giovedì 30 giugno 2011

Il clima giusto per le primarie non c'è ancora

[29 giugno - 5 luglio]
La convocazione delle primarie del centro-sinistra è una buona notizia, ma ora non si può sbagliare.
Questa l'apertura del post precedente. A una settimana di distanza si profila qualche candidatura che abbia i numeri per vincere le elezioni, dopo aver vinto le primarie?
Proviamo a rispondere passando in rassegna le ipotesi di candidatura a meno di dieci giorni dalla scadenza per la raccolta delle firme.
E i programmi? E il cuore della svolta? Chi sta pronunciando parole chiare su lavoro e sviluppo, su ambiente e territorio, sulla legalità?
La strada da percorrere è ancora tanta. Ed è in salita

IL CLIMA GIUSTO PERCHE' LE PRIMARIE DEL CENTRO-SINISTRA IN MOLISE SIANO UN SUCCESSO NON C'E' ANCORA

Nel post precedente abbiamo salutato come una bella novità e un ottimo segnale la decisione di indire le primarie per il prossimo 11 settembre.
Il 24 giugno è partita la raccolta delle firme per gli aspiranti candidati. Siamo quasi a metà percorso per questa fase iniziale. E' la fase in cui, in gran parte, si segnerà la sorte di questo passaggio. Come stiamo messi?
Si è detto, dell'Italia, che si sta assistendo (amministrative e referendum) a un risveglio dal torpore. Quando il sogno minaccia di trasformarsi in incubo è meglio svegliarsi. Lo si può dire anche del Molise? Se le provinciali avevano dato solo qualche primo segnale senza tuttavia modificare il quadro, i referendum avevano autorizzato ben altre speranze.
Il clima delle prime settimane dall'avvio della macchina delle primarie non consente facili ottimismi.
C'è partecipazione, perfino effervescenza. Ma si può dire che ci sia nel centro-sinistra la consapevolezza della posta in gioco? C'è l'idea che bisogna offrire un'altra proposta di governo ai cittadini molisani? Una proposta, si intende, che sia in grado di far intravedere un futuro migliore e una risposta positiva e credibile alle loro crescenti difficoltà e alla profonda delusione che serpeggia un po' dovunque. Perché non basta cercare il posto migliore in tribuna per poter fare il tifo contro o per accumulare punti in vista di un futuro in cui incassare una vittoria sempre rinviata a domani.

A META' PERCORSO DELLA RACCOLTA DI FIRME PASSIAMO IN RASSEGNA LE CANDIDATURE DI CUI SI PARLA

Sono domande intempestive? Proviamo prima a rispondere attraverso un quadro delle candidature che stanno emergendo come possibili, in svariate forme.
Il vertice del PD, intendendo per tale Leva, Totaro e Ruta (segretario, vice-segretario e presidente), ha lasciato intendere in tutte le sedi di non volersi candidare in prima persona alle primarie.
Le motivazioni non sempre sono esplicite. Si può però provare a mettere assieme qualche annuncio (più che altro di Roberto Ruta, che come è nel suo stile ha occupato la scena più degli altri) e qualche silenzio, condito con le posizioni che il partito nazionale sta esprimendo: mi riferisco qui all'importante seminario sul partito promosso – a porte chiuse – dalla Fondazione Italianieuropei con la partecipazione di Bersani D'Alema e Veltroni. Si può così immaginare che stiano cercando di acquisire la disponibilità alla candidatura di qualche personalità fuori dal quadro classico (o storico) del centro-sinistra, in grado di mobilitare consensi, oltre che nell'elettorato tradizionale, anche tra i delusi del centro-destra.
Come nomi non si va molto lontano. Ricorre finora esclusivamente quello del Presidente della Camera di Commercio, Paolo Di Laura Frattura, che si è però detto onorato, sì, ma non convinto di potere e/o di volere compiere un simile passo, pur avendo da tempo dichiarato di voler separare i suoi destini da quelli del centro-destra con cui si era candidato dieci anni fa.
C'è altro? Difficile credere che dopo aver lavorato in modo serrato per una candidatura esterna al gruppo dirigente del partito i tre possano scoprire solo ora di aver trascurato di valorizzare un candidato che aveva i numeri per vincere.
Non sembrano però condividere questa valutazione gli altri consiglieri regionali uscenti (Petraroia e D'Alete), che – diciamo, per non sbagliare e non essere presi alla sprovvista – risulta abbiano avviato una raccolta di firme sul loro nome. Così come “non ci stanno” i due dirigenti “storici”, entrambi con un un passato da amministratore (provinciale), rimasti ancora sulla breccia (Massa e D'Ascanio). Se poi si aggiungono altri nomi circolati insistentemente (non si sa quanto autorizzati dagli interessati) come D'Ambrosio (Antonio) e Di Lisa, si ha un panorama dello stato del PD che non a caso al centro nazionale sembra sia definito come di “impazzimento”. Se tutti si sentono candidati (tranne il vertice) significa, banalmente, che il PD sembra destinato a non avere un suo candidato ma a ritrovarsi molti dei suoi in lizza. Per vincere le primarie? E quando ciò accadesse, con quali probabilità di vincere le secondarie?
Non può essere dimenticato un particolare, che forse non dimentica il vertice del partito. Il solo dirigente del PD che può dire di aver battuto Iorio (Di Stasi) ha anche subito una sconfitta cocente solo un anno e mezzo dopo, ed è comunque, da tempo, affaccendato altrove. Gli altri, se non sono stati sconfitti direttamente, non hanno tuttavia trovato occasione nella loro storia di proporsi per un confronto diretto. Non è mai troppo tardi? Non sono convinto che in politica si possa far valere una simile massima ma è anche vero che si è verificato qualche episodio, raro ma non impossibile, di rivincita clamorosa. Ci crederà l'elettorato delle primarie?
Fuori dal PD il quadro è ancora assai in movimento sul versante sinistro. Un tentativo di ricomposizione dei tre spezzoni sarà quasi d'obbligo (SEL lo ha proposto formalmente) anche se i tempi sembrano un po' stretti perché possa giungere a conclusione in tempo utile per proporre una candidatura anziché solo per convergere su qualcuno dei candidati in campo.
E' chiaro invece il quadro sul versante dell'Italia dei Valori, anche se difficilmente comprensibile. Nel senso che è chiaro il rifiuto di partecipare alle primarie (le spiegazioni sono date però in lingua aramaica – versione Montenero) accompagnato da scomuniche preventive. Tra queste, benchè di nuovo assai chiaro, appare bizzarro il no agli ex IDV (un nutrito stuolo, in Molise), motivato dalla considerazione che chi lo ha fatto può rifarlo ancora. Se si fosse applicato all'IDV stesso sin dalle origini ne avrebbe praticamente impedito la nascita: anche se alcuni recenti abbandoni che hanno occupato le cronache nazionali tanto da diventare una specie di marchio di fabbrica del trasformismo potrebbero aver indotto nel leader una sorta di sfiducia preventiva verso gran parte dei militanti del suo stesso partito, in quanto hanno già cambiato casacca almeno una volta.
Altrettanto chiara appare la situazione per quel che riguarda la costellazione centrista: non può esprimere candidati per il semplice motivo del regolamento che “nol consente”.
Restano i leader dei movimenti civici chiamati al tavolo (a parte Ruta, già citato con altro cappello). Il senatore Astore è tentato ma tentenna (non ha dalla sua il vento della novità ma può essere tentato di richiamarsi all'esempio Pisapia) e il più giovane del lotto dei consiglieri uscenti, Massimo Romano, sta per sciogliere il dubbio (e lanciarsi nella mischia, a quanto sembra). Con quale accoglienza da parte del PD (un rapporto fin qui molto a saliscendi: siamo ora in fase alta o bassa?) e in prospettiva dell'IDV, da cui Romano proviene (vedi sopra)?

