venerdì 26 agosto 2011

Web contro tv, la "piazza virtuale" delle primarie

[24 agosto - 30 agosto]
Il centrosinistra molisano ha davanti a sé tre strade per perdere una prova elettorale che il centro-destra non può in alcun modo vincere.
Era questa la conclusione del post precedente.
La prima, il primo rischio da scongiurare, è quello della delegittimazione delle primarie.
La campagna con questo scopo era partita e segnava qualche successo. Ma è fallita.
Perché i candidati sono (finalmente) entrati nel merito.
Perché è comparsa sulla scena una nuova forma di comunicazione, la piazza virtuale sul web, interattiva, che ha spazzato via la piazza virtuale occupata dagli imbonitori del “teatrino della politica” e ha riaperto un discorso collettivo di cui si stava perdendo il ricordo.


MA IL CENTRO-SINISTRA MOLISANO PUO' DAVVERO RIUSCIRE A PERDERE LE ELEZIONI REGIONALI DI OTTOBRE? TRE MODI PER RICONSEGNARE IL MOLISE AL CENTRO-DESTRA

Ripartirei dalle conclusioni del post della settimana scorsa.
Per una serie di ragioni che riguardano la situazione del Molise e il modo in cui è stata amministrata la Regione negli ultimi dieci anni, e quella dell'Italia, con gli effetti di dieci anni di governo Berlusconi, non c'è alcuna possibilità che il centro-destra capeggiato da Michele Iorio possa vincere le elezioni regionali di metà ottobre.
Ciò non toglie tuttavia che il centro-sinistra possa riuscire nell'impresa di perderle.
Ha tre strade davanti a sé per (non) farcela.
La prima è quella che si gioca ora: delegittimare le primarie tenendo la gente lontano dai seggi.
La seconda si giocherà nei giorni immediatamente dopo il 4 settembre, attorno all'idea di un terzo incomodo che si candidi per tagliare la strada al vincitore.
La terza si giocherà in campagna elettorale, se prevarranno le faide interne rispetto all'obiettivo comune.

LA CAMPAGNA DI DELEGITTIMAZIONE DELLE PRIMARIE STA DANNEGGIANDO SOPRATTUTTO … CHI LA FA.
MA SULLA PARTECIPAZIONE PUO' INCIDERE ANCHE QUALCHE ALTRO FATTORE: DALL'AUTOLESIONISMO ALLA SUPERFICIALITA'. NON E' UN IMPEGNO DA PRENDERE SOTTO GAMBA

Vorrei tornare sulla prima delle tre incognite, quella che pesa sul percorso che ci separa dal 4 settembre.
Cinque candidati in lizza sono un buon antidoto contro la disaffezione. Rappresentano più o meno tutto l'arco delle “sensibilità” nel centro-sinistra quindi possono accontentare un'ampia gamma di elettori. Devono convincere i sostenitori a mettersi in moto, per recarsi alle urne e per convincere altri a farlo. Tutto ciò, si intende, purché siano convinti, ciascuno, di giocare davvero per vincere.
Dubbi sembra ne siano affiorati durante il percorso, in più di un candidato. In un post precedente mi sono soffermato su questo fenomeno, quando sembrava prendere piede in modo preoccupante. Il rischio è ora alle spalle, o almeno così sembrerebbe. Ma c'è chi è stato alla finestra e freme dalla voglia di dimostrare di aver fatto bene i suoi conti. Pensate che scommettere sulla sconfitta sia un mestiere da infami? Per me, avete ragione, ma in politica contano i risultati e non la bontà delle intenzioni.
Con l'eccezione dell'unica forza organizzata (si fa per dire) che ha fatto in modo ufficiale la scelta di non partecipare, il PRC – che ha riunito qualche decina di iscritti e simpatizzanti per sancire la volontà di correre in solitaria (se troverà qualcuno che si presti a candidarsi come terzo) senza mancare di registrare, come è d'obbligo in quei paraggi, defezioni, distinguo e contrasti – quelli rimasti fuori dalla contesa continuano a restare dietro le quinte. Una volta fallito il tentativo (portato avanti dal sen. Astore contro il parere del suo stesso movimento) di far ritirare dalle primarie un po' di contendenti (se non tutti … i quattro “diversi da Frattura”) la scelta del “silenzio-stampa” è praticamente obbligata per poter tentare ancora di attirare qualcuno dei perdenti, a scrutinio concluso, nell'avventura della terza candidatura. Con un inghippo, però: così tacendo non si alimenta la campagna di delegittimazione e si corre il rischio che, con un risultato di partecipazione dignitoso, se non buono, cadano i presupposti per una delegittimazione successiva, a cose fatte.
Ci si deve affidare un po' al “tafazzismo innato”, quello che non ha bisogno di impulsi esterni per manifestarsi in tutta la sua forza (auto-)distruttiva, un po' all'impreparazione (talvolta condita da una buona dose di cialtroneria) degli organizzatori poco allenati a mettere in piedi (men che meno a favorire) un esercizio di voto su basi libere, non coartate né artefatte.

A CHE LIVELLO FISSARE L'ASTICELLA DELLA PARTECIPAZIONE?

Possono farcela? Mi sentirei di dire (con tutti gli scongiuri del caso) che l'andazzo non sembra dar ragione a chi spera in un fallimento. L'asticella è fissata al livello delle primarie (aperte a tutti) per l'elezione del segretario regionale del PD, poco sotto i 20.000 votanti.
In realtà, la quota “magica” che sembra associarsi, nella grande maggioranza dei casi, a un successo nelle elezioni “vere” è quella del 15% dei voti necessari a vincere. Nel caso del Molise, quindi poco sopra i 15.000 partecipanti. Se poi si raggiungessero cifre attorno ai 25.000 (con un vincitore sopra i 10.000 voti) la corsa successiva sarebbe tutta in discesa. Col rischio, si sa, di inciampare e farsi male, ma quanta fatica in meno!

DUE FATTORI CHE STANNO INCIDENDO POSITIVAMENTE SUL CLIMA. 1) I CANDIDATI HANNO FINALMENTE AFFRONTATO IL CONFRONTO SUL MERITO

Due fattori, secondo la mia opinione, hanno contribuito a far volgere il clima decisamente al meglio. Il primo è dato dal fatto che i candidati si sono fatti conoscere e hanno cominciato a parlare di ciò che hanno in mente per governare questa regione nei prossimi cinque anni. Nessun volo pindarico, con i tempi che corrono e con la pesante eredità che il centro-destra sta lasciando. Ma neanche forzature ideologiche, in un senso o nell'altro. Nessun adoratore del dio Mercato, nessun vagheggiatore del regno di Utopia realizzato nel Frentano, molto buon senso e quindi anche un'ampia convergenza. Soprattutto, in cinque modi diversi è stato declinato un unico tema, che è quello della rottura netta di continuità con il passato. La regione che non può fare a meno di Iorio, la regione che ha trovato in Iorio la sintesi perfetta delle soluzioni politiche alle esigenze del popolo, la regione che ha offerto, con Iorio, un personaggio di prima grandezza ad un mediocre panorama politico nazionale, si ritrova nei cinque candidati in un giudizio senza appello: quella regione ha bisogno, evaporati i sogni di gloria, per sopravvivere e per dare un futuro ai suoi abitanti, di mettersi alle spalle un esperienza di governo regionale come quella impersonata da Iorio.

