io ma non ho trovato il minimo indizio che ciò stia accadendo.
Mi sono dunque dovuto rassegnare a fare da solo e provo a mettervi a parte delle risposte.

1) La differenza di prezzo. Deriva dal fatto che le associazioni dei produttori di barbabietole delle regioni del nord “hanno individuato la via della trasformazione delle polpe surpressate di spettanza dei coltivatori in biogas per la produzione di energia elettrica, programmando la realizzazione di una serie di impianti nei comprensori vicini agli zuccherifici, riversando gli utili ricavati sul prezzo delle bietole”. Ce lo spiegano M. Guidi, Presidente di Confagricoltura e di A. N. B. e A. Mincone, Presidente di C. N. B. (le due associazioni nazionali dei bieticoltori).
Di quanto parliamo? Parliamo di 5,9 €/t. Al contrario in Molise è la Regione (nella veste di Zuccherificio spa) che si accolla 2,5 €/t per valorizzazione energetica delle polpe (che non valorizza) e 1,6 €/t per rinuncia dei produttori alle polpe stesse (che nessuno, dunque, valorizza ma la Regione “ricompensa”). Aggiungiamo poi che gli Zuccherifici del Nord-Est si accollano 3 euro di integrazione sul prezzo europeo (che infatti sale da 26,29 a 29,29) mentre in Molise l’extra a carico della regione raggiunge la ragguardevole cifra di 17,11 €/t (di cui 9,01 come integrazione, mentre altri 8,1 appaiono a titolo di “incentivo” ai produttori).
2) Possono stare in piedi i conti? Sarebbe un miracolo se la produttività nella fase di lavorazione riuscisse a compensare un simile handicap. Ma è tutto il contrario. Le bietole lavorate giornalmente in fabbrica sono un po’ meno della metà rispetto ai concorrenti (dato 2011): anche se i giorni di lavorazione industriale sono invece tra il 15% e il 50% in più, la produzione vendibile per ettaro resta nettamente al di sotto in termini di valore: 2.130 € contro i 2.460 € di San Quirico e i 2.660 € di Pontelongo. Per ogni ettaro coltivato, a parità di resa in barbabietole, si paga dunque di più e si ricava di meno. Non può stare in piedi.
3) Prima di ragionare sugli interventi da fare bisogna dare una risposta chiara alla domanda preliminare: c’è una alternativa alla resa incondizionata? La risposta è affermativa, e l’esempio del nord lo dimostra. Ma la strada è radicalmente diversa da quella seguita fin qui. E non è un caso che gli stabilimenti concorrenti siano in mano, l’uno all’unico produttore privato, con una dimensione internazionale, rimasto in circolazione (Maccaferri, Eridania), gli altri due ai produttori consorziati e perciò direttamente motivati al successo economico non solo nella fase industriale ma fin da quella agricola.
E’ da lì dunque che deve partire l’intervento. Produrre barbabietole in Italia può ancora essere conveniente e remunerativo. “Bietola. Finalmente un’annata ok” titola G. Gnudi su “Terra e Vita” n. 41/2011. Ottime rese, ottima qualità, remunerazioni del tutto soddisfacenti per i produttori. Piange solo l’azionista unico dello Zuccherificio del Molise (e più ancora i suoi fornitori e salariati).
Occorre dunque, per prima cosa, coinvolgere i produttori (molisani e pugliesi innanzi tutto). Stabilire una collaborazione stretta, in un clima possibilmente di sintonia anche politica su ideali e obiettivi condivisi, con la Regione Puglia e con le realtà associative dei produttori delle due regioni. La qualità della barbabietola “appulo-molisana”, quanto a “polarizzazione”, è migliore di quella delle regioni padane. La resa per ettaro può e deve migliorare.
In secondo luogo, la valorizzazione energetica delle polpe “surpressate” non può restare lettera morta. Se non se ne fanno carico i produttori, come avviene nel nord-est (scontando il prezzo relativo) dovrà attrezzarsi il lato industriale (a questa previsione economico-finanziaria deve dare risposta il sospirato piano industriale) in proprio o attraverso un terzo soggetto. Il risultato non deve essere però al di sotto di quello che è stato ottenuto al nord.
Infine gli investimenti sullo stabilimento. Nel nostro Paese c’è un livello di competenza ingegneristica nel campo dei macchinari industriali che non ha eguali al mondo. Abbiamo superato la Germania sui mercati più ricchi e su quelli più in crescita. Avanti tutta, quindi, per le soluzioni più avanzate.
Muovendo questi tre tasti lo stabilimento di trasformazione può di nuovo essere vendibile. Per continuare a produrre, non per consentire all’ennesimo “furbetto” di lucrare perpetrando ancora un furto con destrezza ai danni del contribuente.
C'è una priorità banche e fornitori? Ovvio, ma solo nel senso che si deve scongiurare il fallimento e la chiusura dei rubinetti nell'immediato. Si può fare se ci si presenta con un'idea credibile, un progetto convincente costruito su scadenze precise da rispettare ad ogni passo. A queste condizioni il problema può scalare nell'ordine delle priorità e diventare il passo n. 4, a suggello dei tre già indicati. E andare a coincidere con la messa sul mercato a condizioni accettabili.

L’alternativa insomma è possibile. Guida prudente, con mano sicura, su una rotta ben tracciata. Appena i tempi saranno maturi. Prima possibile.