UNA NOVITA': UN GRUPPO DI AUTOCANDIDATI IN RETE E IL TENTATIVO DI MATERIALIZZARSI PASSANDO DAL VIRTUALE AL REALE

Merita di essere citata la parabola del gruppo Facebook per le primarie lanciato da Franco Di Biase (PD). Giunto a quasi 700 iscritti, ha cercato nuovi “scopi statutari” una volta indette le primarie. Ha provato a lanciare un sondaggio su un possibile candidato del gruppo (vinto con qualcosa meno di 50 voti dall'altro animatore del gruppo, un giovane militante del PD di Campomarino, Michele Di Giglio) ed è stato a più riprese sollecitato a svolgere un ruolo in tema di proposte programmatiche, riuscendo così ad ospitare vari interventi anche pregevoli, sui quali non è mai riuscito però a decollare un qualunque dibattito stringente (autostrada da San Vittore Si o No? Partecipazione al consiglio Cosib Si o No? Chiusura ospedali minori Si o No?). Nessuno saprebbe dire se su questi temi vi sia un'opinione prevalente nel gruppo e nessuno ha provato almeno a stilare una lista di domande prioritarie da sottoporre ai candidati. Non è detto che non ci riesca ma si ha l'impressione che si tratti di una missione quasi impossibile. Tanto che, dopo due incontri (pur animati e partecipati) dal vivo, sembra sia stata partorita solo la proposta di costituire un gruppo di lavoro mentre si discute ancora - un po' stancamente - se appoggiare un candidato presidente di esperienza (?), da contrapporre a Iorio, ma contorniato da giovani che diano linfa nuova alla politica, o gettare il cuore oltre l'ostacolo e raccogliere 300 firme per Di Giglio..
E' bello - e da rilanciare - il segnale di novità che viene dall'utilizzo dei social network per l'attività politica (in Molise ancora un po' in ritardo ma lanciato con ottimi risultati da questa esperienza). Lascia ancora l'amaro in bocca constatare come il mondo virtuale non riesca però a sottrarsi alla frammentazione (e al rischio di paralisi) del mondo reale.

UN CANDIDATO CHE CORRA CON L'IDEA DI ARRIVARE FINO AL SEGGIO DI PRESIDENTE E CONVINCA DI QUESTO IL POPOLO DEL CENTRO-SINISTRA

Resta ancora largamente inevasa la domanda di chiarezza sul piano delle proposte, almeno per quel che riguarda le scelte di fondo su cui il governo Iorio ha deluso il suo stesso elettorato ed ha dovuto misurare una distanza crescente dalle esigenze e dalle aspettative dei cittadini molisani, in specie dei più deboli e svantaggiati. Come si crea nuvo lavoro di buona qualità? Come riesce la politica regionale ad orientare le scelte degli attori economici? Come si tutela il territorio mettendolo in valore per creare ricchezza a beneficio della collettività regionale? Come si liberano i cittadini dai rapporti di dipendenza personale che li condizionano e minano libertà fondamentali quali far valere i loro diritti e partecipare ala vita politica?
Non sono domande che possano restare senza risposta. Non da parte di chi non si limita a ricercare una partecipazione che risulti conveniente sul piano personale ma una vittoria che serva alla collettività che ci si candida a rappresentare.
Rimane questa, in definitiva, la domanda più pressante che i potenziali elettori rivolgono ai candidati alle primarie. Convinceteci di essere voi stessi convinti di correre per vincere le elezioni.
Una conclusione all'insegna della franchezza: nessuno ha ancora scaldato il cuore di chi andrà a votare facendo sentire di essere lì per questo. Cioè, per loro. Il tempo stringe.

giovedì 23 giugno 2011

Parte la corsa per le primarie di centro-sinistra. Cosa chiedere ai candidati

[22 giugno - 28 giugno]
Ci siamo. Sono state convocate le primarie del centro-sinistra per le elezioni Regionali. E' una buona notizia e un buon segnale: la lezione delle provinciali è servita.
Ora non si può sbagliare nella scelta del candidato. Deve avere i numeri per vincere le elezioni, dopo aver vinto le primarie. Come scegliere?
Si deve imporre ai candidati di parlare chiaro, di rispondere alle domande, di tirare fuori idee.
Alcuni requisiti sono indispensabili: credibilità personale; orientamento al risultato (= alla vittoria).
Ma devono essere capaci di dare un significato comprensibile e convincente a una svolta che tutti vogliono ma pochi sanno descrivere.
Il cuore della svolta? Lavoro e sviluppo. Ambiente e territorio. Legalità.

E' L'ORA DEL MOLISE. LE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE SI SVOLGONO QUI

La macchina elettorale per le elezioni regionali di novembre si è messa in moto nel campo del centro-sinistra. Appena archiviato il risultato del referendum, con la soddisfazione di aver registrato in Molise una partecipazione più alta della media nazionale, i partiti del centro-sinistra si sono messi in moto.
Con due novità. Gli incontri hanno seguito un calendario serrato (tutt'altra musica rispetto all'adagio delle provinciali). La partecipazione è stata aperta anche ad altre formazioni ed associazioni.
Primo risultato, la decisione di indire le primarie per il prossimo 11 settembre. Dal 24 giugno parte la raccolta delle firme per gli aspiranti candidati.
E' un ottimo segnale. La lezione delle provinciali è servita. Se in Molise il vento di novità che si è alzato nel Paese non si è tradotto in un risultato vincente, una delle ragioni principali sta nel non aver tenuto le primarie: di questo sembra che si sia finalmente presa coscienza. Non si sono motivati gli elettori, non si è accorciata la distanza che separa i cittadini dalle forze politiche organizzate.

Per le Regionali non si ripeterà il medesimo errore.
E' un primo risultato, ma non è tutto. Come proseguire?

SOTTO GLI OCCHI DEL PAESE. LA RESPONSABILITA' DI NON SBAGLIARE E' DIVENTATA PIU' PESANTE

Senza farci illusioni pericolose sul “Molise regione laboratorio”, non ci si può nascondere che aumenta il peso delle responsabilità: guai a sbagliare le mosse, a partire dalla prima, la scelta del candidato.
Non sarò né elettore né candidato, ma spettatore molto interessato, per tutto ciò che mi ha legato in passato e mi lega tuttora al Molise. Non essendo stata avanzata finora nessuna candidatura, neanche informale, o solo annunciata, affrontare il tema delle candidature può essere intempestivo. Nello spirito di servizio che mi ha convinto ad aprire questo blog, non intendo in ogni caso avviare ora una campagna in favore di qualcuno. Ritengo tuttavia di dover dire la mia su ciò che ritengo si debba chiedere ai candidati in campo per orientare la scelta. So che chiunque potrà leggervi propensioni per questo o quel possibile candidato, o avversioni per il tal altro. Normale. Insisto tuttavia su un concetto che mi sta molto a cuore.
Ho imparato col tempo che pretendere di non sbagliare è velleità inutile e spesso dannosa: non ci si deve sognare, perciò, di pretenderlo dagli altri. Ciò che invece si deve pretendere da se stessi – e, nella stessa misura, dagli altri – è lo sforzo costante di individuare i propri errori e la ricerca dei correttivi. Merita dunque più fiducia chi avendo commesso un errore (più precisamente, quello che personalmente considero tale) dimostra di averne fatto oggetto di riflessione, magari riconoscendo di aver studiato una via alternativa per il futuro, rispetto a chi, avendo commesso errori (sempre a mio giudizio) assai meno gravi, non ha però mai dato prova di aver riflettuto su quegli episodi e di aver compiuto una ricerca rigorosa sulle possibili alternative.
E' per questo motivo che non considero un esercizio puramente retorico, né una forma di appoggio mascherato, l'elenco dei requisiti che i candidati penso debbano soddisfare.