Nessuno pensa di farne un martire né un capro espiatorio. Non si tratta di abbatterlo con infamia, ha fatto la sua parte reggendo una compagine che gli si è stretta attorno in un abbraccio asfissiante non trovando nessuna guida alternativa. Per ciò stesso non è su una persona che si possano addossare tutte le colpe che sono di un intera compagine né si può cancellare, quasi fosse stato un incidente inessenziale, il voto dei cittadini che lo hanno eletto a loro massimo rappresentante. Nessuno dei candidati ha mostrato di dimenticare questi aspetti fondamentali nel criticare la persona contro cui si concentrerà la battaglia politica, da parte del vincitore delle primarie che avrà l'onere di sostenerla.
Questo spartito comune è stato però interpretato con toni e accenti sensibilmente diversi dai cinque e questo è stato il segnale, concreto e verificabile, di una comunanza di fondo che non cancella le differenze ma non ne fa motivo di divisioni.

2) SONO ENTRATE IN SCENA LE NUOVE FORME DI COMUNICAZIONE VIA WEB (2.0) IL CASO DEL GRUPPO “UNIRE IL CENTRO SINISTRA...”

Il secondo fattore è stato, nessuno si sorprenda, l'irrompere nell'agone delle nuove forme della comunicazione “2.0”, quella interattiva, quella orizzontale, in una parola, quella democratica.
Il caso più visibile e rilevante è stato quello del gruppo di Facebook fondato da Franco Di Biase che lo ha amministrato con Michele Di Giglio e Peppe Spina (“Unire il centro-sinistra. Primarie per novembre 2011!”)
Annovera 800 partecipanti (ad oggi) e un numero imprecisato di visitatori e di “curiosi”. E' perfino uscito dalla dimensione virtuale in una serie di eventi “reali”, ma non ha mai perso di vista il luogo di elezione dell'agire collettivo, il social network.

Mi sento di affermare, a questo punto del cammino, che la durezza dei fatti - di un fatto quale può essere un dibattito aperto, senza veli (che non siano quelli di qualche pseudonimo usato per motivi svariati, non sempre innocenti) che lascia traccia di sé inconfutabile - ha in fin dei conti preso il sopravvento sul gioco delle parole. Ha sconfitto le alchimie di chi era abituato ad usarle, nel mondo reale di una volta, per imbonire gli “astanti”, uditori passivi”, o per inquadrare le milizie, schierate da ordini perentori non soggetti a verifica né controllo dal basso. Ciarlatani e capibastone hanno trovato in quel gruppo un “ambiente ostile”. Per la più banale delle leggi dell'evoluzione, non avendo dimostrato alcuna capacità di adattamento, si sono trovati ai margini, condannati a una malinconica estinzione, senza alcun WWF che li difendesse in nome della biodiversità. Se ne fa volentieri a meno.

E' il miracolo delle primarie, potrebbe pensare qualcuno. Ma da sole non sarebbero bastate. C'è voluto un di più, un moltiplicatore. Questo è stato il gruppo. Complimenti a chi ne ha retto le sorti senza mai venire meno alla regola d'oro dei social network: lascia che lavorino gli anticorpi naturali, non forzare mai, né censure né esaltazioni, lascia che il collettivo trovi il suo equilibrio.
Non sempre la maionese riesce, capita che impazzisca. Non è stato questo il caso. Chi ha provato a introdurre ingredienti indigesti, chi ha sperato di usarlo come aiuto al lavoro di “intelligence” per carpire i segreti dell'avversario, chi lo ha affrontato con l'armamentario classico della propaganda politica, si ritrova ad aver buttato via tempo e energie (se non denaro) ed in qualche caso ad aver fatto la fine dei pifferi di montagna.
Il passaggio delle prossime settimane è quello più delicato. Non per la sopravvivenza del gruppo (ormai la considero garantita almeno fino al 17 ottobre, poi ci sarà da inventare), quanto piuttosto per la qualità e l'efficacia del lavoro collettivo. Se ne riparlerà dopo il 4 settembre.

venerdì 19 agosto 2011

Le elezioni in Molise viste dalla borsa di Hong Kong


[17 agosto - 23 agosto]
Con quello che sta succedendo nel mondo e in Italia sarebbe il momento di allargare lo sguardo dalle vicende molisane e dal tema delle primarie.
Ma se proviamo ad affrontare l'argomento dell'economia mondiale e delle conseguenze sui mercati del diffuso timore di una ricaduta nella recessione, ci troviamo a fare i conti con un problema che ci riguarda da vicino: l'urgenza di liberare il paese dal governo Berlusconi e dalle conseguenze nefaste della sua (non-)politica.
Perché è vero che sul Paese si scarica il peso di una crisi globale ma è anche vero che le conseguenze di una crisi negata, non affrontata, infine fatta pagare ai più deboli si fanno sentire al di là dei nostri confini e pesano sull'economia mondiale.
Sembrerà paradossale, ma se il Cavaliere potrà intestarsi, a metà ottobre, una vittoria nel feudo di Iorio e farsi forte di un recupero di consenso, la soluzione del problema politico italiano si allontanerà nel tempo.
E le conseguenze si potranno sentire anche lontano da noi. Che responsabilità per gli elettori molisani! Ma che rischio per i cittadini italiani, se continueranno le faide autolesioniste del centrosinistra molisano!

PIU' CHE CONTINUARE AD OCCUPARCI DELLE ELEZIONI REGIONALI E DELLE PRIMARIE DOVREMMO ALLARGARE LO SGUARDO A QUELLO CHE STA ACCADENDO NEL MONDO. EPPURE, SEMBRERA' PARADOSSALE, LE ELEZIONI MOLISANE AVRANNO QUALCHE CONSEGUENZA SULL'ECONOMIA NAZIONALE E MONDIALE.

