domenica 12 giugno 2011

5) Un nodo da sciogliere. Privatizzazioni e beni comuni

[8 - 14 giugno]


PER UN RILANCIO DEL SERVIZIO PUBBLICO, COMBINANDO EQUITA' ED EFFICIENZA
Il tema dell’acqua merita un approfondimento particlare.
Non tanto, credo, per ciò che riguarda la norma che prevede un profitto minimo garantito: una sorta di certificato di autenticità della firma berlusconiana sul disegno di privatizzazione dell’acqua.
Merita invece qualche attenzione in più l’altro quesito, quello su cui del resto si manifestano divisioni nel centro-sinistra (con autorevoli esponenti schierati per il no).
In un'ottica che punti ad affermare un'altra politica – e non solo ad abrogare – sarebbe sbagliato liquidare come sbagliata la preoccupazione che il no alla norma sul ricorso ai privati ci riporti indietro ad un modello di gestione pubblica costoso e inefficiente, che dobbiamo invece metterci alle spalle. Ma la questione con cui si devono fare i conti e che mi porta a sposare senza riserve la causa del SI al quesito è di diversa natura. Chiama in causa un modo sbagliato e miope di affrontare la questione delle privatizzazioni che ha caratterizzato anche molte decisioni dello schieramento di centro-sinistra e di cui oggi il paese paga le conseguenze, nel momento in cui su quegli errori si è innestata la politica di rapina del governo Berlusconi.
La paga anche in specifico il centro-sinistra che ha perso molti punti in tema di credibilità quanto a capacità di gestire processi delicati di democratizzazione dei processi economici.

Questa affermazione richiederebbe uno svolgimento di un certo respiro, fuori luogo in questa sede. Si possono però richiamare alcuni passaggi fondamentali.
1) La privatizzazione di alcune produzioni di beni e servizi in mano pubblica deve rispondere al criterio di sottoporre quei processi al vaglio e alla pressione di un mercato concorrenziale al fine di aumentarne l’efficienza (minori costi a parità di prodotto) e quindi di abbassarne i prezzi per il cittadino utente.
2) Condizione chiave per questo disegno è l’esistenza di un mercato concorrenziale. Laddove questo esista, si dà la possibilità di farvi ricorso sia per cedere la proprietà pubblica a privati sia per aprire il mercato, ferma restando la proprietà pubblica, ad altri concorrenti (pubblici o privati).
3) Come si vede, il passaggio ai privati non è mai obbligato. Deve anzi essere interdetto, quando il mercato non sia concorrenziale, mentre resta una opportunità (non un vincolo) quando lo sia.
4) Si deve poi (avvertenza importante) aver ben chiaro che quanto maggiore è l’inefficienza del processo di produzione di proprietà pubblica che si vuole affidare a mani private, tanto maggiore sarà il rischio che il privato tragga vantaggio da quella condizione di partenza (sfruttando eventuali limiti alla concorrenza di mercato) e riesca ad applicare un prezzo maggiore di quello che teoricamente rappresenterebbe l’ottimo, realizzando quindi extra-profitti (anche di grande entità).
5) Ultimo corollario, importante per il caso della distribuzione dell’acqua. Quando si tratta di processi produttivi che richiedono rilevanti investimenti in rapporto all’unità di prodotto (per le economie di scala che consentono) è probabile che possano competere sul mercato solo grandi imprese e che il mercato sia quindi tendenzialmente ristretto a pochi soggetti. Data la struttura dimensionale delle imprese italiane (poche aziende di grandi dimensioni, dimensione media delle imprese molto piccola) è probabile che in questo caso il settore sia invaso e dominato da grandi società estere, di paesi (come ad esempio la Francia) con una diversa struttura dimensionale e con un peso maggiore delle grandi imprese (se non di veri e propri monopoli, privati o di Stato).
Ho cercato di riassumere alcuni concetti fondamentali di teoria economica che un governo ispirato da un disegno riformatore non dovrebbe assolutamente ignorare.
Le privatizzazioni, nel centro-sinistra, hanno però fatto attenzione più al diritto (e ai principi astratti) che all'economia cosicché non pochi settori oggetto di privatizzazione hanno subito le conseguenze di una scarsa considerazione per i concetti che ho appena esposto. Quello dell’acqua è tra i più evidenti - con energia, trasporti aerei e ferroviari, gestione delle emergenze e dei grandi rischi, armamenti. In ognuno di questi settori si è assistito a una penetrazione massiccia dall’esterno, ovvero alla proliferazione di un tessuto affaristico in simbiosi con il potere politico, per spartire una grande torta rappresentata dagli enormi extra-profitti garantiti dall’assenza di un mercato degno di questo nome.
Anche qui, per concludere, votando SI non intendiamo arrenderci e rinunciare alla democratizzazione dell’economia per tornare alle inefficienze di un sistema pubblico sottratto a qualsivoglia controllo di efficienza e di efficacia. Vogliamo al contrario riprendere quella strada di riforme economiche di cui il paese ha sempre più bisogno nell’interesse dei suoi cittadini, in particolare di quelli meno fortunati, emendandoci dagli errori commessi e guidando perciò con mano ferma quei processi senza cedere alle pressioni affaristiche e agli egoismi corporativi.