UN CANDIDATO CHE CORRA PER VINCERE. POSSA VANTARE UNA CREDIBILITA' PERSONALE

Un primo requisito: deve correre per vincere. Qui si pone un primo grosso problema. I gruppi dirigenti dei partiti di centro-sinistra sono largamente composti da persone che, quando si sono misurate, hanno perso. Non può suonare come una condanna a vita, ripeto che dagli errori e dalle sconfitte si può e si deve imparare. Ma si deve dare prova di avere appreso la lezione.
Per intenderci (non ce l'ho con nessuno in particolare ma propongo solo un ragionamento ipotetico), se qualcuno di quelli che hanno perso non ha mai smesso di considerarsi il meglio fico del bigoncio e, ora che il vento sembra che cambi, comincia a pensare semplicemente “Mo' che il bigoncio non fa più schifo agli elettori, è la volta buona che posso riprovarci”, vuol dire che proprio non ha capito e che è destinato a sicura sconfitta. Dovrebbe invece chiedersi innanzi tutto se gli elettori hanno davvero scartato il bigoncio o se non gli piaceva il fico. Se c'è un dubbio che le primarie aiutano a risolvere è proprio questo. Anche se può succedere che perfino dopo aver perso le primarie qualcuno consoli l'amor proprio ferito evocando “truppe cammellate” o “popolo inquinato”. Meglio sarebbe che cominciasse già ora a interrogarsi sulle ragioni delle sconfitte e spiegasse come intende cambiare per non ripetere quell'esperienza. Altrimenti soffrirà di un grosso deficit di credibilità personale: che è un po' come il coraggio di don Abbondio.
Un'occasione d'oro si offre poi a chi è stato seduto nei banchi dell'opposizione. A condizione che abbia contrastato le scelte della giunta formulando proposte alternative e ne abbia spiegato bene agli elettori in genere e in particolare ai settori più direttamente investiti, sia la fattibilità che i vantaggi che ne avrebbero conseguito. In quel caso metà della loro campagna elettorale (se non di più) sarebbe già fatta. Altra cosa (ragiono sempre per ipotesi astratte) se avesse denunciato con forza per contrattare risultati all'interno di quelle scelte. Comportamento – sia chiaro – più che legittimo. Ma in genere chi siede nei banchi della maggioranza, denunciando meno, o con meno vigore, riesce tuttavia ad ottenere di più dalla contrattazione con la giunta e il confronto rischia dunque di essere penalizzante. E all'elettore resterà qualche punto interrogativo su quale possa essere la scelta davvero alternativa.


UN CANDIDATO CHE ABBIA IN MENTE UN'IPOTESI DI SVILUPPO. PER TORNARE A CREARE LAVORO. SANO

Orientamento deciso al risultato (alla vittoria). Credibilità personale. Sono i primi requisiti. Il giudizio gli elettori se lo formeranno sulla storia pregressa (il curriculum). Il regolamento per le primarie richiama, perché i candidati vi si attengano, la raccomandazione n. 60/99 del Congresso dei poteri locali del Consiglio d’Europa riguardante l’adozione del Codice europeo di comportamento per gli attori politici nelle istituzioni locali per recuperare un rapporto tra istituzioni e società civile. Quella raccomandazione pone al centro il rispetto di regole etiche comuni e la trasparenza, per la quale si richiede l'illustrazione, oltre che delle priorità programmatiche, del proprio curriculum professionale.
Un'ottima occasione per fare i conti con la propria storia e per farne motivo di riflessione partecipata con gli elettori, delle primarie prima, delle “secondarie” poi, se si vince il primo round.
Non c'è dubbio però che si debba andare ben oltre questi pre-requisiti essenziali.

In particolare, dobbiamo aspettarci che i candidati alle primarie riescano a dare un significato preciso e comprensibile alla svolta rispetto al programma politico di centro-destra, ma al tempo stesso al metodo di governo e al sistema di potere. Una svolta che tutti vogliono e che indubbiamente chiunque si candiderà vorrà promettere e che però ben pochi, fin qui, sanno spiegare.
Deve stare nel programma comune (al momento non ancora disponibile). Ho qualche dubbio al riguardo ma se anche così fosse si tratterebbe di darne un'interpretazione (priorità, provvedimenti pronti per l'attuazione, ecc.) che renda comprensibili e soprattutto esigibili gli impegni che ciascun candidato assumerà in proposito.
Oppure dovrà far parte dell'integrazione personale che ogni candidato alle primarie presenterà quale arricchimento - “in modo non conflittuale con le linee programmatiche del centrosinistra” - della piattaforma. Non ci si può però aspettare che quello rappresenti un programma articolato e completo. Sarà la fase successiva di confronto e di elaborazione, prima della campagna elettorale di novembre, a metterlo a punto e non si può pretendere oggi un dettaglio che sarebbe perfino una chiusura di spazi di discorso e di partecipazione che si deve assolutamente evitare.

Ma tutto questo non significa che non si possa dire qualche parola chiara che renda comprensibile agli elettori se davvero di svolta si tratta e in quale direzione.
Qui si dovrà scavare, a mio parere, nelle primarie.
Personalmente ritengo che la svolta dovrà fare centro su un triangolo di temi, fortemente collegati tra loro ma ciascuno con un suo rilievo politico primario. Che l'ampia gamma delle questioni che si porranno sul tappeto possa in definitiva essere ricondotta a questo triangolo. Lavoro e sviluppo. Ambiente e territorio. Legalità.
Su questo, per quel che mi riguarda, intendo insistere. Su questo, è la mia modesta opinione e insieme profonda convinzione, le primarie dovranno permettere di misurare ciascuno dei candidati.

Le priorità per la svolta. 1) Lavoro e sviluppo

[22 giugno - 28 giugno]
Apriamoci al confronto con i candidati. Anche prima che siano depositate le firme, possiamo porre le domande.
Il triangolo: lavoro e sviluppo, ambiente e territorio, legalità.
Occorre far sì che ogmi candidato spieghi con chiarezza quale modello di rapporto tra stato e mercato (o tra politica e economia) abbia in mente.
Gli elettori vorranno certamente capire bene come si comporterebbe, in concreto, nei casi di crisi e come aiuterebbe l'economia a crescere e a creare lavoro.


Il primo tema è il lavoro. Nessuno di quelli che potrà immaginare di candidarsi per sfidare Iorio si sottrarrà all'obbligo di recitare il “credo” sui guasti del suo modello di governo. Clientelismo, personalismo, paternalismo, autoritarismo: ovvero, spesa facile, per la ricerca del consenso.
Se però ci si limita ad affermare che il modello è in crisi perché sono finiti i tempi della spesa facile, non si va molto lontano. Che vuol dire? - chiedono gli elettori. Che quando i cordoni della borsa si stringono si può dare solo a pochi? Che si deve fare un po' a turno?
Se si tratta solo di questo la battaglia è persa in partenza. Chi ha avuto, continuerà a considerarsi tra i privilegiati e aspetterà il momento migliore, chi pensa che debba venire il suo turno, preferirà contrattare con chi finora ha deciso piuttosto che con il concorrente che fin qui ha perso.
C'è un modello diverso? Altre regole del gioco? E se devono cambiare le regole del gioco, è credibile chi ha giocato finora, dall'opposizione, secondo quelle regole?

In concreto, faccio un esempio banale, che è però quello che quotidianamente ci viene messo davanti agli occhi.
Se un'azienda non ce la fa a stare sul mercato, chi decide e come si decide se quella azienda ha un futuro? A quali condizioni? La risposta alla prima domanda è una sola: decide il mercato. Come decide?
Qui le risposte si divaricano nettamente tra destra e sinistra. La vulgata neo-liberista, che ha dettato legge negli ultimi trent'anni (con forte penetrazione anche nelle file della sinistra) è che il mercato decide tanto meglio quanto più viene lasciato libero di agire secondo le sue leggi (ovvero, non trattandosi di leggi poste dalla politica, spontaneamente).

La risposta della sinistra politica nel mondo, nelle sue varie articolazioni, è che il mercato lasciato a se stesso non garantisce equità, o giustizia, o coesione sociale, a seconda delle declinazioni del termine. E che è per di più miope, per cui sulla lunga distanza non garantisce neppure efficienza. Perciò richiede correzioni.
Requisito fondamentale è la democrazia, in politica e in economia. Gli interventi devono cioè essere trasparenti (decisioni formali assunte secondo legge) e impersonali. Altrimenti si ha la degenerazione di questa seconda ipotesi, che consiste nell'intervento della politica per modificare l'andamento spontaneo del mercato sostituendosi ad esso e portando dunque a distorcerlo a favore di singoli gruppi allo scopo di acquisirne il consenso (variante clientelare), ovvero a favore dei politici stessi (variante affaristica). Le due varianti danno luogo spesso a combinazioni ed intrecci.