Ci si dovrebbe occupare di quello che sta succedendo in Italia e nel mondo, lasciando per un attimo da parte il tema delle primarie. Voltare pagina n Molise è importante ma nel mondo si assiste ad avvenimenti che possono condizionare il nostro futuro con un peso ben maggiore di una elezione regionale.
Eppure anche le elezioni in Molise possono pesare sugli avvenimenti mondiali. Balle? Vaneggiamento da insolazione agostana? Andiamoci piano, forse avete dimenticato la storiella sulla globalizzazione che si racconta nei licei, il battito d'ali di una farfalla ad Hong Kong può generare una perturbazione atmosferica a Provvidenti. E viceversa: una grandinata a Provvidenti può influenzare il corso della Borsa di Hong Kong. E' un iperbole ma c'è del vero.

COSA ACCADE ALL'ECONOMIA MONDIALE. IL RISCHIO DI UNA SECONDA RECESSIONE, PEGGIORE DELLA PRIMA. GLI INVESTITORI CORRONO AI RIPARI E VENDONO. E PIAZZARE I TITOLI DI STATO COSTA DI PIU'

Per cominciare, guardiamo cosa sta succedendo nel mondo. I mercati fiutano il rischio di una recessione mondiale. Si chiama double dip (in italiano, doppio tuffo, o doppia picchiata) e tecnicamente definisce una situazione in cui il PIL di un Paese (o dell'economia mondiale) scivola in negativo dopo appena un trimestre o due di crescita seguiti a una fase di recessione. L'indice del PIL segna una W, il segnale di allarme è: “la recessione sembrava finita ma ci ricaschiamo di nuovo”.
La Germania non tira come si sperava, i paesi emergenti, che in questa fase sono il motore dell'economia mondiale, rallentano e molti dei paesi sviluppati, a partire dal colosso USA, devono fare i conti con il debito pubblico cresciuto a causa delle massicce iniezioni di denaro nell'economia per sanare i disastri della crisi 2008-2010 sostenendo la ripresa.
Il cuore del problema sta nel cuore dell'Impero (se ancora lo si può definire tale). L'anno prossimo si vota per il Presidente USA e Obama deve convincere gli elettori americani (e i mercati) di aver saputo reagire alla crisi facendo ripartire l'economia. Ma è sotto un attacco spietato da parte dell'estrema destra repubblicana (il movimento dei Tea Party) che, condizionando l'intero partito, vogliono minare la credibilità di Obama anche a costo di minare la fiducia degli investitori nel mondo insieme con quella degli elettori americani del prossimo novembre. La storia ci dice che accadde lo stesso circa tre quarti di secolo fa nei confronti del New Deal di Roosevelt … ma poi scoppiò la 2a Guerra Mondiale.
Nell'incertezza, cosa fanno gli investitori? Vendono titoli. Titoli azionari (o obbligazioni) delle imprese (americane o di altri paesi) che considerano a rischio, in particolare delle banche, e titoli del debito pubblico. O, meglio, accettano di comprarli solo se assicurano rendimenti più alti, così da compensare il rischio di insolvenza.

L'ECONOMIA NAZIONALE SUBISCE GLI EFFETTI DELL'INCERTEZZA SULLA SCENA MONDIALE. MA CONTRIBUISCE ANCHE AD ACCRESCERLA

In tutto ciò, che cosa è successo all'Italia? Che non c'è stata ripresa dell'economia. La doppia W di tutti i principali paesi del mondo da noi è stata una L. Giù a picco e poi fermi. In compenso è aumentato il debito pubblico raggiungendo livelli record.
Ecco perché gli investitori (istituzionali o privati), che avevano “mollato” Grecia, Portogallo e Irlanda, che avevano speso troppo e non riuscivano a rientrare (ma si trattava ancora di piccoli paesi, poco più di una grande regione italiana), hanno cominciato ad “alleggerire” i loro portafogli dei titoli italiani. La Borsa di Milano cadeva assai più delle altre borse mondiali, via XX settembre doveva pagare interessi sempre più alti sulle emissioni dei Buoni del Tesoro.
Fin qui è storia nota, credo. Ma la domanda è: c'è solo un effetto negativo provocato dal rischio di una nuova recessione mondiale su un'economia un po' disastrata come quella italiana? Non è credibile che in parte funzioni anche l'effetto inverso, e cioè che l'Italia sia un paese abbastanza grande da incidere sulla valutazione che il mondo fa del rischio recessione? Che la Germania non tira come dovrebbe, ad esempio, anche per la debolezza di un mercato come quello italiano?
Se la risposta dovesse essere, anche soltanto in parte, affermativa, allora la conseguenza che se ne deve trarre è che il problema politico del nostro paese è un problema che interessa il mondo perché riguarda il mondo. E il problema politico dell'Italia è quello di un governo che si è rifiutato ostinatamente di governare, che ha disprezzato la politica preferendo sostituirla con il mero esercizio del potere, a fini privati. Ma la politica, nel mondo moderno, svolge una funzione decisiva nell'interagire con l'economia. Può farlo positivamente, indirizzando il mercato e le scelte degli attori economici. La favola ultra-liberista che abbiamo ascoltato per alcuni anni, secondo cui il mercato lasciato a se stesso è il più efficiente regolatore delle scelte economiche degli individui, che sappiamo essere miopi se non ciechi in un mondo complesso come quello in cui viviamo, non convince più nessuno, salvo qualche fanatico di cui purtroppo abbiamo ancora qualche esempio nel nostro paese, dalle parti del governo. E' invece la buona politica, quella più alta e più lungimirante, quella riformista e solidale che ha trovato nell'Europa pacificata del secondo dopoguerra il terreno più fertile, che può accompagnare le scelte degli individui miopi o ciechi verso le soluzioni più favorevoli e di più lungo respiro nell'interesse della collettività.
Per converso la politica, se esercitata male, o abdicando a quelle funzioni, può danneggiare un paese, i suoi abitanti, condannandone parti sempre più ampie alla povertà, lasciando degradare i beni comuni, riducendo progressivamente quantità e qualità dei servizi pubblici, deprimendo gli spazi di libertà e di iniziativa (anche economica) dei suoi cittadini.
E' la storia di questo paese negli ultimi dieci anni, che un biennio sfortunato di governo Prodi, debole numericamente e sotto scacco politicamente da destra e da sinistra, ha solo arginato fugacemente ma non impedito.

IL PROBLEMA DI UN GOVERNO CHE NON GOVERNA E DI UNA POLITICA COME ESERCIZIO DEL POTERE A FINI PRIVATI. NON E' PIU' UN PROBLEMA SOLO NAZIONALE MA INTERESSA TUTTA L'EUROPA.

