giovedì 7 luglio 2011

Oltre le primarie. Quale futuro per il Molise?

[6 luglio-12 luglio]
Nonostante l'imminenza della conclusione della fase iniziale del percorso delle primarie del csx, proviamo a parlare del Molise futuro.
A partire dal lavoro.
Si può combattere la precarietà.
Ci sono le ricette.
La Regione può svolgere un ruolo decisivo.
Bisogna crederci. Occorre che i candidati alle primarie sappiano scaldare i cuori ed aprire una speranza, in particolare nei giovani.

PRIMARIE. GIORNI FINALI DELLA PRIMA FASE. RESPINGERE LE TENTAZIONI DI TORNARE INDIETRO SULLA DECISIONE. SONO UN PASSAGGIO FONDAMENTALE

A una settimana dalla chiusura dei termini per depositare le candidature alle primarie del centro-sinistra per la Regione Molise, si può parlare d'altro. Del tema delle primarie si è occupato già il blog precedente, a proposito degli appelli a ricercare la massima unità del fronte del cambiamento.
Appelli sacrosanti, finché non giungono a mettere a repentaglio le stesse primarie. Perché cercare la massima unità a partire dal risultato che si punta ad ottenere con le primarie - la saldatura di un ampio fronte di centro-sinistra unito - è un conto; cercarla, mettendo sul piatto la rinuncia a questo passaggio, che non è solo uno sterile esercizio di democrazia formale ma un passaggio fondamentale per far crescere la partecipazione degli elettori e per legittimare con il voto popolare la rappresentatività dei potenziali candidati, è tutt'altra cosa.
Fissati con chiarezza questi vincoli, vada pure avanti il lavorio per l'unità. Non lasciare nulla di intentato e, soprattutto, sollecitare la massima adesione dei potenziali elettori al significato genuino di questo momento di democrazia e di ricerca di unità. Ogni strada deve essere perseguita per trovare il candidato che meglio risponde alle esigenze di un nuovo governo regionale ma soprattutto per creare le necessarie basi di consenso per il cambiamento. Che non sarà un cambiamento tutto rose e fiori. Che richiederà consapevolezza, senso di responsabilità e perfino una più alta sensibilità etica per il bene comune da parte di tutti. Dei candidati innanzi tutto, ma anche degli elettori, che dovranno essere sollecitati a scegliere in base a una considerazione degli interessi generali sul lungo periodo, con un occhio finalmente rivolto al futuro, rompendo il guscio del voto si scambio, piuttosto che in base all'interesse egoistico di corto respiro.

VINCERE LA DIFFIDENZA PER I DISCORSI SUI PROGRAMMI

Partendo da qui, occorre vincere la resistenza, qualche volta la diffidenza, nei confronti dei discorsi sui programmi. Non si tratta di esercitarsi su belle parole, disegni fantasiosi, promesse a buon mercato. Chi si candida a governare ha il dovere di spiegare ai suoi potenziali elettori che idee ha in mente per il Molise del futuro e quali impegni si sente di assumere per avvicinarsi a quell'obiettivo. Solo così potrà indicare con chiarezza quali saranno gli impegni che saranno richiesti agli stessi cittadini. Che non saranno chiamati a votare per decidere di auto-flagellarsi ma per valutare razionalmente e consapevolmente quali potrebbero essere i costi impliciti di un programma che risollevi le sorti di questa regione e che quindi possa portare, in tempi certi (anche se non immediati) e su basi credibili, benefici tangibili nonché misurabili.

E' un discorso astruso? E' latinorum per i gonzi? Se così fosse percepito sarebbe il fallimento di una politica di cambiamento.
Proviamo invece a immaginare che su queste basi si possa costruire una ricerca di consenso solida e proiettata nel futuro.
Parliamo della rete delle infrastrutture, Parliamo dei servizi alla persona, dalla sanità alla scuola, dall'assistenza sociale alla previdenza. Parliamo dell'ambiente e del territorio, delle ricchezze comuni, dei beni che costituiscono il patrimonio condiviso di una comunità e del loro uso. Parliamo della cultura e dell'informazione, delle reti su cui viaggiano e si alimentano. Parliamo del lavoro.

AFFRONTARE INNANZI TUTTO IL TEMA DEL LAVORO E DEL CONTRASTO DELLA PRECARIETA'. SVELARE LA GRANDE MENZOGNA SULLA FLESSIBILITA'

Su quest'ultimo tema, anche per deformazione professionale, vorrei soffermarmi per un po', provando a rivolgermi anche ai non addetti ai lavori, ai soggetti direttamente investiti da questo grande tema e non solo a coloro che si ritengono deputati ad affrontarlo professionalmente.