UN CANDIDATO CHE DICA CON CHIAREZZA QUALE MODELLO DI RAPPORTO TRA STATO E MERCATO, O TRA POLITICA ED ECONOMIA ABBIA IN MENTE. PER FARCI CAPIRE BENE COME SI COMPORTERA' IN CONCRETO NELLE CRISI

La politica con il suo intervento può anche modificare il sistema delle convenienze. Ma deve farlo misurandosi con il mercato, non sostituendolo.
Stiamo parlando, tra l'altro, delle regole che l'Europa si è data faticosamente nel periodo della sua storia in cui ha prevalso l'orientamento socialdemocratico (o liberalsocialista). Da un decennio a questa parte si è un po' smarrita quella strada con il prevalere a livello continentale di maggioranze liberiste di centro-destra.
A ben vedere, il liberismo enunciato risulta corretto, spesso e volentieri (in questo l'Italia di Berlusconi è stata maestra) da forme di protezionismo a base nazionalista (pensiamo alle quote latte in “Padania”, ma si deve dire che la Francia ne ha fatto il principio ispiratore della politica agricola comunitaria) che da ultimo è diventato una bandiera delle forze ultra-conservatrici (spesso fino al limite del nazifascismo dichiarato) che hanno pesantemente condizionato quella maggioranza.

Un programma di centro-sinistra non può fare altro che tornare a quei principi, per riprendere quel cammino. Tenendo conto, ovviamente, delle grandi novità intervenute con la globalizzazione e con la messa in movimento di enormi masse su scala planetaria.
Le novità di cui parliamo, vorrei chiarire bene la mia opinione, non solo non contraddicono i principi e le opzioni di fondo del movimento socialista e democratico ma ne rendono più impellente l'affermazione, nei termini nuovi e più aggiornati imposti dal contesto mutato.

Sono andato su un terreno troppo astratto e generale? Eccomi pronto a tornare con i piedi per terra. La storia di questi dieci anni di governo in Molise è un seguito impressionante di storie di insuccessi (il contrario delle success stories). Chi può citare l'esempio di una azienda su cui sia piovuta una copiosa messe di aiuti per salvarla dall'abisso e che oggi abbia restituito (anche solo a tasso zero) quanto avuto e possa vantare un futuro tranquillo e una prospettiva di crescita occupazionale?
In genere ogni intervento di salvataggio a spese della Regione è giunto al termine di una fase estenuante di negoziati tra le forze politiche e con le parti sociali. L'imperativo era “salvare i posti di lavoro”. Sono stati salvati davvero? C'erano alternative più eque ma anche più efficienti sia per i lavoratori coinvolti sia per gli imprenditori? Come mai il mercato era stato “severo” con quelle aziende? C'era un modo per riportare l'azienda in asse sui binari?

UN CANDIDATO CHE DIA CONTO DEI COMPORTAMENTI PASSATI, IN CONCRETO, SUL TEMA DEL LAVORO. PER ESSERE CREDIBILE SUGLI IMPEGNI PER IL FUTURO

Di questo lungo elenco di eventi, molti dei potenziali candidati saranno stati partecipi. Da imprenditori o da sindacalisti, da amministratori, da rappresentanti nelle assemblee elettive, in ruoli di maggioranza o di opposizione, da commentatori (è anche quello un ruolo chiave). Visto che il regolamento per le primarie prevede che i candidati possano “presentare un proprio contributo programmatico che arricchisca, in modo non conflittuale con le linee programmatiche del centrosinistra” la piattaforma (richiamando inoltre la raccomandazione n. 60/99 del Congresso dei poteri locali del Consiglio d’Europa riguardante il Codice europeo di comportamento per gli attori politici nelle istituzioni locali) si offre un'ottima occasione per qualche dichiarazione impegnativa sul comportamento futuro, in occasioni similari, in caso di elezione alla carica di Presidente della Regione.
Si darà anche modo così, se del caso, di ripercorrere la propria storia politica spiegando, per garantirsi una solida credibilità, le motivazioni che hanno guidato in quelle occasioni i propri comportamenti. Niente di meglio di un giudizio a ragion veduta degli elettori per corroborare una candidatura in vista della sfida che conta, quella che ormai si usa definire come la sfida delle secondarie.

Il tema del lavoro è quello che mi premeva affrontare all'inizio del cammino. Ci sarà modo di affrontare via via gli altri temi prioritari, con l'auspicio che nessuno dei candidati si dimostri sordo a questo genere di richiami di merito.

mercoledì 15 giugno 2011

Eppur si muove

[15 giugno - 21 giugno]

L'affluenza ai referendum in Molise è stata superiore a quella media nazionale. In particolare a Campobasso.
Se ne può dare un'interpretazione minimalista. Tra i siti prescelti per il piano nucleare è noto che vi fosse il basso Molise (Campomarino?): emotività (direbbe Berlusconi). Infatti in Abruzzo la percentuale più alta si è avuta a Chieti, al confine. In Puglia però la più bassa è quella di Foggia, ancora più al confine.
Si può capire facilmente perché anche l'acqua in Molise sia un tema molto sentito. E' una regione con falde acquifere ricchissime, di ottima qualità. E' esportatrice netta. Chiaro che può rappresentare uno dei bocconi più ambiti per gli speculatori in agguato. Il popolo molisano non intende farsi sfruttare.
Tutto verissimo. Ma le ragioni si devono cercare scavando più in profondità. La domanda è: la politica molisana (almeno negli ultimi dieci anni) ha saputo dire un no chiaro e tondo alla scelta di localizzare una centrale nel suo territorio? In un'area, per di più, che ha già fatto da boccone ghiotto per varie tipologie di rapina ambientale? Risposta: no. Piuttosto, si è candadata a fare entrare le mini-cordate del clientelismo locale nelle maxi-cordate del clientelismo nazionale (se non internazionale). Ha saputo dire un no chiaro e tondo alla penetrazione di grandi gruppi finanziari e dei servizi di erogazione e distribuzione dell'acqua pubblica con la prospettiva di ingenti extra-profitti? La risposta è esattamente identica a quella della domanda precedente.
Traiamone le conseguenze: se anche si dovesse attribuire a fattori emotivi locali il più forte no (emerso con la più forte partecipazione ai SI), ci si ritroverebbe a prendere atto di un no a un sistema di potere che ha sottomesso in modo autoritario la regione negli ultimi anni, in coincidenza e in combutta con il sistema di potere che negli stessi anni ha sottomesso la nazione. Un NO, quindi, dall'impronta politica CHIARA E INEQUIVOCABILE.
Torno a porre, in finale, la domanda che, mi sembra, ogni molisano ragionevole, attento alla politica, dovrebbe porsi. Ma è cominciato tutto dopo il 16 maggio? Questo rifiuto è maturato in quindici giorni? Chiaro che no. Allora non è la domanda politica (di un cambiamento, di un benservito a Iorio) che mancava! E' la risposta che la politica (cui spetta di darla) non è riuscita a dare. Allora, ancora più grave sarebbe continuare a non darla in vista di novembre. Ancora più grave sarebbe non cogliere in quali forme e su quali risposte quella domanda si era espressa ANCHE IL 15 MAGGIO.
Se si vuole ragionare sul concreto anziché sui teoremi accademici dei professionisti della politica vanesia, si deve partire da lì.
Nella rabbia e nello scontento c'è chi si lascia prendere dalla tentazione del "soli contro tutti". E' una visione disperata della politica che poggia su una sorta di "antropologia negativa" (se così si può chiamarla) del popolo molisano, infiltrato se non colluso con mafie e affarismi di ogni genere, ipnotizzato da un clientelismo pervasivo e autoritario. La mia opinione è che la lettura dei fenomeni (mafia, autroritarismo, clientelismo, affarismo), che esistono innegabilmente e giocano un ruolo pesante, richieda, per diventare materia di azione politica, chiavi di lettura un po' più complesse. Ma, in definitiva, sommessamente suggerisco, soprattutto ai giovani che sono stati in prima fila nella battaglia referendaria, di avere più fiducia nel popolo che ha stra-votato quattro SI.
Compito della politica è fornire risposte. Diverse e convincenti. Si può fare.

lunedì 13 giugno 2011

Una vittoria straordinaria. Una grande responsabilità per novembre

[15 giugno - 21 giugno]

