sabato 12 novembre 2011

Altri 5 anni di Iorio? Senza Berlusconi?

[9 novembre - 15 novembre]
Questo post stava per essere pubblicato ancora una volta senza un commento del risultato delle elezioni molisane. Continuava per la quarta settimana il black-out sulla proclamazione dei vincitori, anomalia che ha riassunto tutte quelle che hanno contrassegnato la notte degli scrutini.
Infine è però arrivata la conclusione delle verifiche degli Uffici Circoscrizionali e Regionali.
Il commento è ora possibile. Ma si riassume in poche parole: resterà ancora presidente Michele Iorio. Fino a quando?
Continuiamo dunque a ragionare sulle prospettive del dopo-elezioni analizzando il voto del 16-17 ottobre e le dinamiche che rivela.
Ritorno dunque, come promesso, sull'identi-kit del voto disgiunto al candidato dei grillini.
Dopo aver dedicato il post precedente ai voti incrociati provenienti dal centro-destra e dalla sinistra radicale, questa settimana è sotto esame quello proveniente dalle file del PD.
Il tema va affrontato inquadrandolo nel passaggio di fase complesso e drammatico che il nostro paese sta attraversando, ma la risposta che cerchiamo riguarda il PD molisano: perché raccoglie un consenso così risicato? Da dove viene il malessere? Perché i suoi elettori incrociano con l'area grillina più degli altri partiti, anche di quelli alla sua sinistra? Infine, come uscirne?

LA PROCLAMAZIONE, RINVIATA DI GIORNO IN GIORNO, E' INFINE ARRIVATA, VERSO IL COMPIMENTO DELLA QUARTA SETTIMANA. NON TUTTO E' CHIARO PER I GIUDICI, A MAGGIOR RAGIONE I CITTADINI ELETTORI HANNO DIRITTO ALLA CHIAREZZA.

Stavo per cliccare l'invio di questo post sul mio blog, riprendendo il discorso dove l'avevo lasciato nel post precedente senza poter commentare, neanche questa settimana, il risultato delle elezioni molisane, quando sono stato raggiunto dalla notizia della proclamazione dei risultati da parte della Corte d'Appello, sul finire della quarta settimana di verifiche.
La proclamazione è avvenuta – è bene ribadirlo a fronte di notizie alquanto confuse e imprecise diffuse dalla stampa, con poche eccezioni on line come “l'Infiltrato” e “Prima Pagina Molise” – SENZA che siano stati effettuati quei riscontri a tappeto tra verbali e tabelle di scrutinio che pure la legge ammetterebbe e che il caos emerso dai verbali avrebbe non solo consigliato ma imposto.
Il tribunale di Campobasso ha effettuato riscontri più numerosi, avendoli ritenuti necessari ogni qual volta i verbali presentavano incongruenze, ma non a tappeto. Quello di Isernia si è limitato ad effettuarli solo nei casi in cui le incongruenze dei verbali non apparivano sanabili (e in qualche caso trovando – come Campobasso - ostacoli insormontabili anche dopo aver verificato le tabelle di scrutinio, in particolare per i voti di preferenza).
Calcolavo nel post precedente che 10 giorni lavorativi per due coppie al lavoro nei due tribunali per 3 ore al giorno sarebbero stati più che sufficienti, a ritmo blando, per il riscontro di tutte le tabelle di scrutinio. Abbiamo abbondantemente doppiato quel termine. I giudici hanno rinunciato a vederci chiaro (sottoposti a pressioni inaudite) e hanno passato la mano rinviando agli organi giurisdizionali (Tar e Consiglio di Stato). Ma sono i cittadini, più di chiunque altro, ad avere diritto alla chiarezza.