A tutti costoro credo abbiamo il dovere di rivolgerci (intendo dire, noi che abbiamo fatto del tema del lavoro la nostra ragione di impegno civile e sociale, militando nel campo democratico, di centro-sinistra) svelando innanzi tutto di quale menzogna e di quale raggiro siano stati vittime.
A partire, in special modo, dal 2001, mentre si scopriva in tutta la sua importanza il tema del mercato del lavoro e della sua iniquità (pochi occupati, per di più con forti discriminazioni ai danni di donne, giovani e meridionali) si perdeva di vista la qualità del sistema produttivo che il lavoro doveva crearlo (e richiederlo). Peggio: si è fatto leva sulle misure rivolte al mercato del lavoro, attorno a cui si sono scatenate vere e proprie guerre di religione e si sono dipanate strategie di disarticolazione delle rappresentanze sindacali, per distogliere l'attenzione dalle scelte di fondo riguardanti la produzione, l'organizzazione del lavoro, la capacità di innovazione (di prodotto e di processo) e in definitiva sulla via che le imprese sceglievano per reggere l'urto della competizione globale.
Si sono abbandonate a se stesse le imprese che scommettevano sulla modernizzazione (la cosiddetta via alta alla competitività) e si è scelto di sostenere con grande dispiegamento di mezzi la parte che restava più indietro. Al punto che si è spacciata per riforma del mercato del lavoro una congerie di interventi, accomunati esclusivamente dall'obiettivo “riformatore” di “eliminare le rigidità al margine”: in altre parole, interventi finalizzati ad abbassare il costo del lavoro. Ne è derivato, come conseguenza inevitabile un abbassamento della qualità del lavoro così come della produttività e quindi della competitività.
E' così che l'obiettivo di mettere l'impresa in condizione di rispondere velocemente ai mutamenti del mercato (l'”adattabilità” richiesta dalla strategia europea per l'occupazione, concepita quando l'Europa era governata da 22 governi di sentro-sinistra su 27) si è via via corrotto nella ricerca dell'abbattimento del costo del lavoro a parità di prestazione.
Invece, a tutti i livelli, a partire da quello regionale e territoriale dove il problema concretamente si pone, si deve tornare a considerare che l'adattabilità della produzione, in quanto comporta maggiore impegno e maggiori oneri per il lavoratore, deve trovare un corrispettivo in una maggiore remunerazione: non in una minore, come invece è avvenuto. Occorre perciò modificare il sistema delle convenienze in direzione contraria a quanto fatto negli ultimi dieci anni. Senza considerare che in Molise il tema si era posto anche prima, sin dal 1994 quando alla Fiat di Termoli si erano introdotti i 18 turni senza contropartite.

Ora, due devono tornare ad essere le forme di contratto di lavoro subordinato: una, la forma normale, quella a tempo indeterminato, l'altra, in condizioni particolari, quella a termine (o a tempo determinato). La somministrazione (il lavoro temporaneo o interinale) sta dentro questo schema e configura una particolarità del rapporto commerciale tra datore di lavoro e agenzia, non la sostanza del rapporto di lavoro con il dipendente, che resta in una delle due categorie e deve costare di più di quello standard. Si dà poi un caso particolare di contratto a tempo determinato che è quello di apprendistato, in quanto contratto a contenuto formativo. Tutto il resto, tutta la pletora di invenzioni che si sono accumulate di "riforma" in "riforma", al di là del fatto che lasciano in gran parte il tempo che trovano, servono solo a creare cortine fumogene sulla sostanza del rapporto di lavoro.

Svelare questa menzogna e aggredire il problema della precarietà significa anche costruire un insieme di misure, dal livello nazionale a quello locale, passando per il ruolo fondamentale che a questo riguardo possono svolgere le Regioni, che siano in grado di contrastare la fonte inesauribile di precarietà insita nel ricorso a forme spurie o elusive di rapporti di lavoro autonomo, che lavoro autonomo non sono. La scelta a questo proposito deve essere rigida e rigorosa, andando alla sostanza. Retribuzione, contribuzione e diritti, in questi casi, devono essere allineati al lavoro subordinato.

SULLA LOTTA ALLA PRECARIETA' LA REGIONE PUO' FARE MOLTISSIMO

Si può fare. E' tutto il contrario delle facili promesse di tanti mini-contratti di lavoro parasubordinato, in barba ai minimi salariali e ai diritti fondamentali, promessi a piene mani per acquisire il consenso a buon mercato dei giovani che si ritrovano senza una qualunque prospettiva stabile e credibile per il loro futuro lavorativo, quindi per la loro vita futura.
La via alternativa per qualcuno è consistita nel cercare di contrattare una qualche percentuale e di spartire la torta ... delle promesse. Se sono promesse da niente, sarà una percentuale di zero. 
La via alternativa su cui puntare è un'altra e consiste nel prospettare un diverso futuro.

I fondi che servono ad alimentare queste basse clientele senza prospettiva e senza nessuna solidità di base, potrebbero essere utilizzati per mettere in moto processi virtuosi di creazione di lavoro vero, stabile perché fondato su prospettive credibili, su capacità professionali e su motivazioni a prova di bomba. In altre parole, per favorire la nascita di imprese, soprattutto giovani, che offrano lavoro in grado di garantire un futuro. Lavoro che non sia solo una misera merce di scambio per un beneficio immediato, che nasce e si esaurisce nel tempo presente di una tornata elettorale.

Non si dica che tanto vince la clientela, il voto di scambio, la sottomissione e l'umiliazione delle persone. Non è mai stato vero, ma se per un periodo della storia di questa regione, beneficiata da un flusso di fondi senza precedenti e probabilmente irripetibile, si è fatta strada, tra chi governava, l'idea che si potesse illudere la maggioranza dei cittadini, quel periodo è chiuso e si tratta di tornare a pensare in termini reali, concreti, a un futuro che presenta infiniti ostacoli ma rimane alla portata.

Che i candidati in lizza per cambiare rotta sappiano scaldare i cuori ed aprire una speranza, in particolare nei giovani che vedono le loro grandi, preziose energie frustrate da una politica sorda e miope.