Non ditemi che il Molise non è stato raggiunto dall'onda: Italia 57,03%, Molise 58,67%, Campobasso 60,62%.
Dopo la "seconda sberla" (parola di Calderoli) che oggi i cittadini italiani hanno rifilato al governo Berlusconi, in Molise non ci è permesso di sbagliare. La vittoria a novembre non è solo alla portata ma ABBIAMO TUTTI LA RESPONSABILITA' DI FARCELA. A partire dai dirigenti, è chiaro, ma chiama in causa tutti coloro che con la loro partecipazione dimostrano di volere e poter dare un contributo ATTIVO. Forse sono ancora molti quelli che non riescono a crederci, arriveranno, non ci si può fermare ad aspettarli. Si moltiplicano comunque i segnali che hanno cominciato a crederci e a mettersi paura i dirigenti del centro-destra molisano.
Per farcela LE PRIMARIE SONO DECISIVE. Pazienza per chi storce il naso o non si fida. E' sufficiente che il regolamento garantisca (per tempi e modi) candidature aperte, partecipazione ampia e filtri contro l'inquinamento (la registrazione dei votanti, con carta d'identità, per un contesto come il Molise è più che sufficiente).
Si devono affrontare, senza ulteriori indugi, i contenuti. Ma un programma alternativo non si improvvisa. Per cominciare, si può mettere a punto una base comune di riferimento, agile ed essenziale (quella che dovrebbero sottoscrivere i candidati) CON UN CHIARO SEGNALE DI SVOLTA; al programma dettagliato si lavorerà dopo le primarie. Già ora, tuttavia, I CANDIDATI ALLE PRIMARIE DOVREBBERO DEPOSITARE UN TESTO DI MAX 3 CARTELLE DI PRIORITA', VALORI E IMPEGNI (ESIGIBILI) VERSO GLI ELETTORI.
Sta venendo avanti una proposta perché i candidati presidente alle primarie sottoscrivano un impegno a candidarsi al proporzionale in una lista (magari da indicare preventivamente) in caso di sconfitta alle primarie. Può essere un buon suggello alla sottoscrizione del codice etico, che impegna a sostenere il candidato vincitore delle primarie.
Ha molta importanza, a mio avviso, che I CANDIDATI siano valutati, oltre che per l'impegno su programma e valori, sul CURRICULUM. E' da lì che viene la credibilità, per un politico. Ed è la credibilità la risorsa fondamentale per vincere le elezioni. Per questo credo si possa proporre (per il regolamento), che I CANDIDATI ALLE PRIMARIE DEBBANO ANCHE DEPOSITARE 2 CARTELLE MAX DI ESPOSIZIONE DEL LORO CURRICULUM, così come ritengono di poterlo presentare agli elettori. Questo filtro sarebbe una risposta più che sufficiente per chi si preoccupa che possano vincere gli artefici di sconfitte, disastri, tradimenti, compromessi e parole al vento. Gli elettori di c-sx conoscono e sanno riconoscere le persone candidabili. Apprezzeranno pertanto qualche capo cosparso di cenere – se mai qualcuno dimostrasse questo coraggio – altrimenti sapranno regolarsi nel loro voto per non rischiare un'ulteriore disfatta.
Intanto, a proposito di onda in Molise, ho l'impressione che dovremo tenere d'occhio la Provincia di CB: chissà che le sorprese non siano finite.

domenica 12 giugno 2011

Dopo maggio viene giugno. Anche in Molise. 1) Votiamo 4 SI

[8 giugno - 14 giugno]
Il 12 e 13 giugno una nuova occasione di pronunciarsi contro la politica del governo Berlusconi.
Non sarà facile raggiungere il quorum ma sarà importante che una larghissima maggioranza voti SI.
Un primo risultato si è raggiunto smontando la campagna di disinformazione sui referendum, in particolare sulla scelta nucleare. Dati manipolati, siti secretati, scelte mascherate, non sono bastati a nascondere ai cittadini la posta in gioco.
Si tratta di respingere pezzi centrali del programma politico di questo governo: dissipazione del patrimonio pubblico, sfruttamento e distruzione del territorio, affarismo, giustizia diseguale.
Un programma e un modello che hanno trovato in Molise l'applicazione forse più sfacciata, creando i danni peggiori. Per questo i molisani dovranno essere in prima fila.

Mi auguro che ben più del 50% più uno degli aventi diritto si rechi a votare il 12 e 13 giugno. Non sarà facile ottenere il quorum, ma sono comunque convinto che una larga maggioranza voterà 4 SI.
Con questo atto, dopo le due prove elettorali che si sono tenute nelle ultime 4 settimane, la maggioranza dei cittadini si sarà di nuovo espressa contro il governo che regge questo paese da 10 anni (a parte la parentesi del 2006-2008) contro il suo premier, contro la cultura politica e i valori cui si ispira.
I 4 SI avranno il significato di un NO chiaro e tondo su aspetti assolutamente NON marginali per questo governo.

2) Un'aspra battaglia per difendere la libertà di informazione

[8 - 14 giugno]



Una battaglia non secondaria si è combattuta – e, a mio parere, si è vinta – prima ancora di arrivare al voto per i referendum. Si può quasi dire che un primo pronunciamento popolare c'è già stato. Contro la sistematica violazione del principio della libera informazione.
Il consenso INFORMATO è uno dei pilastri su cui si basa la democrazia rappresentativa: la menzogna sistematica, il raggiro come modello di relazione tra governo e cittadini sono l’esatto opposto ed hanno talmente permeato nel profondo l’operato di questo governo da richiedere un’opera di bonifica e di liberazione delle coscienze che dovrà andare altrettanto in profondità.
Sui temi oggetto del referendum c’è stato un segnale di reazione a questi sistemi, la ricerca di nuovi canali di informazione per uscire dalla gabbia, anche per effetto – bisogna ammetterlo dell'irrompere di una realtà più forte di tutte le censure e gli inganni con l'incidente di Fukushima. I risultati sono stati davvero importanti, al punto che pezzi via via più ampi dello stesso schieramento di centro-destra, una volta percepito il soffio di liberazione che stava prendendo il sopravvento, si sono sentiti autorizzati ad esprimersi liberamente fuori dagli schemi della propaganda asservita ed hanno cominciato a manifestare opinioni – semplicemente – di buon senso.
Il bersaglio grosso della propaganda governativa è stato il tema del nucleare. I dati sono stati manipolati: su fabbisogni energetici e prospettive, sui componenti di costo (per spiegare una bolletta energetica gonfiata), sulle tecnologie utilizzate, sulla sicurezza. Tutti falsati. Si è insistito con enfasi sulla scelta di “reattori di ultima generazione” facendoli passare per ultra-sicuri, quando differiscono dai precedenti solo per il minore consumo di uranio, mentre creano più problemi di sicurezza – per lo stoccaggio - anziché meno. Tutto questo, unito al segreto di stato sui siti prescelti, doveva servire a compiere la scelta nucleare sottraendola al potere di valutazione critica dei cittadini. Così non è stato, la verità dei fatti si è affermata, sia pure a fatica.
L'obiettivo della campagna non era far vincere il no, ma sopire la reazione popolare allo scippo del referendum sul nucleare. Era scontato che sull’acqua e sulla prescrizione breve sarebbe arrivata una valanga di SI (al punto che non si sono neppure preoccupati di spacciare dati falsi). Allontanatosi il pericolo di quorum una volta caduto quello sul nucleare, sarebbero risultati per l’ennesima volta inutili.
E' stato dunque questo un primo no, di fondo e di principio, che si è già affermato nella campagna in corso, qualunque possa essere l'esito del referendum. No alla manipolazione dell'informazione.

3) Contro una politica sbagliata e dannosa

[8 - 14 giugno]

NEL CAMPO DELL'ENERGIA, DEL RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO, DELLA GIUSTIZIA
Guardiamo più da vicino i no che saranno pronunciati votando SI ai referendum.
Contro un modello energetico costoso, inquinante e comunque pericoloso, che non avrebbe attenuato la dipendenza energetica dell’Italia mentre avrebbe tagliato le gambe allo sviluppo di politiche alternative.
Contro la decisione di sottrarre, con la forza, un bene comune fondamentale come l’acqua alla disponibilità delle comunità locali.
Contro una privatizzazione con profitti garantiti mantenendo perdite e oneri gravosi in capo alle comunità locali. Contro una giustizia piegata ai desideri e alle pretese di impunità del potere.