A questo punto un commento al risultato è d'obbligo. Me la cavo con due battute:
  1. Se c'è un molisano convinto che Iorio governerà il Molise più di diciotto mesi (oltre la primavera del 2013) si faccia avanti.
  2. C'è una lettera dell'on. Flavia Perina (FLI, già direttore del Secolo) sul Fatto Quotidiano dell'11/11/11 (per chi non fosse abbonato, riportata in http://www.primapaginamolise.it/backoffice_website/data/1/radA4EE3.tmp.pdf da Prima Pagina) che dovrebbe essere tradotta in una lettera aperta (col permesso dell'autrice), firmata da qualche decina di migliaia di elettori molisani, indirizzata al Presidente della Repubblica e per conoscenza ai segretari di tutti i partiti della coalizione che ha sostenuto Frattura.

RIPRENDIAMO QUINDI L'ANALISI DEL VOTO DISGIUNTO VERSO IL CANDIDATO DEI GRILLINI. DOPO QUELLO PROVENIENTE DAL CENTRO-DESTRA E DALLA SINISTRA RADICALE, ANALIZZIAMO LA PARTE PIU' CONSISTENTE, PROVENIENTE DAL PD.

Torno, a questo punto, al tema della scorsa settimana: che cosa ha mosso un'area del PD ad alimentare la campagna sul moderatismo del candidato presidente di centro-sinistra, ben oltre la fase delle primarie, fino a legittimare (o promuovere, secondo alcuni) il voto incrociato col candidato dei grillini?
E' vero che Frattura non ha adottato come colore-simbolo il rosso delle bandiere della tradizione comunista e socialista ma l'arancione (che è il colore scelto da De Magistris e Pisapia). Questa scelta non ha disturbato più di tanto le formazioni che si richiamano in modo più netto a quella tradizione, ma ha indotto una reazione di rigetto in una parte del PD. Come si spiega?
Una risposta a questa domanda ha a che vedere con la situazione del PD molisano, sceso sotto il 10%, con la peggiore performance regionale d'Italia? E ci aiuta a capire il senso delle scelte cui il PD è chiamato anche a livello nazionale in queste ore drammatiche per il Paese?

UN INCISO SULLA DINAMICA INTERNA AL PD E SUGLI SCHIERAMENTI. SONO UNA RIEDIZIONE DELLE CORRENTI DOROTEE O UN'ARTICOLAZIONE DI SENSIBILITA' E CULTURE POLITICHE CHE SERVE A ARRICCHIRE LA SINTESI UNITARIA?