Quel governo è agli sgoccioli, non ha più il consenso della maggioranza del paese. Non l'ha mai avuto, ma ora non ha neppure il consenso della maggioranza relativa di quella parte del paese che va a votare. E la “comunità internazionale” (entità astratta, che sta a indicare soggetti e istituzioni ben identificati) esercita le pressioni che è in grado di esercitare perché, risolvendosi il problema politico italiano, migliorino anche le prospettive mondiali. Non hanno scoperto all'improvviso, dopo l'incredulità e la successiva derisione, fino allo sbeffeggio, che hanno caratterizzato l'atteggiamento del mondo verso il nostro governo, che il problema è serio perché i cittadini italiani che ne sono le vittime pagano un prezzo enorme. Hanno semplicemente soppesato il danno che ne viene anche a chi vive fuori dai nostri confini e nel loro preminente interesse hanno preso ad agire. Per capirci, non si tratta di solidarietà internazionalista, è sempre e solo il sano egoismo dell'homo oeconomicus che oggi corre in nostro aiuto.

ECCO PERCHE' LE ELEZIONI MOLISANE POSSONO INFLUIRE SULL'ECONOMIA NAZIONALE (E PERFINO MONDIALE). SE BERLUSCONI RIUSCISSE A INTESTARSI UNA VITTORIA IN MOLISE LA SUA AGONIA SI PROLUNGHEREBBE NEL TEMPO.

E il Molise che ci azzecca? É solo una farfallina nel vasto mondo.
Vero, ma può garantire qualche mese di sopravvivenza in più al nostro esecrato governo. Se il suo epigono, e sodale, che oggi governa (si fa per dire) questa regione riesce a portare a casa un altro mandato nelle elezioni di ottobre, Berlusconi potrà intestarsi la vittoria e gonfiare il petto davanti al paese e al mondo strombazzando ai quattro venti la sua resurrezione e il recuperato consenso.
Poveri molisani, che responsabilità!

TRE MODI PER IL CENTRO-SINISTRA MOLISANO PER PERDERE LE ELEZIONI E RICONSEGNARE IL MOLISE AL CENTRO-DESTRA

E allora torniamo alle primarie.
Iorio, che sembrava sicuro vincitore, si ritrova ormai a poter giocare poche carte. Tutte dello stesso colore: il colore dell'autolesionismo (che talvolta nasconde sotterranee complicità) di cui ha dato tanta prova il centro-sinistra che gli si oppone.
Per perdere il centro-sinistra ha davanti a se poche possibilità, che corrispondono alle carte in mano a Iorio.
Possibilità n.1. Demotivare i suoi elettori già dalla fase delle primarie, tenendoli lontani dai seggi. Con 5 candidati in lizza non sembra facile, ma non si sa mai. Possibilità n. 2. Delegittimare il risultato delle primarie così da accreditare qualcuno dei perdenti come terzo incomodo. Non facile neanche questa soluzione, non solo perché hanno sottoscritto un codice etico che li impegna a candidarsi a sostegno del vincitore ma perché hanno tutti una storia e un profilo che cozzano vistosamente con una simile prospettiva e non danno l'idea di volerli gettare alle ortiche per un'avventura. Ma anche in questo caso non si sa mai, l'ambizione può fare brutti scherzi.
Infine, possibilità n.3, la soluzione più facile e più sperimentata. Possono affrontare anche questa prova elettorale, come la maggior parte di quelle che l'hanno preceduta, come occasione per regolare i conti al loro interno (e sì che di faide aperte ce ne sono più nel centrosinistra molisano che in tutto l'Aspromonte). Riuscirebbero così ancora una volta a spaventare o a disgustare quell'ampia fetta di elettori, moderati, poco inclini alla rissa e, soprattutto, attenti al merito delle questioni. A quel punto, sommando questa fetta di elettorato a quella, meno numerosa ma molto più rumorosa, di quelli che devono consumare le loro vendette facendola pagare … al candidato di centro-sinistra, chiunque esso sia (ovviamente, a seconda di chi vince le primarie cambia la “famiglia” che dissotterra l'ascia), il risultato numerico può tornare ancora una volta favorevole al centro-destra molisano. E, indirettamente, a Berlusconi.

Ecco dunque come, se non una grandinata, un risultato deludente a Provvidenti e dintorni il 16 e 17 ottobre (passando per il 4 settembre) può ritardare la soluzione del problema politico di liberare l'Italia da un governo disastroso e … ebbene sì, appesantire la fase recessiva mondiale.
Ma il Presidente in carica non si preoccupa dell'andamento di Wall Street. Sa che nessuno dei grandi della terra verrà a ficcare il naso nelle faccende di questa piccola regione. Tanto più che a Hong Kong nessuno ha mai sentito parlare di Provvidenti. Eppure, se sapessero ...

sabato 13 agosto 2011

Con le primarie si comincia a fare chiarezza


[10 agosto - 16 agosto]
Frana la grande illusione berlusconiana e il suo epigono molisano non sta tanto bene.
Le primarie possono risultare il primo avviso di sfratto per Iorio. Se ne sta allargando la percezione e la convinzione ma ancora qualcuno dei candidati dimostra qualche remora a svolgere fino in fondo il suo ruolo dentro questa partita. La tentazione di delegittimarle non è definitivamente archiviata.
Il pretesto è ancora, un po' stancamente, la storia pregressa del candidato Di Laura Frattura.
Mancava il suo profilo: lo tratteggio in questo blog.

I CANDIDATI ALLE PRIMARIE SI STANNO POSIZIONANDO SUL MERITO DELLE SCELTE E DELLE PRIORITA'. LA CAMPAGNA ENTRA DUNQUE NEL VIVO E COMINCIA A SUSCITARE ATTENZIONE

Nel post precedente, la settimana scorsa, mi ponevo la domanda se Paolo Di Laura Frattura potesse essere l'elemento unificante … degli altri 4. Avanzavo come conclusione del ragionamento l'idea che se i 4 non avessero scelto un diverso posizionamento, meno condizionato dal doversi accreditare attraverso la diversità da Frattura, avrebbero corso il rischio di perdere le primarie prima ancora di farle, senza avere peraltro nessun altra via di uscita in caso di sconfitta. La soluzione ventilata dal senatore Astore, una sorta di mela avvelenata offerta con una mossa a sorpresa, un po' incauta, ossia il ritiro, non sembrava un'ipotesi percorribile ed è stata rispedita in effetti al mittente, con più o meno prontezza, da tutti i candidati.
Sembra dunque si possa considerare irreversibile il processo innescato dalle primarie e nessuno potrà muovere un dito per un'ipotesi di terzo candidato (da qualunque lato dello scacchiere politico si affacci) senza essere immediatamente riconosciuto come in combutta con Iorio e pertanto calcolato ai fini delle previsioni finali all'interno di quello schieramento.