A ben vedere, un filo nero collega ognuno di questi no componendo un quadro di grande forza esplicativa per descrivere i tratti fondamentali del potere che si è insediato attorno a Berlusconi.
La rete degli affari come nocciolo duro della costruzione del consenso, il diritto diseguale, la promessa di impunità per i potenti, a partire dal leader, nel quadro di un attacco sistematico ai poteri di controllo e riequilibrio, magistratura in primis (combinato con il controllo della libera informazione).
Per tutti questi motivi il SI ai referendum ha una forte valenza politica. Non tanto e non solo perché si tratta di provvedimenti adottati dal governo (e dalla sua maggioranza, nonostante i distinguo e le dissociazioni che si possano manifestare al suo interno) quanto perché toccano il cuore stesso della sua linea politica e ne portano l’impronta indelebile.

4) Costruire un'altra politica. Energia. Giustizia

[8 - 14 giugno]

PER CONTRASTARE IL RIFIUTO DELLA POLITICA
Chi sostiene la battaglia per i SI ai referendum ha un’ambizione che va comunque oltre il risultato immediato dell'abrogazione di leggi sbagliate e dannose.
Non si accontenta di respingere ma, con i quattro SI, intende costruire un’altra politica, un altro progetto, un’altra cultura, basata su altri valori e diretta ad altri obiettivi. E’ fuori luogo parlarne nel momento del no, della mobilitazione per cancellare norme inaccettabili?
A mio parere se ne deve parlare, perché il rifiuto di una politica - dannosa e ingiusta - non lasci sul terreno, come detrito non riciclabile, il rifiuto della politica. Le risorse della politica – norme e denaro (pubblico) – sono state usate da questo governo contro i più deboli e in definitiva contro l’interesse generale. Non vuol dire che siano per ciò stesso risorse di cui non ci si possa o non ci si debba occupare. Si deve avere in mente un altro, diverso, modo di utilizzarle, non per appropriarsene ma per fare l’interesse generale e in particolare quello di chi ha meno risorse a disposizione. I Grilli parlanti che propagandano il rifiuto - “qualunque uso si faccia di quelle risorse sarà un uso sporco” - sono solo un cavallo di Troia (o una maschera miserella) dentro cui (o dietro cui) si nasconde il potere ingiusto e il diritto diseguale che oggi vogliamo combattere.

PER L'EFFICIENZA ENERGETICA E LE FONTI RINNOVABILI
Spendiamo allora qualche parola anche sull’idea diversa di futuro che abbiamo in mente.
Non diciamo no al nucleare per aprire la strada ai grandi affari dei mercanti di petrolio (e affini) non meno pericolosi, inquinanti e costosi. Guardiamo invece a un futuro in cui si investano risorse per il risparmio (efficienza energetica) e il ricorso a fonti rinnovabili.Investimenti che producono anche un più alto valore aggiunto, un maggiore contenuto occupazionale, un indotto più ampio.
Ci sono, è quasi ovvio, minacce in agguato anche lungo questa strada: sfruttamento selvaggio, rapina ai danni dei più deboli, danni ambientali. Ma si tratta di minacce che si devono fronteggiare con il buon governo (buone leggi e uso virtuoso degli incentivi) e la buona amministrazione, a partire dal livello locale.
E’ un discorso che calza a pennello per il Molise, che si ritrova ad essere esportatore netto di energia e possiede la risorsa di un territorio a bassa antropizzazione che merita di essere messo in valore (anche dal punto di vista energetico) purché si rispetti rigorosamente il vincolo della sostenibilità, respingendo chiunque possa arrecargli un danno per il proprio profitto.

PER UNA GIUSTIZIA PIENAMENTE DEMOCRATICA
Allo stesso modo, mentre respingiamo la norma ad personam in materia di giustizia invochiamo pur tuttavia un’altra giustizia.
Non solo non riteniamo che la magistratura sia un potere eversivo, in mano a toghe rosse di scuola sovietica: la riteniamo piuttosto ancora troppo permeabile a una cultura fondata sull’ossequio ai potenti e sul diritto diseguale.
Non ci nascondiamo quali sforzi encomiabili, perfino eroici, abbiano compiuto quei magistrati che da qualche decennio lottano per voltare pagina ed imporre una diversa giustizia. Ma il cammino da fare è ancora tanto, anche perché il potere politico non solo non ha assecondato quegli sforzi ma li ha combattuti in modo feroce, con una palese dissimmetria e sproporzione di mezzi, brandendo la le sue risorse, le leggi (non solo quelle ad personam) e i denari (pubblici) come armi di distruzione dei giudici nemici.
I processi sono lunghi (e le prescrizioni brevi), le carceri pullulano degli ultimi, degli emarginati, in condizioni disumane, la giustizia civile è un freno poderoso a qualunque democratizzazione e civilizzazione – uso di proposito questi termini al posto dell’abusato “modernizzazione” – dei processi economici. La riforma epocale invocata da Berlusconi vorrebbe riportarci ai tempi in cui al vertice della magistratura sedevano fedeli esecutori delle direttive impartite dai pochi leader politici nelle cui mani era concentrato il potere reale, magari con il condimento di qualche tribunale speciale. Non passerà, ma non rinunceremo af un processo riformatore in cui la democrazia possa dispiegarsi interamente in un ganglio vitale della nostra società quale la magistratura.

5) Un nodo da sciogliere. Privatizzazioni e beni comuni

[8 - 14 giugno]


PER UN RILANCIO DEL SERVIZIO PUBBLICO, COMBINANDO EQUITA' ED EFFICIENZA
Il tema dell’acqua merita un approfondimento particlare.
Non tanto, credo, per ciò che riguarda la norma che prevede un profitto minimo garantito: una sorta di certificato di autenticità della firma berlusconiana sul disegno di privatizzazione dell’acqua.
Merita invece qualche attenzione in più l’altro quesito, quello su cui del resto si manifestano divisioni nel centro-sinistra (con autorevoli esponenti schierati per il no).
In un'ottica che punti ad affermare un'altra politica – e non solo ad abrogare – sarebbe sbagliato liquidare come sbagliata la preoccupazione che il no alla norma sul ricorso ai privati ci riporti indietro ad un modello di gestione pubblica costoso e inefficiente, che dobbiamo invece metterci alle spalle. Ma la questione con cui si devono fare i conti e che mi porta a sposare senza riserve la causa del SI al quesito è di diversa natura. Chiama in causa un modo sbagliato e miope di affrontare la questione delle privatizzazioni che ha caratterizzato anche molte decisioni dello schieramento di centro-sinistra e di cui oggi il paese paga le conseguenze, nel momento in cui su quegli errori si è innestata la politica di rapina del governo Berlusconi.
La paga anche in specifico il centro-sinistra che ha perso molti punti in tema di credibilità quanto a capacità di gestire processi delicati di democratizzazione dei processi economici.