Prima di procedere, dovendo parlare del PD, mi vedo costretto a introdurre un inciso riguardo alla mia personale posizione nel partito (nazionale) e alle mie opinioni sulla sua situazione attuale e le sue prospettive.
Non pensavo potesse esserci necessità di un simile excursus, non sono convinto che abbia un rilevante interesse ma sta di fatto che sono stato chiamato in causa sulla stampa molisana per il modo in cui ho ritenuto di fare la mia parte (direi perfino il mio dovere) nelle recenti vicende politiche molisane. Benché le mie opinioni siano sotto gli occhi di tutti su questo blog (e prendono fin troppo spazio!), qualcuno ha pensato bene di suggerire un'altra descrizione, alquanto allucinata e fuorviante, ripresa – evidentemente “sulla parola” - da un quotidiano. Chiarisco perciò la mia opinione, come spunto per introdurre il tema di questo post.
Non do peso alle etichette (sono stato definito “veltroniano rottamatore”), anche se è preoccupante la cultura che traspare da chi le attribuisce (ma l'ispiratore dell'articolo è rimasto anonimo). Preferisco andare al merito ed esporre come vivo (e interpreto) l'articolazione interna del PD. Riassumendo:
  • ho dichiarato (anche in Molise), di condividere il “documento dei 75”, su cui si è riconosciuta e si è data una fisionomia l'area Modem: mi convinceva la tesi che il PD dovesse aprirsi a quanto si muove nella società chiedendo un'alternativa democratica e progressista al berlusconismo, e convincere, su un profilo propositivo e riformista, anche l'elettorato che, pur avverso al berlusconismo, finora non riesce a intercettare;
  • ho apprezzato l'iniziativa di gennaio al Lingotto, promossa da Modem, che riprendeva i temi di quel documento portando alla discussione proposte concrete, in un'ottica di governo, e ho considerato molto positivo lo spirito che vi aleggiava e che il segretario del PD non ha mancato di cogliere, ben al di là delle appartenenze o delle etichette correntizie: apertura, riformismo radicale, rinnovamento culturale sono state le parole chiave attraverso cui si è manifestato un sostrato di unità che va ben oltre gli steccati di corrente;
  • a giugno ho constatato in occasione della Conferenza Nazionale del PD sul Lavoro come fosse andata avanti l'elaborazione unitaria su quel tema così cruciale (unitaria significa VOTATA FORMALMENTE ALL'UNANIMITA'); hanno dato un convinto appoggio e preziosi contributi tutti i leader del partito (tra cui Veltroni); il Segretario ha concluso a sua volta i lavori con un intervento chiaramente animato dall'ambizione di dare una risposta di Governo a questo paese già allora in grave crisi.
Nel mezzo c'erano state le amministrative, con le novità che hanno prodotto: il risveglio di un'ampia area di elettorato e al tempo stesso un nuovo modo del PD di approcciare questi fenomeni. Anche in Molise: chi voglia guardare a quella tornata elettorale con occhi sgombri da pregiudizi può riconoscere già nella vicenda delle provinciali, nonostante il clamoroso errore commesso da chi non ho indetto le primarie, il tentativo molisano di collocarsi in quell'alveo, a partire dalla candidatura di Micaela Fanelli, ma dando atto a Nagni e a Coscia di aver tentato a loro volta di interpretare quello stesso ruolo. Il tentativo è stato rifiutato tuttavia in tutte le versioni (anche se con rimarchevoli differenze di peso) da una parte ancora troppo consistente dell'elettorato di centro-sinistra.
Quanto ai rottamatori, non vedo nelle iniziative di Renzi un gran contributo alla realizzazione di quel partito che ho tentato di descrivere, anche se considero piuttosto ingenue le demonizzazioni che se ne fanno, mentre mi sembra di altra consistenza il contributo propositivo che viene da altri giovani cui pure viene affibbiata la stessa etichetta (come Pippo Civati). Di rinnovamento generazionale c'è molto bisogno, ma serve trasfondere, più che rottamare.
In conclusione: la mia idea di PD è molto lontana da uno schema correntizio.

IL CORRENTISMO E' IN ANTITESI CON L'ARTICOLAZIONE DI SENSIBILITA' E CULTURE CHE SERVE AD APRIRE IL PARTITO ALLE NUOVE ISTANZE CHE EMERGONO E VINCERE LA SFIDA CHE CI ATTENDE IN QUESTO PASSAGGIO DI FASE. CHE E' IL PASSAGGIO, ANCORA OGGI, PIU' DI VENTI ANNI DOPO LA CADUTA DEL MURO, A UNA DEMOCRAZIA COMPIUTA