NON TUTTI PERO' SI STANNO POSIZIONANDO ALLO STESSO MODO. QUALCUNO SI DIMOSTRA ANCORA TENTATO DALL'IDEA DI TENERE APERTA UNA SOLUZIONE ALTERNATIVA.
CHE LO PORTEREBBE DIRITTO NEL CAMPO DI IORIO

Per dirla tutta, c'è qualcuno, tra i competitor di Frattura, che non ha ancora deciso di entrare senza remore nell'agone delle primarie per giocare fino in fondo quella partita e in quella misurarsi. Mi riferisco a Petraroia, che sembra stia ancora cercando motivazioni e appoggi per prendere le distanze dalle primarie più che per vincerle.
Il tira e molla è un po' stucchevole, ma non può sorprendere chi lo conosce, con la sua spiccata propensione a concepire arzigogoli tattici. Tenere aperte immancabilmente più strade alternative e un numero imprecisato di ipotesi di riserva finisce per confondere le idee agli elettori che, in fondo, chiedono risposte semplici, comprensibili e chiare. Ben pochi hanno in effetti capito le ragioni dell'insistenza cocciuta nella ricerca di un avallo dall'alto quando non si era seguita prima la strada della ricerca di un'investitura di partito dal basso (l'unica peraltro contemplata dallo statuto); né perché abbia preteso che fosse sconfessata dall'alto una strada (quella delle primarie aperte, senza investiture di partito, con candidati provenienti da altri partiti e dalla società civile) che era stata seguita dal PD, con esiti finali vittoriosi, nella quasi totalità dei casi nelle elezioni di primavera; né perché la presa di posizione di Leva a favore Frattura non sia stata contestata sul piano politico, lavorando per costruire consenso su una candidatura diversa, ma presa a pretesto per gridare allo scandalo e per esercitare pressioni sui vertici nazionali perhé pronunciassero una scomunica che non avrebbe avuto alcuna legittimità (e sì che a Torino, con un candidato di nome Fassino, il segretario PD ha appoggiato un altro candidato, poi perdente, senza che su questa scelta si facesse altro che una battaglia politica, quella, sì, più che legittima, senza alcuno scandalo); né si è capita la bizzarria di un profluvio di appelli all'unità cui non ha fatto seguito una convergenza su nessuno degli altri candidati (non c'era solo Frattura in campo, mentre vari dirigenti PD, non solo D'Ambrosio, avevano raccolto le firme necessarie alla candidatura) usando anzi l'argomento dell'anatema di Di Pietro contro D'Ascanio e contro Romano per delegittimarne a priori la candidatura; né perché si sia prestato alla proposta di candidatura avanzata da partiti diversi da quello di appartenenza, nel quale dovrà poi candidarsi in caso di sconfitta alle primarie, presentandola come contributo all'unità, non si capisce più di chi. Sempre che il piano B (o C?) in caso di sconfitta non preveda un passaggio armi e bagagli in un altra formazione politica, magari con giochi di sponda e organizzazione di correnti interne … a correnti esterne. Ne ho accennato nel post precedente e non posso che ribadirlo. Servirebbe linearità di comportamenti, chiarezza nelle proposte (ancora avvolte nel mistero in quanto oscurate dai tatticismi e dai politicismi su cui si è esercitato finora) per misurare credibilità e coerenza. Non ci sarà bisogno di un presidente che passi le notti a concepire tattiche e alchimie ma di uno che passi le giornate ad ascoltare, studiare i dossier, formulare proposte di soluzione. Non un oratore ma un amministratore che si assuma l'onere e la responsabilità di prendere decisioni. Di questo deve dare prova, prima del 4 settembre. Ogni piano B successivo che in caso di sconfitta preveda qualcosa di diverso dalla candidatura nel proporzionale con il PD sarebbe semplicemente inconcepibile e Petraroia, cui non manca intelligenza politica, dovrebbe convincersene, finché è in tempo.

IL CANDIDATO DI LAURA FRATTURA: UN'ANOMALIA, UN “VULNUS” O UNA DIVERSITA' NELL'UNITA'?
HA TITOLO A PROPORSI COME ALTERNATIVA CREDIBILE A IORIO? PUO' SEGNARE UNA LINEA DI DEMARCAZIONE NETTA RISPETTO A QUELLA CULTURA POLITICA E A QUELLA GESTIONE?

Mi sono soffermato sull'unico candidato che non sembra essere ancora del tutto dentro la logica delle primarie perché questo mi sembra ancora l'ultimo freno alla loro piena riuscita, che dipende in sostanza dall'ampiezza della partecipazione e dalla convinzione con cui gli elettori si avvicineranno alle urne aperte il 4 settembre circa la validità e la legittimità democratica della prova cui sono chiamati a partecipare. Convinzione che si traduce, in sostanza, nella scelta di dare seguito all'intenzione di voto per il 16 ottobre votando senza esitazioni il candidato che risulterà vincitore.
E' questa convinzione che i 5 candidati devono infondere anche ai loro sostenitori. E' questa convinzione che il solo Petraroia sembra non voler alimentare. E poiché questa resistenza, sorda e opaca, poggia sempre e solo sull'argomento della provenienza e della storia politica di Paolo Di Laura Frattura sarà bene prendere di petto questo tema, così come mi ero ripromesso di fare già dal post precedente.
Sia chiaro: non intendo portare argomenti a sostegno della tesi che sia lui il migliore dei 5. Sarà ovviamente la cultura politica del lettore a orientare le sue scelte come meglio crede. Intendo però fornire al lettore un profilo essenziale del candidato così come lo ho conosciuto, perché possa compiere con qualche elemento di giudizio in più per compiere le sue scelte, secondo le sue inclinazioni e preferenze.
Me la caverò con poche battute, deludendo forse chi si aspetta una biografia ragionata ma tranquillizzando chi teme uno sproloquio. Risponderò perciò alle domande che più spesso ricorrono sulla persona tra il “popolo di centro-sinistra”.
Non ha mai preso le distanze da Iorio?
Pur avendolo sostenuto undici anni fa, nel suo percorso successivo da presidente della Camera di Commercio ha compiuto atti, pubblici e impegnativi, che, sul piano tecnico, non su quello politico, delineavano chiaramente tutte le argomentazioni che portavano a una sonora bocciatura del suo operato. Senza peraltro compiere atti politici a sostegno di quella Giunta e di quella maggioranza.
Ne condivide i valori?
Ha una cultura imprenditoriale, basata su merito, competizione regolata, pari opportunità, calcolo razionale costi-benefici.
E' una cultura politica di sinistra?
Non lo è perché non ha una cultura politica nel senso proprio del termine: manca nel suo curriculum un retroterra politico. Questa caratteristica, questo limite, se si vuole, lo porta in compenso a giudicare con severità, sgombra dalle ipoteche che dalla politica possono derivare, i costi, le inefficienze e il deficit di legalità che pervadono ampie aree dell'attività politica ed hanno segnato pesantemente l'ultimo decennio (in Italia come in Molise).
Condivide i valori della solidarietà?
Ha una solida formazione nell'alveo della dottrina sociale cattolica.