Questa affermazione richiederebbe uno svolgimento di un certo respiro, fuori luogo in questa sede. Si possono però richiamare alcuni passaggi fondamentali.
1) La privatizzazione di alcune produzioni di beni e servizi in mano pubblica deve rispondere al criterio di sottoporre quei processi al vaglio e alla pressione di un mercato concorrenziale al fine di aumentarne l’efficienza (minori costi a parità di prodotto) e quindi di abbassarne i prezzi per il cittadino utente.
2) Condizione chiave per questo disegno è l’esistenza di un mercato concorrenziale. Laddove questo esista, si dà la possibilità di farvi ricorso sia per cedere la proprietà pubblica a privati sia per aprire il mercato, ferma restando la proprietà pubblica, ad altri concorrenti (pubblici o privati).
3) Come si vede, il passaggio ai privati non è mai obbligato. Deve anzi essere interdetto, quando il mercato non sia concorrenziale, mentre resta una opportunità (non un vincolo) quando lo sia.
4) Si deve poi (avvertenza importante) aver ben chiaro che quanto maggiore è l’inefficienza del processo di produzione di proprietà pubblica che si vuole affidare a mani private, tanto maggiore sarà il rischio che il privato tragga vantaggio da quella condizione di partenza (sfruttando eventuali limiti alla concorrenza di mercato) e riesca ad applicare un prezzo maggiore di quello che teoricamente rappresenterebbe l’ottimo, realizzando quindi extra-profitti (anche di grande entità).
5) Ultimo corollario, importante per il caso della distribuzione dell’acqua. Quando si tratta di processi produttivi che richiedono rilevanti investimenti in rapporto all’unità di prodotto (per le economie di scala che consentono) è probabile che possano competere sul mercato solo grandi imprese e che il mercato sia quindi tendenzialmente ristretto a pochi soggetti. Data la struttura dimensionale delle imprese italiane (poche aziende di grandi dimensioni, dimensione media delle imprese molto piccola) è probabile che in questo caso il settore sia invaso e dominato da grandi società estere, di paesi (come ad esempio la Francia) con una diversa struttura dimensionale e con un peso maggiore delle grandi imprese (se non di veri e propri monopoli, privati o di Stato).
Ho cercato di riassumere alcuni concetti fondamentali di teoria economica che un governo ispirato da un disegno riformatore non dovrebbe assolutamente ignorare.
Le privatizzazioni, nel centro-sinistra, hanno però fatto attenzione più al diritto (e ai principi astratti) che all'economia cosicché non pochi settori oggetto di privatizzazione hanno subito le conseguenze di una scarsa considerazione per i concetti che ho appena esposto. Quello dell’acqua è tra i più evidenti - con energia, trasporti aerei e ferroviari, gestione delle emergenze e dei grandi rischi, armamenti. In ognuno di questi settori si è assistito a una penetrazione massiccia dall’esterno, ovvero alla proliferazione di un tessuto affaristico in simbiosi con il potere politico, per spartire una grande torta rappresentata dagli enormi extra-profitti garantiti dall’assenza di un mercato degno di questo nome.
Anche qui, per concludere, votando SI non intendiamo arrenderci e rinunciare alla democratizzazione dell’economia per tornare alle inefficienze di un sistema pubblico sottratto a qualsivoglia controllo di efficienza e di efficacia. Vogliamo al contrario riprendere quella strada di riforme economiche di cui il paese ha sempre più bisogno nell’interesse dei suoi cittadini, in particolare di quelli meno fortunati, emendandoci dagli errori commessi e guidando perciò con mano ferma quei processi senza cedere alle pressioni affaristiche e agli egoismi corporativi.

6) 12–13 giugno. Una bella notizia per il Molise?

[8 - 14 giugno]
Temo che sui temi oggetto del referendum, energia, giustizia, privatizzazioni e rapporto pubblico-privato, siano stati buttati via una quindicina di anni preziosi. Ma mi auguro che non sia troppo tardi e che dal 12 – 13 giugno possa riprendere un cammino interrotto.
Sarebbe una bella notizia per il Molise, dove il modello nazionale, il sistema di potere che si è costruito attorno al governo - cui il referendum potrebbe infliggere un duro colpo - ha trovato uno dei più fertili terreni di coltura danneggiando più che altrove gli interessi dei suoi cittadini, chiamati alle urne il prossimo novembre. Un segnale forte, partecipato, di inversione di tendenza darebbe tutt'altro impulso alla campagna di autunno.

giovedì 2 giugno 2011

Perché l'onda arrivi in Molise

[1 giugno - 7 giugno]
Con le novità politiche cui abbiamo assistito in Italia, è davvero possibile che non ci sia alcun segnale di cambiamento in Molise? Se nelle analisi del voto alla provincia di CB andiamo oltre il lamento per l'ennesima disfatta, o il vanto di aver salvato il proprio particolare nella sconfitta della coalizione, che caratterizzano la maggior parte dei commenti, ci accorgiamo che ci sono importanti segnali di novità. 
Il ricambio testimoniato dalla personalità degli eletti e delle elette. 
Il centro-destra in minoranza nei centri principali (Campobasso, Termoli e Larino) - mentre si vince a Agnone e a Boiano passa un sindaco di centro-destra ma con un voto minoritario. 
Infine, la conquista irreversibile delle primarie: aver compreso - tutto il popolo di centro-sinistra – che l'errore principale è stato quello di non averle indette, anche alla luce dei risultati nazionali, rende impossibile un altro autogol di questa portata alle Regionali

NEL PAESE, UN VENTO NUOVO
Quest'ultima tornata di elezioni amministrative ha aperto davanti ai nostri occhi un paesaggio politico completamente diverso da quello a cui eravamo abituati fino a quindici giorni fa.
Un ciclo politico, un sistema per molti versi riconducibile a un regime, è al tramonto e trascinerà probabilmente con sé l'intero assetto istituzionale che conosciamo come “seconda repubblica”.
Il panorama futuro è incerto. Non è all'ordine del giorno solo un ricambio di ceto politico, si avverte l'urgenza di un rinnovamento ben più radicale per affermare un'altra cultura, altri valori, un'altra etica pubblica. Non ci siamo ancora lasciati alle spalle del tutto il muro di Berlino, non siamo ancora riusciti a trovare il nostro spazio nel mondo globalizzato con le sue sfide e le sue minacce. Il Paese è rimasto irretito, come ipnotizzato dalle promesse di Berlusconi. Perciò, quello che ci aspetta non è compito da poco. Il retaggio del passato recente è ancora gravoso, è dunque arduo azzardare previsioni.
Si terranno elezioni politiche prima della scadenza naturale? E' una delle prime domande che ci si è posti. Improbabile, se non impossibile, che si voti in autunno. L'unica, minima, certezza in materia di elezioni politiche è che in autunno si voterà per la più piccola tra le regioni italiane a statuto ordinario. Sarà il primo test a valenza politica. Ma può il Molise fare da test?

MOLISE REGIONE LABORATORIO? O IN PERENNE RITARDO?
Tra chi ritiene che l'ultima arrivata tra le regioni sia anche un laboratorio di sperimentazione di nuovi equilibri politici e chi la considera una sorta di monade a se stante in perenne ritardo sulla modernità, la verità sta probabilmente nel mezzo.
Per capire qualcosa di ciò che può succedere e soprattutto come agire per cogliere l'opportunità che si offre abbiamo sotto mano una dato di conoscenza prezioso giacché si è appena finito di votare per la provincia che da sola raccoglie i 3/4 dell'intera popolazione regionale. Vale la pena perciò di tentare un'analisi.

IL VOTO ALLE PROVINCIALI DI CAMPOBASSO. I COMMENTI
Essendosi nel frattempo accumulati commenti in gran numero sulla stampa e sui siti web possiamo cominciare da qui. Se proviamo a scorrerli, ci accorgiamo però che non ci aiutano molto.
Dal lato del centro-destra, ci si è limitati a cantare vittoria. Potrebbe sorprendere che non si siano suonate le fanfare, ma c'era molta fretta di mettersi al lavoro, ora che è stata completata la filiera del potere che discende dal Governatore della Regione, come doveva essere e infine è stato.
I toni si sono invece alzati nel centro-sinistra, come effetto di una troppo lunga sequenza di sconfitte, in qualche caso veri e propri tracolli, che ha preceduto quest'ultima prova. Tutti i principali comuni, l'altra provincia, la regione, sono via via passati al centro-destra, se già non lo erano in precedenza. Tutto ciò, quando solo dieci anni fa la situazione era esattamente capovolta.
In questo clima ci si doveva attendere un dibattito acceso. Si sono però suonati quasi solo due spartiti, con una certa ripetitività.
Il primo, funereo, è il lamento dell'ennesima disfatta. La causa? Le divisioni. Finché ci saranno, questo il leit motiv, potrà dormire sonni tranquilli Iorio, il governatore in carica. Con questi dirigenti non si vincerà mai. Riferimenti più precisi alle responsabilità, con nomi e cognomi, è però raro trovarli. Fanno eccezione solo i nomi, ricorrenti in quasi tutti i commenti, di Roberto Ruta e Pierpaolo Nagni. Il primo, sonoramente sconfitto alle ultime regionali nonché politiche, essendo rimasto nell'agone politico pur avendo annunciato un dignitoso ritiro, da allora fa da calamita principale per critiche e anatemi, facendo del suo meglio per attirarli. Il secondo, candidato presidente da IDV, imposto dal leader nazionale contro gli altri partiti della coalizione e contro la richiesta unanime (almeno formalmente) di primarie, è diventato un facile bersaglio avendo il suo partito fatto registrare un crollo dalle cifre clamorose.
Se l'analisi di errori e responsabilità resta generica (benché accorata), è ancora più arduo trovare in questi commenti, non dico qualche ipotesi di soluzione del problema (che non necessariamente spetta a chi commenta) ma neppure un segnale di speranza. Invece, troppa fatalistica rassegnazione.
L'altro spartito ha tutt'altro suono: è il tentativo di separare le proprie sorti da quelle dello schieramento che è stato sconfitto. Niente di male, il morale della truppa deve essere tenuto alto. Ma, anche qui, nessuno sforzo di indicare come fare in modo che la prossima, immancabile, vittoria personale, o della propria formazione politica, riesca a coniugarsi anche con una vittoria dello schieramento, così da permettere di governare, magari tra qualche mese e non necessariamente quando (2016? 2021?…) sarà finalmente maturo il popolo molisano, che ora qualcuno accusa di esser reazionario ... per aver in passato, agli albori del mondo moderno, massacrato i progressisti.