Diciamo che considero il correntismo - ovvero il sistema doroteo di gestione “notarile”, astratta, burocratica, del potere (e del consenso) personale in un'organizzazione complessa - una degenerazione di quella sana articolazione di culture, sensibilità, competenze (e quant'altro) di cui si alimenta e da cui trae linfa vitale un partito moderno, aperto, democratico quale il PD vuole essere. Anzi, come deve necessariamente essere per proporsi come partito di riferimento per l'area di centro-sinistra del paese, come partito di governo, come formazione politica ALTERNATIVA, FIN DAI SUOI FONDAMENTI CULTURALI, ALLA FORMA STORICAMENTE DETERMINATA CHE LA DEMOCRAZIA HA ASSUNTO NEL NOSTRO PAESE NEL SECONDO DOPOGUERRA NONCHE' ALLA SUA DEGENERAZIONE POPULISTICO-AUTORITARIA CHE E' STATA IMPROPRIAMENTE DEFINITA COME SECONDA REPUBBLICA.
Per dirla tutta, con un riferimento alla più bruciante attualità, considero questa la sfida cui è chiamato il PD nel drammatico passaggio di fase che viviamo in questi giorni.
A quasi venti anni di distanza la storia ci presenta il conto: non aver saputo voltare pagina rispetto alla democrazia bloccata del pre-1989; aver buttato al vento l'occasione offerta dall'ingresso nell'Euro; aver consegnato le chiavi della gestione politica di quel passaggio cruciale a chi aveva in mente di sabotarlo per tentare un ritorno al passato che avrebbe gettato il Paese in un disastro economico e distrutto le fondamenta della coesione sociale; aver accantonato rapidamente (nel biennio 2006-2008) il tentativo di “tornare sulla retta via” concedendo una chance ulteriore al regime berlusconiano. Questa drammatica sequenza di passaggi e scelte politiche ci ha condotti nel baratro (su questo do ragione alla Marcegaglia, non siamo sull'orlo ma ci siamo precipitati dentro). Solo il PD, un PD che abbia il coraggio di raccogliere QUESTA SFIDA, può trainare il sistema politico del nostro paese fuori dal baratro.
Questa è la sfida: la conquista della democrazia, fuori dal sistema bloccato in cui eravamo rimasti confinati sin dalla guerra fredda, la realizzazione piena dei suoi presupposti, il consenso informato, il dominio della legge, il bilanciamento dei poteri. Questa, non certo le sfide immaginarie proposte dalla folla dei politicanti allevati nella democrazia malata degli ultimi decenni: contro la finanza, contro le banche, contro l'Euro (ma anche contro il dollaro, o lo yuan); contro l'Europa che non ha un governo politico, oppure contro l'Europa che ha una politica ma è liberista; contro la BCE che ci vuole servi, o contro l'FMI che ci vuole in miseria; contro i comunisti che vogliono più tasse, o contro i poteri forti che ci vogliono vendere alla Germania (ma anche contro la Germania che non vuole mettere mano al portafoglio per noi); contro la massoneria internazionale (o il Washington consensus, o l'Aspen Institute) che vogliono sostituirsi ai nostri rappresentanti eletti. Tutto e il contrario di tutto (qualcuno ha rievocato i “demo-plutocratici-massoni” di mussoliniana memoria) pur di nascondere la sfida che conta, quella con noi stessi per uscire dalla vergogna dell'ultimo ventennio. La sfida che il PD deve dimostrare di saper vincere, già con il tentativo Monti.
A questo riguardo, per chiudere queste considerazioni sui fatti di questi giorni, considero vere due affermazioni che possono facilmente – e drammaticamente – porsi in antitesi. Che per risalire il baratro occorre una svolta radicale che non ammette compromessi, non con questo o quel personaggio del centro-destra, ma con la cultura politica che ha impersonato e propugnato fino al fanatismo tutto quello schieramento: una svolta che richiederebbe dunque una nuova maggioranza politica da suggellare e legittimare con il voto. Tuttavia l'urgenza delle scelte impellenti richiede una discontinuità immediata, senza i condizionamenti di un sistema politico che si regge sull'irresponsabilità.
Riuscirà Monti, con l'appoggio di Napolitano e del PD, in questo funambolismo? Questa è la domanda che attende una risposta in queste ore, appesa al filo di un richiamo all'articolo 92 della Costituzione e dunque alla prerogativa del Presidente del Consiglio designato di scegliere i ministri, mai davvero tradotta in pratica nella nostra storia repubblicana per il ruolo determinante che svolgono, riconosciuto formalmente dal nostro ordinamento, i partiti.

RIUSCIRA' ANCHE IL PD MOLISANO A RACCOGLIERE ADEGUATAMENTE QUESTA SFIDA?