PUO' VINCERE IL 17 OTTOBRE SE DOVESSE VINCERE IL 4 SETTEMBRE?

La sintesi di queste valutazioni mi porta a dire che è credibile quanto al programma che presenta.
E' un programma condivisibile?
A questa domanda non devo rispondere io ma il lettore in base agli elementi di conoscenza che il candidato Di Laura Frattura fornisce. Potrà convincere più o meno elettori di centro-sinistra, ha comunque titolo a rivolgersi a loro. Aggiungo: e solo a loro. Il giudizio verrà il 4 settembre.
Infine: se vince, può battere Iorio e far voltare pagina in modo chiaro e netto alla politica molisana?
Sì, tanto quanto ciascuno degli altri quattro una volta che esca/escano vincitori dalle primarie.
Faccia questa “professione di fede” ciascuno degli elettori che si recheranno a votare per le primarie il 4 settembre e un grande passo sarà stato compiuto verso la vittoria il 17 ottobre.

venerdì 5 agosto 2011

I cinque candidati alle primarie. Un'profilo

 [3 agosto - 9 agosto]
E' giunto il momento di prendere in esame le candidature alle primarie.
Non è lo scopo di questo blog fare campagna elettorale. Almeno adesso. Verrà il momento, quando si tratterà di sostenere nella campagna di settembre-ottobre il candidato vincitore delle primarie.
Mi sembrerebbe però una forma di reticenza non sviluppare qualche ragionamento sui cinque in lizza. Senza nascondere propensioni né critiche, del tutto personali. Cercherò di mettere in evidenza soprattutto le prime, perché lo scopo ultimo è convincere gli elettori che, chiunque vinca, merita di essere il nostro candidato.
Partendo da una constatazione: la campagna per il Molise è diventata una questione nazionale. E' la prima prova elettorale a carattere politico dopo le amministrative di primavera e dopo l'attacco speculativo d'estate, che da fronti diversi stanno mettendo al tappeto la grande illusione berlusconiana.
Il premier vorrebbe ripartire dal Molise. I molisani vedranno quindi schierata tutta la poderosa macchina del consenso del governo nazionale. E' stata sconfitta a Napoli e Milano, può esserlo anche in Molise. Dipende dai molisani

LA CAMPAGNA PER IL MOLISE È DIVENTATA UNA QUESTIONE NAZIONALE. E' LA PRIMA PROVA ELETTORALE A CARATTERE POLITICO DOPO LE AMMINISTRATIVE DI PRIMAVERA E L'ATTACCO SPECULATIVO D'ESTATE CHE DA FRONTI DIVERSI STANNO METTENDO AL TAPPETO LA GRANDE ILLUSIONE BERLUSCONIANA

I segnali sono eloquenti. La data delle elezioni è stata anticipata di circa un mese rispetto al normale andamento della legislatura regionale (e alla prassi consolidata) per mettere i bastoni tra le ruote del centro-sinistra comprimendo i tempi delle primarie e costringendo a una rincorsa affannosa per le inevitabili trattative politiche che faranno seguito al risultato delle primarie. Lo sblocco dei fondi FAS non si può dire che sia stato motivato dall'intenzione di fare un favore soltanto a Iorio né principalmente a lui, ma evidentemente tempi e modi miravano a favorirlo. Ma anche i piccoli particolari contano. Le Regioni si ribellano all'inasprimento dei ticket per la sanità e avanzano una contro-proposta: tassiamo di più il fumo. Il dispaccio Ansa, che sarà ripreso da tutta la stampa nazionale, attribuisce la dichiarazione (a nome delle Regioni) al Presidente del Molise...
Se questo è il mattino abbiamo capito che tempo farà per tutta la giornata. Aspettiamoci effetti speciali e fuochi d'artificio. Ma c'è un ma, che potrebbe ritorcersi contro i piani della falange armata del centro-destra. L'elettorato molisano, che non è stupido né ignorante (anche se a volte ama dipingersi come tale) sta prendendo le misure e sta ragionando. Tutto questo spiegamento di forze è un chiaro segnale di paura:ma allora, la domanda viene spontanea, tutta la spavalderia di una coalizione che, dopo la vittoria di De Matteis, dichiarava di potersi spostare negli stabilimenti balneari risparmiandosi la fatica di una campagna elettorale, era fumo negli occhi? Gli scricchiolii che, perfino nella vittoria al primo turno, avevano segnalato nei centri maggiori della provincia di Campobasso un “ripensamento” dopo le vittorie alle comunali non erano da prendere sotto gamba!
Se si considera che l'handicap che più di tutto aveva pesato sulla risposta elettorale del centro-sinistra era dato dalla scarsa fiducia in se stessi dopo la batosta del 2001, un po' di recupero di sana autostima non fa male.
Il problema è che la crisi di fiducia, ad essere precisi, non era verso se stessi ma verso i propri rappresentanti. E' cambiato qualcosa da questo punto di vista?
Ce lo diranno le primarie. Il numero dei partecipanti, innanzi tutto. Le reazioni al risultato del voto, poi. Ma, visto che qualche esperienza di primarie in Molise si è fatta negli ultimi anni, senza che portasse poi a un risultato positivo alle “secondarie”, c'è qualche segnale che questa volta possano avere un esito diverso. Un'attenzione più viva, amplificata da un uso senza precedenti del web e dei social network, una rosa di candidati che copre quasi interamente - e comunque ad ampio spettro - l'arco delle posizioni politiche che si riconoscono nel centro-sinistra: anzi, il malumore nasce e si alimenta, una volta tanto, per un arco troppo ampio anziché per una rosa un po' asfittica.

Gira e rigira, quello che si può dire ora riguarda prevalentemente due aspetti: il potenziale di consenso che i candidati possono esprimere; il potenziale di coesione che possono apportare alla coalizione sia in caso di vittoria che in caso di sconfitta.
Ragioniamoci sopra.

DI CINQUE CANDIDATI, BEN TRE PROVENGONO, COME ME, DALLA CGIL. E COME ME SONO TRANSITATI O MILITANO ATTUALMENTE NEL PD.
D'ASCANIO E' QUELLO CHE HA ALLE SPALLE LA PIU' LUNGA ESPERIENZA AMMINISTRATIVA E L'UNICO PASSATO PER PROVE DI GOVERNO.
GODE DELL'APPOGGIO DELLA SINISTRA “CLASSICA”. SAPRA' RAPPRESENTARLA ANCHE IN UN RUOLO DI GOVERNO?