IL VENTO NUOVO SI E' FERMATO ALLE PORTE DEL MOLISE?
Ora, è possibile un'altra lettura? Soprattutto, è possibile una lettura che tenti di interpretare anche la situazione molisana, così come rivelata dall'esito elettorale, alla luce del sommovimento che ha scosso tutta la società italiana? E' davvero possibile che non ci sia alcun segnale di novità? Che il vento che ha spirato forte nel Paese abbia trovato barriere insormontabili tra Vasto e Montenero, o tra Cassino e Rocca Pipirozzi?
Al contrario, sembra possibile invece, con mente più fredda e più lucida, cogliere qualche traccia su cui si dovrebbe meglio riflettere.

QUALCHE NOVITA': FACCE NUOVE...
La prima riguarda la personalità degli eletti. Ce n'è uno, quello proporzionalmente meno votato (Nagni) che secondo tutte le previsioni e tutte le analisi (anche di chi ora si adira per gli errori) era destinato immancabilmente ad essere il candidato unico. Perché la coalizione era ormai autoreferenziale e avrebbero tutti fatto finta di subire un atto autoritario per garantirsi piccole spartizioni di poltrone senza disturbare la squadra destinata a stravincere. Contro queste previsioni intrise di pessimismo rassegnato, non solo non è stato il candidato unico ma si è anzi fermato al 7%. Viceversa, gli altri sei hanno, tutti, conseguito percentuali superiori: di coalizione, Micaela Fanelli (31%), di collegio (gli altri 5). Tutti alla prima esperienza amministrativa fuori dai loro comuni di provenienza, tutti con significative esperienze nei loro comuni, tutti al massimo cinquantenni (due under 40 tra cui la candidata presidente). Tra loro, due elette di sesso femminile: il doppio rispetto all'unica e sola eletta nella maggioranza. Dunque, in definitiva, posto che la richiesta più pressante che veniva dal corpo elettorale di centro-sinistra era quella di un ricambio effettivo, anziché di un puro e semplice giro di poltrone, si può ben dire che questa prima domanda abbia avuto una risposta positiva su cui si può continuare a lavorare.

...I CENTRI PRINCIPALI SI AVVICINANO AL CENTRO-SINISTRA...
Un secondo elemento è dato dal fatto che nei centri principali, dove esiste un voto di opinione, libero dai lacci del voto di scambio, si è manifestato uno scricchiolio del sistema di potere di centro-destra, finito in minoranza (mentre alle comunali il centro-sinistra conquistava Agnone e il centro-destra, nella sua storica roccaforte di Boiano, confermava il sindaco ma con un voto di minoranza). Uno scricchiolio che – sembrerà singolare – ha destato forti preoccupazioni nel centro-destra mentre sembra non aver granché intaccato lo scontento (funereo) di centro-sinistra.

...E' APPARSO CHIARO L'ERRORE COMMESSO: NON AVER FATTO LE PRIMARIE
Motivi di esultanza? No, di certo, perché le divisioni ci sono state e hanno pesato e perché la disaffezione non è stata vinta come doveva, come è invece è accaduto nel Paese! Ma qui interviene il terzo elemento: le divisioni avrebbero certamente pesato assai meno se si fossero tenute, come nel resto del Paese, elezioni primarie secondo le regole nazionali e in tempo utile.
Non si può assolutamente dare per certo che sarebbero state risolutive. Perché è probabile che IDV avrebbe tenuto il punto fino in fondo ed anche perché non è detto che tutti i candidati alle primarie avrebbero poi onorato il codice etico secondo il quale si sarebbero dovuti impegnare a sostenere in ogni caso il candidato uscito vincente. Ma non ce n'è uno che non ammetta che il risultato sarebbe stato migliore, non solo per la candidata risultata più votata ma per l'insieme della coalizione.
Occorrerebbe dunque, a proposito di responsabilità, ripercorrere la storia del tavolo “istituzionale” tra i partiti e esaminare come mai, pur avendo tutti, tranne IDV, affermato solennemente che era indispensabile tenerle, siano invece sfumate con una specie di gioco di prestigio.
Su questo punto il commento potrebbe lasciare il posto per un attimo all'esperienza personale, dato che ho avuto la ventura di lanciare per primo, con un gruppo di amici coraggiosi, un appello in favore delle primarie, rivolto a quel tavolo di partiti, quando ancora si era in tempo. Mi sono anche trovato a redigere personalmente una bozza di regolamento e di codice etico (niente di particolarmente originale, avendo largamente attinto a quanto elaborato per il Comune di Bologna). Ho quindi seguito passo passo le reazioni e i commenti sia di chi sedeva al tavolo sia di chi con quello interloquiva. Mi sono dunque fatto un'idea abbastanza precisa delle responsabilità personali. Tuttavia, spero di non deludere nessuno, in questo momento non credo sia di particolare utilità rivangarle. Perché mi resta la speranza che chi ha sbagliato abbia ora imparato ma anche perché avendo davanti agli occhi il precedente penso di poter anch'io imparare la lezione, in vista delle prossime regionali, così da evitare che ai proclami non seguano poi i fatti.
E' dunque questo il terzo motivo di riflessione in positivo. Partendo dall'esperienza dell'elezione per la provincia si è ormai consolidata una convinzione diffusa circa l'esigenza delle primarie, che si è ulteriormente rafforzata con il risultato registrato a livello nazionale. Nessuno dei dirigenti in carica potrà perciò sottrarsi a questo imperativo e dovrà mettere da parte ogni tentazione, se mai dovesse coltivarla, di risolvere “in camera caritatis” la questione delle candidature per il prossimo autunno. Si condannerebbe da solo a una sorta di gogna politica.

L'ONDA E' POSSIBILE ANCHE IN MOLISE
Si spalanchino dunque porte e finestre e si cominci a lavorare subito per dare spazio e voce alle forze più vive della società, di quel mondo di centro-sinistra che si è molto ripiegato su se stesso in questi ultimi anni ma può ora esplodere con un'onda d'urto che può sorprendere e sconvolgere. Su questa sfida si misurerà capacità e affidabilità di ciascun componente il gruppo dirigente attuale.
D'altra parte interviene a questo riguardo una considerazione che dovrebbe far riflettere. Se si lascia trasparire che si è convinti che sia destinato di nuovo a prevalere il peggior esempio di governo regionale, miniatura del modello che è giunto al capolinea su scala nazionale, guidato dal governatore che vanta di gran lunga il più basso indice di gradimento tra i cittadini della sua regione, vuol dire che si ha l'idea di far parte del gruppo dirigente regionale di gran lunga peggiore nell'ambito del centro-sinistra. Se non di una cura di rieducazione politica, quanto meno si avrebbe bisogno di una cura psicoterapica per il recupero dell'autostima.
Per quel che può valere, mi sono fatto la convinzione che il Governatore in carica del Molise non possa invece dormire sonni tranquilli. Siano dunque i suoi antagonisti politici i primi a svegliarsi dal torpore. Si può fare, è solo l'inizio.