Tornando al PD molisano, penso di aver posto tutte le premesse per chiarire il mio giudizio. Se è vero che le amministrative, già da maggio, hanno portato un vento di novità di grande interesse e che con le regionali si è compiuto un vero salto di qualità, testimoniato dal risultato del candidato presidente, dalla grande quantità di voti che hanno premiato la sua proposta e la sua persona e dalla mobilitazione che si è potuta registrare in settori significativi della società molisana che erano rimasti fin qui alla finestra o comunque poco coinvolti nella partecipazione attiva alla vita politica, ebbene, di fronte a queste novità considero semplicemente meschina, quasi insopportabile, ogni chiusura in se stessi, ogni lettura politicista e correntizia dei risultati e delle dinamiche che si sono manifestate, ogni tentativo di cancellare le novità per riaffermare minuscole rendite di posizione prive di una effettiva presa sull'elettorato, che sta prendendo l'iniziativa per tornare protagonista in prima persona.
Credo invece che anche il PD molisano debba aprirsi, come si sta sforzando di fare il PD nazionale. Che debba accogliere le istanze che sono affiorate, dar loro piena dignità politica, chiamandole al protagonismo ANCHE NELLA VITA DEL PARTITO, non solo all'esterno. Lo strumento canonico per realizzare questi obiettivi, lasciandosi alle spalle la macchia di un risultato inferiore al 10%, è quello congressuale. Senza traumi, senza rottamare ma governando sapientemente un'apertura convinta e convincente verso i nuovi protagonisti.

    PERCHE' UN'AREA DEL PD HA ALIMENTATO UNA CAMPAGNA CONTRO IL MODERATISMO DI FRATTURA, ANCHE DOPO LE PRIMARIE, ANCHE DOPO LA CHIUSURA DELLE URNE?
Questo lungo excursus sul PD mi permette di dare in poche battute una risposta alle domande da cui siamo partiti.
Qualcuno ha voluto vedere nelle polemiche sul profilo di Frattura solo un modo per utilizzare una vicenda di attualità per portare acqua al proprio mulino nella polemica interna tra sostenitori dell'allargamento al centro (e governo di transizione) ovvero dell'unità a sinistra (e elezioni anticipate). Ma i conti non tornano: se il limite dell'esperienza molisana sta nell'eccessivo peso dell'alleanza PD-SEL-IDV e nel non aver stabilito un accordo con l'UDC, allora la si considera troppo sbilanciata a sinistra, non certo troppo moderata; se viceversa si addossano le maggiori responsabilità della sconfitta ai grillini (considerati come estranei all'area della sinistra) e si attribuisce un valore positivo al notevole recupero di voti rispetto al 2006 proprio alla maggiore capacità di aggregazione a sinistra, con Vendola e Di Pietro in primo luogo, non ci si confonde certo con i detrattori di Frattura.
Insomma, la polemica interna al PD nazionale non è una spiegazione ed è difficile in ogni caso pensare che abbia indotto al voto disgiunto per Federico.
In parte, ci troviamo a dover di nuovo fare i conti con le dinamiche che abbiamo analizzato per il voto disgiunto di centro-destra e con l'appetibilità di una soluzione che porti ad occupare un posto di consigliere di opposizione nel fuoco di una crisi economico-sociale come quella che la Regione, e il Pese tutto, stanno vivendo. Senza il rischio (che tormenta i potenti del centro-destra) di vedersi smentire dalla dura realtà dei fatti le promesse su cui si è costruita la macchina del consenso e con in più la contendibilità del ruolo di capo dell'opposizione (con i riflessi sulle prossime elezioni): via Frattura (che potrebbe non reggere un ruolo di opposizione per un quinquennio, a maggior ragione se logorato da una campagna di attacchi ad personam anche dal campo “amico”) la contesa è aperta. E di fronte non ci sarà Iorio ma qualcuno dalle seconde file del centro-destra, avendo Iorio sbrigato nel frattempo, sperabilmente, il lavoro sporco.