Partirei con i candidati le cui radici affondano nello stesso humus in cui sono cresciuto fino a un tempo abbastanza recente, il sindacato, la CGIL. Sono tre.

Quello che ha preso per primo la strada della politica è Nicola D'Ascanio, che ho conosciuto già sindaco di Montenero quando sono arrivato a dirigere la CGIL Molise nel 1994. Dei cinque è quello che vanta una più lunga esperienza politico-amministrativa e l'unico che sia passato per prove di governo: è il suo potenziale punto di forza ma proprio per quella esperienza è allo stesso tempo quello che paga più degli altri i vizi, gli errori, le manchevolezze del centro-sinistra molisano negli anni della regressione, tra il 2000 ed oggi. Da amministratore (Assessore Regionale e Presidente di Provincia) e da oppositore di Iorio in Consiglio Regionale.
Indubbiamente può raccogliere un consenso sia in virtù del suo operato di amministratore (in particolare nella provincia di Campobasso) sia - ancor più - perché sta diventando il punto di riferimento di una buona fetta della sinistra “classica”: quella ex PCI che non si è riconosciuta nel PDS, quella ex PDS che non si è riconosciuta nei DS, quella ex DS che non si è riconosciuta nel PD. E' un'area di consenso che potrebbe portarlo a vincere le primarie … se solo non fosse anche l'area che esprime più malcontento per le primarie in sé. Rischia perciò una reazione di rigetto da parte degli elettori che stanno attenti a valutare il potenziale di coesione che i candidati apportano.
Si considera danneggiato, da questo punto di vista, anche dall'anatema di Di Pietro contro chi lo ha tradito ma, in realtà, a fronte di primarie vinte con un'alta partecipazione, quell'anatema si rivelerebbe quasi certamente un bluff. Lo danneggia molto più il sostegno (fin qui blandito senza distinguo né esitazioni) di quella parte che lo esorta, in caso di sconfitta alle primarie, a presentarsi comunque come terzo candidato, a sinistra. Per punire il centro-sinistra che non vince, facendo tutto il possibile perché non vinca neanche stavolta.
Ha ancora davanti a sé un riposizionamento strategico, per proporsi come punta di diamante di un asse anti-Iorio che sia però anche unito e coeso, che potrebbe rilanciarlo nella corsa per le primarie. Erano in pochi a considerarlo probabile ma le mosse più recenti sembrano indicare una scelta netta a favore dell'ingaggio nelle primarie e dell'unità della coalizione.

D'AMBROSIO, UN PROFILO DIALOGANTE. GODE DI UNA STIMA E UNA FIDUCIA PERSONALE. SAPRA' MARCARE LA DISTANZA DAL GOVERNO IN CARICA SENZA PERDERE QUEL PROFILO, SENZA RINCORRERE A SINISTRA?

Di Antonio D'Ambrosio ho poco da dire. Lo considero un amico, il primo molisano che ho incrociato nelle sedi nazionali della CGIL, il primo con cui abbia condiviso iniziative di respiro nazionale in Molise. Quando sono arrivato a dirigere la CGIL era già in politica e l'ho festeggiato dopo pochi mesi come Presidente del Consiglio Regionale. Al contrario di D'Ascanio ha seguito senza deviazioni il percorso che ha portato dal PCI al PD ed ha sempre mantenuto un profilo dialogante, un “costume” politico lontano dagli estremismi e dai settarismi. Non si può dire però che questo profilo gli abbia giovato: oltre a pagare il peso degli anni della regressione, come avvenuto per D'Ascanio, ha dovuto scontare un'immagine poco netta a fronte di un potere sempre meno presentabile e sempre più sordo alle reali necessità dei cittadini molisani, rispetto al quale si chiedeva altrettanta nettezza del proporre un profilo alternativo.
La sua base di consenso è in gran parte collegata a una stima e a una fiducia personale in settori anche significativi della società molisana. Difficile valutarne il peso elettorale, ha comunque dalla sua un potenziale di coesione unitaria con ogni probabilità superiore a quello degli altri 4. Purché non si faccia tentare dall'idea di inseguire la protesta per recuperare quella credibilità, come portatore di un'alternativa netta, che è il suo punto debole.

PETRAROIA. UN PROFILO ATTENTO AL TERRITORIO, AGLI INTERESSI. UN ATTEGGIAMENTO “RIVENDICAZIONISTA” MUTUATO DALL'ESPERIENZA SINDACALE. DOVRA' TRASFERIRE LE RIVENDICAZIONI SUL PIANO PROPOSITIVO SENZA CONCESSIONI AI “PEGGIORISTI”

Michele Petraroia è il più giovane. Quando, ormai dodici anni fa, ho lasciato nelle sue mani il timone della CGIL era il più giovane segretario generale regionale d'Italia. Avrebbe potuto rappresentare una risorsa per la CGIL anche al termine del mandato, probabilmente anche fuori dai confini regionali. Ha preferito anticipare l'uscita, verso la politica. Pensava probabilmente di trasferire sul piano politico il consenso di area CGIL ma non ha funzionato. In compenso, ha saputo guadagnare consensi in altre aree mantenendo un profilo attento alle esigenze del territorio e un metodo, che definirei rivendicazionista, mutuato dall'esperienza sindacale.
A differenza di quanto avviene nel conflitto di lavoro, tuttavia, le rivendicazioni politiche non danno luogo a un negoziato palese e non trovano sintesi in un accordo formale: forse è proprio questa caratteristica a rendere difficile una “capitalizzazione” in termini politici del consenso dei portatori degli interessi per la cui tutela ci si impegna. Inoltre porre l'accento sulle rivendicazioni rende meno visibili le capacità di governo, di sintesi, di soluzione dei problemi, quelle capacità su cui si è invece cimentato - e sottoposto al giudizio degli elettori - chi ha avuto responsabilità amministrative e di governo.
Questo non toglie che possa godere di un consenso popolare derivante dalla fiducia conquistata con l'attivismo sul campo per la tutela degli interessi in sede politica, anche perché l'aver vissuto una sola legislatura lo danneggia meno rispetto a chi è in politica da più tempo. A questo consenso si può aggiungere quello derivante dall'incarnare (pur in una situazione di grande confusione, su cui mi sono soffermato nel precedente post su questo blog) l'opposizione interna al PD verso il segretario regionale, oltre che quello della parte della “sinistra classica” che non si riconosce in D'Ascanio.
Il tratto distintivo rispetto a quest'ultimo dovrebbe stare proprio – almeno sulla carta - nel non prestarsi a derive “peggioriste”, che non appartengono alla sua cultura politica, anche se si sono dovute registrare tra i suoi supporter prese di posizione perfino più disfattiste e distruttive di quelle dell'area più estrema in appoggio a D'Ascanio.
Non dovrebbero arrivare a inficiare il potenziale di coesione che gli può essere riconosciuto ma gli saranno richieste certamente prese di posizione più nette per combattere queste forme di autolesionismo.