LE RADICI CULTURALI E SOCIALI DEL CONSERVATORISMO DI SINISTRA DI CUI SOFFRE IL PD (QUELLO MOLISANO IN PARTICOLARE)

E' questa però solo una parte, neanche principale, del ragionamento. Può spiegare qualche ambiguità di comportamento e qualche polemica “ultronea” passate le primarie, sul moderato Frattura. Ma dobbiamo pur sempre spiegarci che cosa può aver portato gli elettori a seguire lungo questa strada gli interessi di qualche leader poco convinto del candidato presidente.
Parliamo di un paio di migliaia di elettori, o giù di lì, non si tratta dunque necessariamente di un solo identi-kit collettivo che li raccolga tutti.
Giocano aspetti simbolici, o sentimentali? Ma, ripeto fino alla noia, l'elettore sceglie con raziocinio e, se sceglie di favorire la vittoria di Iorio, mentre dà il voto al suo leader di fiducia, non lo fa per errore, né avverte contraddizioni tra le due croci che appone. Lo abbiamo visto per il disgiunto di centro-destra.
Parliamo dunque di elettori che privilegiano davvero, e con convinzione, la continuità conosciuta. Che esprimono un segno di protesta, ovvero di disagio, in un modo che non costa molto, votando al proporzionale un candidato alternativo. Tenendosi tuttavia a debita distanza da avventure (cambio di presidente) che potrebbero sconvolgere equilibri consolidati che, pur nel disagio di una crisi che “morde”, sono considerati meno pericolosi della novità.
Traduciamolo in politica (o in politichese). Sto parlando di conservatorismo di sinistra. Di una sinistra protestataria ma non riformista. Amante della denuncia ma non del cambiamento. Perché anche da sinistra, anche dall'opposizione, si possono dare risposte (o promesse) a micro-interessi.
Intendiamoci, ho avanzato ipotesi senza fornire prove “probanti”. A risultati definitivamente consolidati, a voto disgiunto completamente disvelato, sarà forse possibile chiarire meglio gli intrecci, le regressioni. Uso il termine in senso statistico (significa: correlazioni), ma forse mai termine fu più appropriato nella sua doppia accezione (significa anche: ritorni indietro).
Qui torna il discorso sul futuro del PD, perché non credo sia giusto demonizzare né i fenomeni di attaccamento romantico a simboli di cui si è perso il significato concreto, né il rigetto nei confronti di un nuovo che non infonde fiducia. Sono anzi come l'immagine capovolta, in uno specchio, della resistenza, sull'altro versante, dell'area scontenta del centro-destra, attratta da un'idea di libertà e di “pulizia”, che non trova risposta nell'offerta politica del centro-sinistra.
E' la storia di questo decennio e, guardando al Molise, delle sconfitte inanellate negli ultimi anni. Che idea ha dato di sé il centro-sinistra? In quali atti si è manifestata un'alternativa credibile? Protestare e denunciare, eventualmente, ma per cambiare o per spartire? Chi ha dato prova, oltre ogni dubbio, di essere diverso, di ispirarsi ad altre regole, ad altra cultura?
E' stato detto e ripetuto fino alla noia. Ma quale reazione si innesca da qui? Cambiare davvero, concretamente, abbandonando la strada vecchia? Oppure vagheggiare un passato virtuale, non di esperienze vissute ma di ideali abbracciati? E intanto rifiutare di dare ascolto alle sirene di un cambiamento che può comportare qualche rischio di troppo.
Non c'è nessun alibi. Il conservatorismo della sinistra e la diffidenza dei moderati si sconfiggono solo se il gruppo dirigente (i vertici politici) sono in grado di offrire strade nuove, soluzioni credibili, guadagnandosi la fiducia personale con la coerenza dei comportamenti rispetto ai valori che si enunciano. Questa è la prova con cui si sta cimentando il vertice nazionale del PD: può farcela o meno, ma sta affrontando questa prova in un passaggio di fase che ha caratteri epocali. Se il gruppo dirigente molisano pensasse di cavarsela sottraendosi bellamente al cimento, avrebbe perso in partenza. E' invece il momento della verità, la prova va affrontata convinti di poterla superare. Altrimenti si passa la mano.
Questa è la storia che comincia domani.