MASSIMO ROMANO: PUNTA AD INTERCETTARE L'ONDATA DI PROTESTA CONTRO LA MALA POLITICA. DEVE RIUSCIRE A TRADURLA IN CAPACITA' DI GOVERNO. ALTRIMENTI, SARA' INEVITABILMENTE TENTATO DALL'IDEA DI CHIAMARSI FUORI.

I due candidati che non provengono dalla storia PD (né CGIL) li conosco da assai meno tempo ma posso dire di aver avuto modo di conoscerli abbastanza a fondo entrambi.
Il più giovane tra i candidati, Massimo Romano, è quello a cui viene riconosciuta in genere la maggiore determinazione nell'incalzare l'operato del governo Iorio in quest'ultima legislatura in cui sedeva nei banchi dell'opposizione in Consiglio. Ha marcato meno presenza sul campo rispetto a Petraroia, forse, ma, anche per la sua preparazione giuridica, ha dimostrato una maggiore capacità di individuare e denunciare gli episodi di mala amministrazione che si sono susseguiti nel corso di questi anni, tanto da farsi una fama di “giustizialista” che, con intelligenza, sta riuscendo a trasformare in un suo punto di forza oltre che in un tratto distintivo riconoscibile, importante per una campagna elettorale.
Il suo consenso è, sì, di opinione ma si giova del diffuso malcontento verso le distorsioni della politica, che sta montando in un paese sfibrato e impoverito da un governo nazionale che ha fatto dell'interesse privato nei pubblici uffici la sua ragion d'essere. Trovando degni epigoni in Molise.
Si ripropone per Romano la questione del potenziale di coesione. Come nel caso di D'Ascanio sembrerebbe danneggiarlo l'anatema di Di Pietro ma ha saputo soppesarne il potenziale effettivo, rendendosi conto meglio di altri del fatto che si potrebbe rivelare un bluff (se le primarie vedessero un'ampia partecipazione popolare). Ha mostrato dunque la capacità sfidare l'anatema. Da questo punto di vista però il suo punto debole potrebbe risiedere proprio nell'aver coltivato il consenso dell'area più radicale (il paragone che viene fatto da più parti è quello con il movimento dei grillini) lasciando che assumesse i toni della separatezza più ancora di quelli della diversità. Al punto che anche dalle sue file sono affiorate minacce di “terzismo”, ventilando l'idea di correre da solo “a prescindere”, facendo sponda anche con chi ha contestato le primarie stesse sin dall'inizio rifiutando di parteciparvi (non lo ha fatto solo Di Pietro ma anche il movimento del senatore Astore e il Partito della Rifondazione Comunista).
Anche nel suo caso dunque, tra qui e le primarie, si dovrà verificare se il posizionamento tenderà a collocarsi più verso l'area della protesta o se tornerà nell'alveo del percorso delle primarie. Le sue ultime prese di posizione lasciano intendere che propende nettamente per questa seconda. Con questa scelta può  tornare in corsa come candidato dal potenziale di coesione oltre che di consenso, con tutte le carte quindi per competere per la vittoria e non solo per la bandiera.

DI LAURA FRATTURA PUO' ESSERE IL FATTORE UNIFICANTE ... DEGLI ALTRI QUATTRO. UN MODERATO CONTRO LA “SINISTRA DOC”? LE PRIMARIE POTREBBERO SERVIRE A CERTIFICARE I RAPPORTI DI FORZA TRA CENTRO E SINISTRA. OPPURE LA SINISTRA (O, COMUNQUE, GLI ALTRI QUATTRO) POTREBBERO ESSERE TENTATI DI ROVESCIARE IL TAVOLO. QUESTO SEMBRA ESSERE IL DILEMMA. MA E' DAVVERO UNO SCONTRO TRA CENTRO E SINISTRA? DI QUALI INTERESSI E DI QUALI VALORI E' PORTATORE DI LAURA FRATTURA?

Paolo Di Laura Frattura, in questo quadro, è quello che potenzialmente potrebbe riunire … gli altri 4.
C'è però un grosso problema. Se i 4 si uniscono nel distinguersi dal candidato proveniente dall'area moderata (o più semplicemente moderato, o centrista) le chances di ciascuno di loro sono scarse, quanto a una vittoria nelle primarie. Questa considerazione rischia di esporli, se restano tutti in lizza, uniti solo dalla contestazione a Frattura e dal conseguente posizionamento politico, alla tentazione di far saltare il tavolo a risultato conseguito. Petraroia e D'Ambrosio dovrebbero sottrarsi alla tentazione ma non mostrano finora di voler combattere fino in fondo questa deriva tra i loro fan.
Sarebbe poi per tutti loro addirittura autolesionistico puntare sull'unica arma efficace per delegittimare le primarie, la bassa partecipazione: ne pagherebbero infatti tutte le conseguenze visto che diminuirebbe proprio la partecipazione in loro favore. Dovrebbero piuttosto ritirarsi dalle primarie: a favore di uno solo? A questo sembra averli sfidati, con una mossa un po' sorprendente e forse un po' incauta, il senatore Astore. Per qualcuno sarebbe il modo migliore per legittimare ancor più le primarie, ma a beneficio di chi? Altrimenti: ritirarsi tutti e quattro? Tanto varrebbe dichiarare di aver varcato il confine e di esser passati in campo avverso. Senza neppure i benefici che il campo avverso riconosce in questi casi.
Non sembrano ipotesi percorribili. Starà dunque a ciascuno di loro ripensare a fondo se la caratterizzazione in negativo su Frattura sia il modo migliore di condurre la campagna per le primarie. Ma per questo ripensamento può servire mettere a fuoco la persona Di Laura Frattura, il suo profilo e le sue motivazioni. E' rimasto per ultimo ma vorrei lasciare per un po' col fiato sospeso i miei quattro lettori. Non lo conosco da lungo tempo e non ho quindi la presunzione di conoscerlo a fondo. Ho avuto però l'occasione di scandagliarne da vicino le motivazioni e il retroterra culturale. Credo dunque di poterne fornire un ritratto che, almeno per chi non lo conosce, può colmare qualche lacuna e fornire qualche spunto di riflessione.

Il seguito alla prossima puntata, ben presto.